martedì 28 settembre 2010

Su richiesta consiglio comunale aperto acqua

Gravissime le dichiarazioni del Sindaco, che ha risposto negativamente non solo alla nostra richiesta di un Consiglio Comunale Aperto sul tema Acqua Bene Comune (ripubblicizzazione, gestione e salubrità dell’acqua) ma ha affermato che mai questa amministrazione concederà un consiglio comunale aperto, su nessun tema.
Disprezzo assoluto del grande interesse mostrato dalla cittadinanza in proposito (1500 firme raccolte nel tortonese a sostegno dei tre referendum per la ripubblicizzazione dell’acqua), e forse anche timore che vengano toccati argomenti scomodi, dalla gestione al rischio inquinamento in un territorio compromesso dal punto di vista ambientale come il nostro.
Bene, i cittadini se lo prenderanno quello spazio che spetta loro: parte la raccolta firme che obbligherà il Comune a convocare il consiglio aperto, siamo certi firmeranno in tanti, di fronte ad un atteggiamento arrogante e antidemocratico.

Rifondazione Comunista Tortona

mercoledì 22 settembre 2010

Il federalismo fiscale tra bluff e propaganda

Il federalismo fiscale prosegue il suo iter attraverso l’emanazione da parte del Governo di una serie di decreti attuativi che vengono presentati alla spicciolata, nel disinteresse dei più. Accade così che sia molto difficile la ricostruzione del senso complessivo di tali provvedimenti. Alla fine, anche in virtù delle modalità con cui le notizie filtrano attraverso gli organi di informazione, l’effetto più probabile è quello propagandistico. Una sorta di apprezzamento generale per l’incessante produzione legislativa, il cui merito viene ascritto a Calderoli e alla Lega Nord. Occorre allora fare un po’ di chiarezza su quello che sta succedendo, ma per farlo alcune premesse sono indispensabili. La legge sul federalismo fiscale, a suo tempo approvata con il voto favorevole delle forze di governo, dell’Idv e con l’astensione del Pd, muove da un assunto, quello cioè della “territorialità” nel reperimento delle risorse e nella gestione della spesa e ciò in ossequio ai contenuti dell’art.119 della Costituzione modificato (irresponsabilmente) nel 2001 per iniziativa del centro sinistra. In virtù di tale impostazione, il meccanismo previsto è quanto mai complesso e ferraginoso, prevedendo tributi autonomi e compartecipazioni ai tributi erariali, per i vari livelli istituzionali, e meccanismi perequativi per supplire a eventuali deficit che si manifestassero su singoli territori. Il punto, tuttavia, è che le perequazioni non si applicano a tutte le voci di spesa delle istituzioni locali, per cui è evidente il vantaggio di alcune realtà (quelle del centro nord) dotate di maggiore capacità impositiva. Inoltre, anche per i diritti fondamentali (che dovrebbero valere per tutti) il concetto di “essenzialità” delle prestazioni e la conseguente determinazione dei costi standard creano le premesse per la costruzione di uno “stato sociale minimo”, in cui le differenze già oggi grandissime fra le varie parti del paese tendono ad accentuarsi anziché a ridursi. Che questi siano gli effetti possibili è prevedibile e non solo in virtù dei contenuti della legge, ma dell’ispirazione generale da cui la legge muove. Vi è tuttavia un altro elemento che non va sottovalutato ed è la partita finanziaria. Nella legge è precisato che esiste un vincolo di spesa non modificabile; inoltre il provvedimento si inserisce in un contesto in cui la stretta finanziaria ha già determinato forti restrizioni nella spesa locale, e in cui le nuove disposizioni della Ue, prevedendo la possibilità di riduzioni automatiche dei trasferimenti dei fondi comunitari per gli stati che non sottostanno ad alcuni indirizzi, rendono incerti molti finanziamenti destinati al sud. La partita del federalismo fiscale, quindi, non solo crea le premesse per la disarticolazione territoriale e per la lesione del principio di eguaglianza contenuto nell’articolo 3 della Costituzione, ma viene a saldarsi con orientamenti di politica economica che accentuano tali tendenze, aprendo inoltre la strada o al taglio dei servizi o alla loro privatizzazione. A ben guardare i primi decreti attuativi della legge evidenziano queste logiche. A parte il fatto che si tratta di provvedimenti del tutto disorganici, una sorta di spezzatino, in cui le singole disposizioni procedono senza una logica, conviene soffermarsi brevemente sui loro contenuti fondamentali. Quello sul “federalismo demaniale” trasferisce in blocco gran parte della proprietà del demanio a regioni ed enti locali, determinando la possibilità di vaste alienazioni di beni pubblici o di una loro non meglio precisata valorizzazione. Quello sul “federalismo municipale”, oltre a stabilire le quote di tributi che spettano ai comuni, introduce la famosa cedolare secca per la tassazione degli affitti che in nome della lotta al sommerso, fa un’enorme regalo alla grande rendita fondiaria, oltre che azzerare il principio della progressività delle imposte. Il provvedimento su “Roma capitale”, oltre a dare disposizioni sulla formazione degli organi di governo della città, riduce il numero delle municipalità. Infine, quello sulla determinazione dei “costi standard” delle prestazioni fondamentali di province e comuni, stabilisce alcuni criteri, senza aver prima determinato quali debbano essere i livelli essenziali di tali prestazioni, in sostanza posponendo al calcolo della spesa quello dei fabbisogni sociali. Il resto è in gestazione in questi giorni, dalla definizione dei tributi e le compartecipazioni proprie di regioni e province, ai costi standard delle regioni, ai vincoli e alle sanzioni previste per gli amministratori che non rispettano i nuovi criteri. A ben vedere, ciò che domina è il controllo della spesa, via alienazione di beni, riduzione degli organi di decentramento, meccanismi di recuperi delle risorse attraverso le sanatorie fiscali, subordinazione della stima dei fabbisogni alle esigenze finanziarie, vincoli agli amministratori. Il tutto all’interno di un’impostazione che reggendosi sull’autonomia impositiva enfatizza le diversità territoriali. Se qualcuno interpreta tutto ciò come una sana opera di razionalizzazione prende lucciole per lanterne; siamo alla solita operazione di contenimento/riduzione della spesa per esigenze di bilancio, perseguita attraverso la riduzione dei diritti e la differenziazione degli stessi a livello territoriale.

Gianluigi Pegolo: Responsabile Nazionale Democrazia e istituzioni PRC

Tratto da: www.rifondazione.it

martedì 21 settembre 2010

TORTONA: Rifondazione chiede al Comune di “rivedere” l’aumento delle tasse scolastiche

Il Comune deve abbassare le tasse sui servizi scolastici che sono più che raddoppiate. Lo chiede, con una mozione, il consigliere di Rifondazione Comunista Stefanella Ravazzi. “La tariffa della Casa dei bambini – dice – è passata da 2 euro al giorno a 4,50 euro al giorno con un aumento del 125% e per ogni servizio si paga un’iscrizione di 20 euro che non esisteva lo scorso anno, per questo chiediamom al Comune di eliminare la tassa di iscrizione e, per chi l’ha già pagata, prevedere il riutilizzo dell’importo a deduzione dei prossimi buoni pasto ancora da acquistare.” Secondo Rifondazione il Comune non tiene conto del fatto che la scuola pubblica deve garantire parità di accesso e di trattamento a tutti i suoi alunni e alle loro famiglie, né del fatto che tali servizi dovrebbero essere totalmente gratuiti. La mozione sarà discussa in una delle prossime sedute

giovedì 16 settembre 2010

Tagli in classe, ritorno ad una scuola di classe

Non è un anno scolastico come gli altri quello che ufficialmente è iniziato ieri. La ministra Gelmini lo annuncia trionfalmente come l’anno della “riforma epocale”, laddove di epocale c’è solo la mostruosa entità dei tagli economici alla scuola pubblica, con l’immancabile contorno di regalie alla scuola privata.
Gli effetti dei tagli sono sotto gli occhi di tutti, al punto che perfino la grande stampa, solitamente più attenta alla diffusione delle veline ministeriali che al racconto della realtà, ha dovuto renderne conto. Classi affollate con più di 35 alunni, mense più care, riduzione generalizzata delle ore di lezione, distruzione dei modelli pedagogico-didattici più avanzati - come il tempo pieno e i moduli nella scuola elementare - decine di migliaia di precarie e precari licenziati dopo anni di servizio, scuole che non hanno i fondi neanche per le necessità più elementari, e via elencando.
Ma anche se i tagli economici, e le loro conseguenze, rappresentano l’elemento più vistoso della politica scolastica governativa, limitare ad essi la denuncia, come da tempo va facendo il Pd, significa non coglierne in pieno la portata eversiva.

Basta guardare alla scuola superiore, vero snodo strategico della controriforma, nella quale il processo di trasformazione che sta prendendo avvio punta apertamente alla riproposizione della discriminazione di classe nell’accesso alla conoscenza. I licei per chi è destinato a scalare i gradini più alti dell’istruzione e della scala sociale, i tecnici e i professionali per quanti dovranno accontentarsi di formare le nuove leve del lavoro subalterno. La differenza la fa il reddito, il censo, senza più nemmeno la speranza che la scuola possa offrire una occasione di mobilità sociale. Non è un caso che questa impostazione sia stata fortemente voluta da Confindustria.
Ma non c’è aspetto dell’organizzazione scolastica, dalla valutazione al controllo autoritario dei comportamenti, dalla formazione degli insegnanti ai contenuti dell’insegnamento - mentre sullo sfondo si agita lo spettro del reclutamento degli insegnanti su base regionale - che non sia oggetto delle sgradevoli attenzioni della Gelmini.
Siamo dunque di fronte ad un disegno organico, una manovra a trecentosessanta gradi, che, sta smontando pezzo dopo pezzo la scuola pubblica disegnata dalla Costituzione, per far posto ad una scuola culturalmente immiserita, specchio di una società che si vorrebbe anestetizzata, fatta di individui incapaci di pensiero autonomo e critico.
Ma l’anno scolastico appena iniziato è segnato anche da una ripresa del conflitto che dimostra come la volontà di resistenza non solo non è fiaccata ma si sta estendendo, dimostrandosi capace di nuove e più radicali modalità di lotta. Hanno iniziato, già in pieno agosto, le precarie e i precari di Palermo e Benevento con lo sciopero della fame, che si è rapidamente esteso ad altre città ed è proseguito con il presidio in Piazza Montecitorio intorno a una piccola tenda, metafora della condizione della scuola pubblica davanti al palazzo simbolo del potere politico. E ancora, la riuscitissima manifestazione di due giorni fa sui due lati dello Stretto di Messina e il sit-in di ieri davanti al Miur, mentre si preannunciano altre manifestazioni a ritmo serrato. Questo fiorire di iniziative non è casuale. È il frutto maturo di più di due anni di mobilitazioni che hanno “accompagnato”, senza mai cedere di fronte alle difficoltà, le iniziative del governo. Quello che c’è di diverso, a me sembra, è l’accresciuta consapevolezza che si è aperta una fase nuova dello scontro nella quale è possibile costruire un movimento all’altezza della sfida e dare uno sbocco unificante alle tante iniziative locali. Per vincere, non solo per resistere. Sta ai sindacati non filogovernativi, la Flc-Cgil e i sindacati di base della scuola, mettere tra parentesi le differenze e raccogliere la richiesta di unità che il movimento di lotta richiede da tempo. Cosa altro deve accadere perché si indica una grande giornata di lotta unitaria per la difesa della scuola pubblica?
D’altra parte, se è vero, come abbiamo già detto, che la scuola della Gelmini è l’altra faccia della medaglia della fabbrica senza diritti di Marchionne ed entrambe sono la rappresentazione dei nuovi assetti sociali perseguiti da governo e padroni, c’è bisogno che anche l’iniziativa sindacale segni un salto di qualità. In tal senso, lo sciopero della Fiom del 16 ottobre rappresenta una occasione che non va sprecata. L’adesione alle manifestazioni dei metalmeccanici da parte di altre categorie è un fatto importante ma, se non vuole restare un gesto di doverosa solidarietà, deve essere concepito come tappa di un percorso che porti alla generalizzazione della lotta sui temi del lavoro, della scuola e della cultura. Non si tratta di lanciare il cuore oltre l’ostacolo, ma di essere consapevoli che la messa in cantiere dello sciopero generale di tutte le categorie in tempi rapidi è una delle premesse della costruzione e della crescita del movimento. Con questo spirito, il Prc e la Federazione della Sinistra continueranno a sostenere le mobilitazioni in atto.

Vito Meloni: Responsabile nazionale scuola PRC-SE
Da Liberazione del 14/09/2010

lunedì 13 settembre 2010

Corso Roma non transitabile? Un'idea veramente geniale!

Sviluppare un progetto per la zona del centro, il quale comprenda isole pedonali, zone a traffico limitato e un sensato flusso del traffico veicolare per rispondere alle esigenze delle attività economiche-lavorative, residenziali e di emergenza è senza dubbio doveroso per un'amministrazione cittadina.
Le sparate a casaccio, senza progettualità, non sono doverose per un'amministrazione, ma bensì evitabili. Pensare di risolvere il problema del palesemente inidoneo materiale usato per la pavimentazione di Corso Roma e Piazzetta della Lega vietando in maniera assoluta il transito veicolare è un'ulteriore errore.
I mezzi commerciali per poter svolgere la loro funzione di approvvigionamento degli esercizi del centro necessitano del maggior agio possibile, entro doverosi tempi da rispettare di carico e scarico.
Analizzando le proposte alternative fatte dagli inquilini di Palazzo Rosso.

A)Usare le vie laterali e parallele a Corso Roma (in pratica quello che i consegnatari hanno fatto per mesi attendendo speranzosi di veder conclusa la pavimentazione, che bloccava di fatto anche l'uso delle traverse del corso). Attualmente è da constatare che sono stati eliminati tutti i posti di carico e scarico merci da via Modena (la più comoda per i vettori), per fare spazio ad un'assurda pista ciclabile nel centro cittadino, zona che dovrebbe essere nel suo insieme una naturale pista ciclabile senza bisogno di linee tracciate. Una cosa da rilevare è che gli spazi di carico e scarico merci sono pochi nella totalità dell'area,e spesso impropriamente occupati.

B) Capannone di stoccaggio delle varie fuori città e consegna in Corso Roma con mezzi elettrici.
Per il fattore inquinamento basterebbe chiedere ai trasportatori di munirsi di mezzi a gas o ibridi (Questo però non risolverebbe il problema pavimentazione).
I consegnatari portano, a seconda dei casi, merci in conto proprio, merci conto terzi in distribuzione di logistica o di servizio postale (SDA, Bartolini, TnT e altri), per quanto riguarda i farmaci c'è anche la particolarità delle sostanze stupefacenti che non possono essere affidate a chiunque per la distribuzione. Detto ciò un servizio come quello proposto porterebbe un ulteriore aggravio di spesa per eseguire la distribuzione della merce (non penso che qualcuno lo farebbe gratuitamente).
Mettendo tra le altre cose a rischio il lavoro di molti vettori.
Comunque nessuno si preoccupi per questa eventualità,si può cessare l'attività come autotrasportatori,se non è più molto conveniente,e proporsi all'amministrazione cittadina come consulenti per fare un sondaggio sulla situazione della distribuzione merci in città.Tranquilli è un sistema già stato collaudato per un altro settore.

Massimo Orero
Segretario Partito della Rifondazione Comunista circolo di Alessandria

Federazione della Sinistra

mercoledì 8 settembre 2010

Mentre loro giocano con l'ampolla, gli operai perdono lavoro e futuro

Il prossimo 10 settembre, sulle montagne del cuneese, la Lega Nord metterà in scena il solito rito dell'ampolla, inventato qualche anno fa, dal quale partirà per la traversata fino a Venezia. Ma a manifestare ci sarà anche Rifondazione Comunista che, come lo scorso anno, "accoglierà" i leghisti smascherando il vero volto della Lega. La Lega Nord è un partito razzista che sostiene un governo di inquisiti e mafiosi e non fa niente per difendere i lavoratori. Il Governo Berlusconi conta un elevato numero di "personale politico" inquisito. Tra appalti truccati, ricostituzione di società segrete (P3), tangenti, affiliazioni ad organizzazioni mafiose, elusioni ed evasioni fiscali ci troviamo in una situazione di fronte alla quale persino il sistema di Tangentopoli finirebbe per impallidire. Non si tratta di casi isolati, di singole "mele marce"; al contrario si tratta di una corruzione di sistema, elevata dal Governo Berlusconi a vera e propria pratica politica. Dalla ricostruzione post terremoto de L'Aquila agli appalti sull'eolico, dalla Protezione Civile alle principali Opere Pubbliche (meglio se grandi): non c'è niente che sfugga a questo vero e proprio sistema criminale di corruzione.
E la Lega, paladina (a parole) della legalità e della moralità che fa ? Semplice: mostra grande attivismo nel difendere gli interessi di ministri e parlamentari inquisiti e al contrario non muove un dito per cercare di risolvere le crisi industriali più pesanti che stanno cancellando nel Nord migliaia di posti di lavoro. Di fronte alle aziende che delocalizzano all'estero per speculare sul costo del lavoro (Fiat in Serbia, Bialetti in Cina, il tessile in Romania ecc..), i vari Cota, Zaia, Bossi padre e figlio non fanno altro che urlare contro presunti nemici (di volta in volta i cinesi, i russi, gli immigrati, i rom) ma non adottano quei provvedimenti che consentirebbero di mantenere sul territorio imprese e posti di lavoro. La Lega assiste alla chiusura di fabbriche, alla messa in cassa integrazione e al licenziamento di migliaia di lavoratori senza muovere un dito. Basterebbe che approvassero la proposta di legge presentata da Rifondazione Comunista - Federazione della Sinistra in tutte le Regioni del Nord per frenare il fenomeno delle delocalizzazioni industriali. La nostra proposta si basa su un principio semplicissimo: per le aziende che delocalizzano all'estero scatta l'obbligo di restituire i contributi pubblici di cui hanno fruito negli ultimi dieci anni. Lo stesso dicasi della tanto sbandierata legge a tutela del Made in Italy, già bocciata a livello europeo e che, per come è stata scritta, non tutelerà nè il lavoro, nè la qualità dei prodotti. Anche sul federalismo la Lega Nord parla una lingua smentita dai fatti. Il Governo Berlusconi-Bossi, infatti, continua a comprimere le competenze delle autonomie locali imponendo, dal livello centrale, la privatizzazione dei servizi pubblici, grandi opere, centrali nucleari ecc. Le valli cuneesi, così come molti altri territori del Nord, hanno alle spalle una storia di grande autonomia rispetto ai poteri statali e religiosi, hanno combattuto, 60 anni fa, contro il fascismo e il nazismo e per l'autodeterminazione dei popoli. Le valli e la montagna non hanno inventato le frontiere e i confini. Ad esempio, la lingua occitana si parla nelle vallate italiane come nelle vallate francesi. Sopra Pian del Re si trova il Buco del Viso che ci parla della comunicazione, del dialogo tra i popoli. Le divisioni non le abbiamo create ma le abbiamo subite quando insensati nazionalismi hanno portato la guerra e costretto i giovani ad uccidere e ad essere uccisi. La cultura e la tradizione delle valli cuneesi rifiutano il razzismo: è stata la lotta partigiana che ha segnato l'impegno di queste valli per costruire una terra libera per uomini e donne liberi, una società basata sulla giustizia sociale, sulla libertà, dove l'autodeterminazione dei popoli e la valorizzazione delle culture e delle lingue locali non significano odio e nazionalismo ma uno strumento di liberazione delle classi subalterne. La Lega Nord si combatte sul territorio, non a parole: come l'anno scorso invitiamo, quindi, gli uomini e le donne che credono in questi valori a partecipare venerdì 10 settembre, dalle ore 15 alle ore 19 al presidio che si terrà a Paesana, piazza Vittorio Veneto.

Matteo Gaddi: Responsabile Nord di Rifondazione Comunista
Fabio Panero: segretario provinciale di Cuneo di Rifondazione Comunista

sabato 4 settembre 2010

ARTESIO (PRC-FdS): INTERROGAZIONE URGENTE SU BAMBINA DI ALESSANDRIA AFFETTA DA ROP

La redazione de “La Stampa” di Alessandria ha avviato una raccolta di fondi per sostenere i costi del viaggio e delle cure all’estero di una bambina di 14 mesi, affetta da Rop al V° stadio a seguito di nascita pretermine. A motivazione della sottoscrizione, si riferisce del disaglio economico della famiglia e del diniego regionale per l’intervento all’estero. Le alternative proposte dall’apposita commissione regionale, cioè Roma, Bergamo e Verona, sarebbero a detta della famiglia non adeguatamente specializzate all’esecuzione dell’intervento. Nella consapevolezza del fatto che tali indicazioni regionali discendono dalla valutazone di un organo tecnico cui, si presume, gli attuali curanti della piccola abbiano fatto pervenire le informazioni sullo stato e sulle prospettive di salute si interroga l'assessore per conoscere la dettagliata motivazione del diniego e di valutare l’opportunità – alla luce delle controdeduzioni addotte dalla famiglia – di rivedere il parere.

IL CONSIGLIERE FIRMATARIO
Eleonora Artesio