venerdì 31 dicembre 2010

La Federazione della Sinistra di Alessandria esprime la più totale solidarietà e il pieno appoggio alla Fiom

Con la firma del diktat di Marchionne a Mirafiori nasce il sindacato di regime, garantito dai padroni e contro i lavoratori. Come sotto il fascismo i sindacati collaborazionisti nomineranno i propri fiduciari mentre i lavoratori non potranno più eleggere i propri rappresentanti. Vi è un legame strettissimo tra la demolizione dei diritti dei lavoratori e la trasformazione del sindacato in cinghia di trasmissione del padrone: è il disegno anticostituzionale e fascista che Marchionne sta perseguendo.
L’accordo separato, firmato con la Fiat su Mirafiori rappresenta una svolta di enorme gravità nella storia del paese e non può essere considerato una questione sindacale.
Oltre che rappresentare in maniera inequivocabile la demolizione dei diritti sanciti da leggi e Contratto Nazionale prevedendo solamente un netto peggioramento delle condizioni di lavoro in fabbrica, disegna un ruolo per i sindacati e i lavoratori che è in radicale contrapposizione al quadro di regole stabilite dalla Costituzione Repubblicana.
Per la prima volta dalla fine del ventennio i lavoratori non potranno più liberamente scegliere a quale sindacato associarsi e gli verrà negato un diritto sacrosanto, il voto delle proprie rappresentanze.
Il nuovo contratto prevede turni fino a dieci ore giornaliere, distruzione delle pause e del diritto alla salute, totale flessibilità della prestazione e dei turni.
I lavoratori e le lavoratrici diventano semplicemente una merce a disposizione della’azienda da utilizzare ad uso e consumo dell’azienda.
Pieno appoggio e solidarietà, quindi, alla Fiom che cerca semplicemente di fare il suo mestiere: rappresentare e difendere i lavoratori.

Federazione della Sinistra (PRC-PdCI) provinciale di Alessandria

venerdì 17 dicembre 2010

Documento politico proposto dalla Segreteria Provinciale del PRC al CPF

Il 20-21 novembre 2010, si è svolto a Roma il primo congresso della Federazione della Sinistra, ed è stato certamente un evento importante per la vita del nostro partito e per gli impegni che come federazione provinciale del PRC dovremo affrontare nel prossimo futuro.
Il congresso di Roma ha dato vita ad un soggetto politico federato e plurale, composto da organizzazioni diverse che andranno, tra l’ altro, a congresso nell’ anno venturo.
La federazione si costituisce su due assi principali: il socialismo del XXI secolo come ricerca nel mondo attuale di una fuoriuscita dal capitalismo basata sulla fine dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo; l’unità d’azione di tutte le forze anticapitaliste e classiste, siano esse comuniste o non comuniste.
Sul piano della linea politica la Federazione propone una vasta alleanza democratica per battere Berlusconi e il pericolo delle destre, senza però ritenere possibili accordi di governo col PD o patti di legislatura con forze così eterogenee.
Inoltre la Federazione promuove l’ unità delle forze della sinistra sul piano dei contenuti e delle battaglie sociali dei lavoratori e degli studenti.

Preso atto del congresso della Federazione della sinistra e della linea scaturita dai suoi deliberati, riteniamo come segreteria provinciale del PRC utile ed indispensabile che il CPF del PRC si esprima per dare avvio alla costruzione della FdS anche nella nostra provincia. Per questo proponiamo al Comitato Politico Federale un percorso e una serie di iniziative ed attività per poter raggiungere gli obbiettivi che ci prefiggiamo.

Riteniamo che dare avvio al processo di costruzione della FdS significhi dare spessore politico alle attività della Federazione stessa e rafforzare la presenza di questa nel campo politico.
Per questo proponiamo tre piani di azione da sviluppare nelle prossime settimane:

1. Iniziare un solido lavoro di inchiesta sulle fabbriche e sui luoghi di lavoro che ci consenta di entrare in contatto col mondo sindacale con le RSU e con i lavoratori. Potremo essere aiutati in questo dal compagno Matteo Gaddi che è responsabile lavoro del partito.
2. Vi è la necessità di ricostruire una relazione con le altre forze politiche del centrosinistra e della sinistra, sia a livello locale che provinciale, per verificare la reale capacità delle altre forze politiche di interagire con il momento di profonda sofferenza sociale degli strati più deboli della società e la loro disponibilità a costruire fronti ed alleanze per dare risposta alle domande di riscossa sociale proveniente da studenti e lavoratori.
3. Ricostruire un rapporto continuo con i compagni che hanno incarichi istituzionali ad ogni livello iscritti alla FdS.

Queste attività sono da svolgersi proponendole come piano di lavoro ai compagni del PdCI al fine di farne l’asse su cui caratterizziamo la FdS nella sua fase di costruzione e le diamo un ruolo nel panorama della politica provinciale.
La segreteria provinciale ritiene necessario che il CPF del PRC di Alessandria si esprima sul piano di lavoro sopra indicato, per poi dare corso e gambe alle cose decise e da attuare, con una assunzione di responsabilità di ogni singolo compagno.
Questo è il momento di porre con chiarezza a tutti noi il problema della efficacia del nostro agire politico; per far questo c’è bisogno di partecipazione responsabile alla linea del partito evitando le discussioni litigiose fra correnti che nella lotta interna si elidono a vicenda.
Lo sforzo grande che dobbiamo compiere richiede chiarezza di intenti fra di noi a partire da l’esigenza di pervenire ad un mandato chiaro alla segreteria provinciale per svolgere i difficili compiti che la fase politica richiede.

Segreteria PRC Alessandria

Il documento è stato approvato ad un'unanimità del Comitato Politico Federale del 16 Dicembre 2010

giovedì 16 dicembre 2010

La repressione non fermerà questo movimento

Ieri è tornato in campo prepotentemente il movimento degli studenti. Il governo – come a Genova quasi dieci anni fa – ha scatenato una repressione che ha un solo obiettivo: trasformare la questione politica posta dai giovani in una questione di ordine pubblico. Il tentativo – come a Genova dieci anni fa – è di utilizzare la repressione per fermare il movimento. Quindi Berlusconi resta in sella e manganella gli studenti. Questo potrebbe essere a prima vista il commento della giornata di ieri. Credo tuttavia che occorra andare un po’ più a fondo e vedere cosa è effettivamente accaduto. In primo luogo Berlusconi ha sì vinto, ma è del tutto evidente che con tre voti di margine non può governare. La situazione non è quindi destinata a durare. In secondo luogo, il modo in cui Berlusconi ha comprato i voti sta facendo vergognare una parte del suo stesso elettorato e il presidente del consiglio esce quindi vincitore dalla battaglia, ma per nulla rafforzato e probabilmente le elezioni anticipate si avvicinano.
Chi esce pesto è Fini e con lui il tentativo di costruire una sorta di transizione interna al blocco di potere berlusconiano. Le ipotesi di governi tecnici o di responsabilità che mantenessero integro il programma del caudillo sostituendo la sua impresentabile leadership sono da oggi decisamente più deboli. Le soluzioni intermedie – da noi avversate in tutti i modi – interne al blocco di potere del regime sono quindi in larga parte evaporate.
La situazione che abbiamo dinnanzi è dunque più radicalizzata. Berlusconi lavora per un’uscita a destra dalla crisi della seconda repubblica, in una deriva antidemocratica e antipopolare. Noi dobbiamo lavorare per un’uscita a sinistra, che si ponga l’obiettivo di abbattere Berlusconi e insieme a lui il berlusconismo.
Fino a poche settimane fa avevamo fondato questa nostra prospettiva prevalentemente sulla proposta politica di costruzione del fronte democratico. Oggi, la crescita del movimento pone le basi materiali affinchè quella prospettiva abbia basi di massa e sociali. Il movimento degli studenti ha un carattare per nulla effimero e si alimenta di una condizione di drammatica precarietà percepita sempre di più come un’insopportabile ingiustizia. Non è un caso se esso ha voluto e saputo naturalmente saldarsi alle grandi manifestazioni sindacali di queste settimane, riscoprendo una saldatura di interessi e di prospettive con quella parte del mondo del lavoro che a sua volta non vuole soccombere sotto i colpi dell’offensiva che il grande capitale gli ha scatenato contro. Dovrebbe essere ormai chiaro che nessuna ipotesi di “patto sociale” è perseguibile senza che essa si trasformi in una disastrosa capitolazione. La Cgil può (deve) oggi svolgere una funzione di cruciale importanza: unire le ragioni e i soggetti sociali che stanno pesantemente pagando questo stato di cose, ma hanno abbandonato ogni remissività. Lo sciopero generale è la scossa salutare e profonda che può ridare una chance alla democrazia.


Paolo Ferrero Segretario Nazionale PRC-FdS
Tratto da www.paoloferrero.it

martedì 7 dicembre 2010

In memoria di un rivoluzionario

Mario Monicelli ha deciso di non essere più in mezzo a noi. Attraverso il cinema questo esile e grande uomo, con dignità e senso dell’umorismo, si è battuto sempre per la giustizia e l’uguaglianza. Ha parlato di guerra, di amicizia, di comunismo, di storia, di femminismo, e ancora pochi mesi fa di “rivoluzione”. Il suo sguardo è sempre stato quello degli umili, di chi combatte.
Per questo non bisogna essere particolarmente colti o appassionati di cinema per amare questo grande regista. La rassegnazione di Capannelle che si mette a mangiare pasta e ceci dopo aver sbagliato a fare il buco nel muro, ne I soliti ignoti, ce la ricordiamo tutti. Così come tutti ci ricordiamo della simpatia e della forza vitale di Monica Vitti, ne La ragazza con la pistola. O della disperazione di Alberto Sordi quando, in Un borghese piccolo piccolo, vede morire il figlio a causa di una rapina.
Ha fatto tanti film Mario Monicelli e ha saputo non solo raccontare questa nostra Italia ma ne ha sottolineato i tratti, evidenziato le caratteristiche. Monicelli ha saputo produrre arte di altissimo livello attraverso la trasposizione in vite vissute delle caratteristiche della nostra gente. C’è molta più comprensione dell’Italia in molti suoi film che in tanti trattati sociologici.

Mi piace pensare che Monicelli ha saputo fare questo proprio perché comunista, perché rivoluzionario. Monicelli non era un regista e poi un comunista. Egli ha fuso insieme questi due termini, da un lato assumendo un particolare punto di osservazione del mondo - dal basso - e dall’altro ponendo il problema del trascendimento della realtà qui ed ora, della ribellione. «La speranza, diceva, è una trappola inventata dai padroni. Bisogna avere il coraggio di ribellarsi... e cercare il riscatto che in Italia non c’è mai stato».
Vi è in questa frase una forza enorme; un comunismo non ridotto a pratica religiosa della speranza nel futuro ma, al contrario, il comunismo vissuto come urgenza del cambiamento qui ed ora. Il coraggio di ribellarsi è quella scintilla, quello scarto, che ci parla della possibile costruzione di una soggettività non inscritta nel dominio di quelli che lui giustamente chiamava padroni. L’antipatia per il potere, per l’arroganza, per la sopraffazione, per il cinismo e un interesse vero per tutto ciò che riguardi la dignità umana. Lo stesso senso della dignità umana che l’ha portato probabilmente a togliersi la vita pur di non finire, malato, a dover dipendere da chissà quale meccanismo medico.
Lo vogliamo ricordare così, comunista non pentito, che ci ha accompagnato con i suoi film, ci ha onorati con la sua iscrizione a Rifondazione e con il sostegno nelle campagne elettorali. Grazie Mario, per quello che sei stato e per quello che hai fatto.

Paolo Ferrero: Segretario Nazionale PRC
Tratto da www.rifondazione.it


lunedì 6 dicembre 2010

NESSUNO SPAZIO PER I FASCISTI NELLE NOSTRE CITTA’

Siamo addolorati, ma prima di tutto arrabbiati, per quello che è successo ad Acqui Terme con la complicità dell’amministrazione comunale. Lunedì 6 Dicembre infatti è stato presentato con il patrocinio del comune e dell’assessorato alla cultura della città termale, il libro di Domenico di Tullio “Nessun dolore” sulla nascita e il fenomeno fascista di Casa Pound. Il libro non è una inchiesta giornalistica, ma bensì un romanzo celebrativo e di propaganda. Noi però conosciamo bene chi sono questi “bravi ragazzi” di Casa Pound che non hanno mai negato le loro idee fasciste, razziste e xenofobe e che sono stati tra gli autori di aggressioni e cariche come quella avvenuta in piazza Navona durante le proteste degli studenti dell’onda un paio di anni fa. Anche se pubblicamente i dirigenti di casa pound usano toni distensivi proclamandosi vittima di intolleranza e nascondendosi dietro il concetto di libertà di parola si deve sottolineare come ormai non si contano più le loro aggressioni squadriste, soprattutto a Roma, come quella del 16 Marzo all’università di Tor Vergata con il ferimento di cinque studenti.
Questa presenza insulta non solo noi, ma tutta la provincia di Alessandria, medaglia d’oro della resistenza, facciamo quindi appello a tutte le forze democratiche ed antifasciste perché non siano più permesse certi tipi di manifestazioni, spacciate per culturali, aggravate ancora di più dal patrocinio di un comune.

Nessuno spazio per i fascisti nelle nostre città!

La segreteria provinciale del Partito della Rifondazione Comunista-Federazione della Sinistra di Alessandria

venerdì 26 novembre 2010

Saremo in piazza con le lavoratrici e i lavoratori di AMIU E ATM

La Federazione della Sinistra (PRC e PdCI) di Alessandria aderisce e sostiene lo sciopero dei lavoratori AMIU ed ATM.
La messa a gara di queste due importanti servizi pubblici (raccolta rifiuti e trasporto pubblico) da parte del Comune, oltre a mettere a rischio numerosi posti di lavoro, rientra in un ben più articolato smantellamento di quel patrimonio comune di tutti i cittadini di questa città. Quindi lunedì saremo anche noi in piazza con le lavoratrici e i lavoratori in lotta per difendere il lavoro e per difendere quel “bene comune” rappresentato dalle aziende municipali alessandrine.

La Federazione della Sinistra di Alessandria – Il Circolo del Partito della Rifondazione Comunista di Alessandria.

Il risultato delle primarie a Milano deve fare riflettere.

Nonostante la mia convinzione che le primarie non facciano parte della nostra tradizione politica, prendendo atto del risultato delle primarie di Milano per individuare il candidato Sindaco per il centro sinistra, non posso che manifestare soddisfazione per l'individuazione del compagno Pisapia per il ruolo di candidato Sindaco per il Comune di Milano.
La scelta del candidato sostenuto da Sinistra Ecologia Libertà e dalla Federazione della Sinistra-(Rifondazione Comunista-Comunisti Italiani-Socialismo 2000-Lavoro e solidarietà), contrapposto agli altri candidati sostenuti dai più forti ed egemoni Democratici ed affini, dimostra che il popolo della Sinistra, e degli scontenti, è pronto a rimettersi in gioco senza partire dalla palla “al centro”.
Pur rispettando chi dignitosamente si ritiene “centrista”, c'è da dire che il centro è ormai affollato da personaggi che arrivano da destra e da sinistra, e forse bisogna anche tornare a collocarsi coraggiosamente da qualche altra parte.
Le varie reti televisive, e la maggior parte degli organi di stampa, dovrebbero smettere di considerare “tabù” la parola Comunismo, questa parola vuol dire giustizia sociale e divisione equa delle risorse planetarie, concetti condivisi anche con chi di questi ne ha fatto una religione.
Comunismo non vuol dire gulag e Stalin , come Cristianesimo non vuol dire roghi di eretici e di presunte streghe, inquisizione o la più recente ghigliottina per Giacobini e Patrioti Italiani nella Roma capitale dello Stato Pontificio.
Anche in questa occasione delle primarie Milanesi abbiamo riscontrato che alla figura di Pisapia veniva associata la sola Sinistra Ecologia Libertà, ma non la parte di sostegno “Comunista”.
Nella nostra discussione politica locale sarebbe il caso di fare qualche seria valutazione di merito sull'individuazione, oltre che di personaggi, anche di obiettivi.
Nell'iniziativa presa dai nostrani giovani militanti dei partiti “rappresentati in parlamento”, prendendo a riferimento tra loro quelli di presupposta collocazione di centro sinistra (PD- IDV), non sono certo partiti con il piede giusto.
Cercare punti di convergenza con giovani padani e giovani pidiellini, ma su di cosa?
Volete valutare cosa c'è di buono nella riforma scolastica del ministro Gelmini?
Chiedetelo alle decine di migliaia di giovani andati in piazza insieme ai loro docenti, che certo non fanno incontri di “vertice” come i vostri.
La vostra miopia, o presunzione, non vi fa neppure riscontrare che la maggior parte dei giovani non è allineata ne con partiti parlamentari, ne con quelli extra parlamentari, ma opera in realtà di collettivi autonomi, così da sempre .
Cercate con loro il confronto, se ve lo concedono.

Massimo Orero: Segretario circolo di Alessandria PRC- FdS

martedì 23 novembre 2010

UN DIBATTITO FINTO ED OMOLOGATO

Un dibattito finto ed omologato è quello che fra poco investirà i poveri studenti di alcuni istituti superiori della provincia di Alessandria. Infatti apprendiamo dai giornali che stanno per essere avviati una serie di incontri tra i ragazzi del triennio di molte scuole superiori e i rappresentati della giovanili dei cinque partiti presenti, ad oggi, nel parlamento. Il titolo di questi incontri è "Confronto, Libertà, Partecipazione" e sinceramente facciamo fatica a capire sia dove sia il confronto, visto che è lasciata libertà di parola solo alle forze omologate presenti in parlamento, sia dove sia la partecipazione.
Un dibattito tutto accentrato sulle istituzioni senza nessun spiraglio verso la società reale, come se il fare politica si limiti ad essere quel teatrino politicante che vediamo ogni giorno in televisione. Noi crediamo che il fare politica sia ben altro, sia essere al fianco dei lavoratori e degli studenti nelle lotte e nelle vertenze, sia sporcarsi le mani ogni giorno e non l'essere solo i portaborse di qualche parlamentare o consigliere regionale, nella speranza poi di succedergli al trono.
Curioso risulta leggere che attraverso questo dibattito si voglia dimostrare come si possa non cadere in contraddizione nonostante le differenze politiche, insomma se la politica non è contraddizione, scontro dialettico, con idee e visioni differenti della società, si riduce ad essere solo mera amministrazione del potere.
Forse noi non sempre riusciamo ad essere quello che vorremo essere, ma in città e provincia sono presenti anche tante associazioni, movimenti (e perché no centri sociali) in cui militano tanti giovani che avrebbero sicuramente diritto di parola e potrebbero dire agli studenti cosa significa realmente fare Politica. Dunque tenetevi pure il vostro finto ed inutile dibattito a cui invitiamo i ragazzi a non partecipare ed approfittare del tempo a disposizione magari per leggere Gramsci.

Le/I Giovani Comuniste/i di Alessandria – Partito della Rifondazione Comunista (PRC-FdS)

martedì 16 novembre 2010

PER DARE UN SERVIZIO DECENTE I PREZZI RADDOPPIANO e intanto l’Assessore regionale scheda i pendolari che si organizzano in Comitati.

Ieri abbiamo avuto la grande notizia: sulle rotaie delle FFSS viaggieranno treni privati nella tratta Torino-Milano, gestiti dalla società Arenawais.
Tutti i telegiornali, locali e nazionali hanno dato grande risalto all’evento, con interviste entusiastiche di passeggeri “esploratori” che rilevavano la similitudine fra quel treno e un aereo. Questo conferma quanto temevamo, i treni anziché fare concorrenza alle auto dalle quali siamo invasi, cercano di fare concorrenza agli aerei, come ci hanno più volte raccontato con la Freccia rossa. Del resto il prezzo del biglietto fa davvero ricordare quello di un aereo, anche se è stato poco menzionato, 17 euro da Torino Lingotto a Milano Porta Garibaldi. Poiché si tratta di stazioni periferiche andranno, per la maggioranza dei viaggiatori, aggiunti i 2 biglietti per trasporto cittadino. In tutto 19 euro, quasi esattamente il raddoppio dell’attuale prezzo sui treni di Trenitalia, che è di 9,55 euro. Non abbiamo alcun dubbio che sia più comodo viaggiare su quei treni che su quelli dell’AD Moretti, visto l’attuale stato di abbandono, ma a quale prezzo?!
Naturalmente si fa finta di ignorare che tutte le infrastrutture ferroviarie, a partire dai binari sono pagate e mantenute con le tasse dei cittadini ed in particolare di quei tanti pendolari che vi viaggiano sopra, visto che a pagarle sono per l’85% i lavoratori. Derubati due volte: la prima, pagando un servizio pubblico, attraverso la fiscalità, che fa sempre più schifo; la seconda, per ottenere un servizio decente, riempiendo le tasche di Montezemolo and Company.
A questo si aggiunge la solerzia con cui l’Assessora (o preferirà essere chiamata Assessore Bonino) ha stabilito che per far parte di un qualsiasi Comitato di pendolari che voglia rivendicare qualcosa dovrà costituirsi presso un notaio e fornire il nome di tutti gli aderenti. Schedati come allo stadio?
Sarà ora di dire a questi signori e signore che siamo stufi di essere sfruttati e maltrattati? Noi pensiamo di Sì.

Gianni Naggi: Responsabile Ambiente e Beni Comuni del PRC Piemonte

lunedì 15 novembre 2010

VIVA PREOCCUPAZIONE PER IL DESTINO DI ATM

La situazione di ATM Alessandria è arrivata a questa grave crisi finanziaria, a causa di una gestione disastrosa, alla quale non si è posto rimedio per tempo, nonostante le sollecitazioni espresse soprattutto da parte della Cgil. Si pensi all’aumento incontrollato di spese varie (oneri diversi di gestione) che nel solo 2009 ha registrato la cifra record di oltre 500.000 euro per sponsorizzazioni, feste, pubblicità ecc.
Anche se il Bilancio chiude formalmente in pareggio, in realtà, le difficoltà strutturali rischiano nei prossimi anni di portare al collasso finanziario la nostra azienda di trasporto pubblico comunale: dal Bilancio 2009 i debiti ammontano a oltre 25 milioni di euro.
Su questo punto si registra una prima contraddizione: non si comprende il perché nella Provincia di Alessandria debba persistere la separazione tra servizio urbano ed extraurbano. In genere il servizio extraurbano (quello che trasporta quotidianamente studenti e lavoratori pendolari) genera utili in grado di equilibrare le difficoltà del servizio urbano comuni a tutte le aziende di trasporto pubblico locale.
Tranne nel caso Milano, e delle altre metropoli, in genere, per le aziende di trasporto pubblico il settore più remunerativo è il servizio extraurbano che, noi crediamo, dovrebbe essere accorpato nella medesima azienda pubblica di ATM.
La giunta di centro destra, a fronte delle difficoltà finanziarie di ATM, ha pensato di prendere la palla al balzo e continuare nella sua opera di distruzione delle aziende pubbliche municipali (vedi il caso di Amiu per i rifiuti).
La proposta della Giunta Comunale di centro destra, sarebbe quella di aggregare ATM Alessandria ad altri operatori del settore, come ATM Milano, per poter affrontare le future gare.
Su questo aspetto va, da subito, smontata una evidente forzatura: quella del presunto obbligo di assegnare il servizio di trasporto pubblico mediante gara. Anche se il decreto Ronchi ha cercato in tutti i modi di forzare verso la privatizzazione dei servizi pubblici, a partire dall’acqua, non ha potuto imporre questa sciagurata scelta in quanto a livello europeo è perfettamente ammesso la gestione pubblica dei servizi. Si tratta del cosiddetto “modello in house” che prevede la possibilità per una società interamente pubblica di gestire i servizi locali senza nessun obbligo di privatizzazioni o di ricorso al mercato.
Secondo: riteniamo importante segnalare i rischi a cui andrebbe incontro ATM Alessandria a seguito di una aggregazione con Milano, visto che in Italia esistono già esempi (molto preoccupanti) in proposito.
Innanzitutto non si tratterebbe di una aggregazione vista la disparità delle forze in gioco: ATM Milano è un colosso del settore che nel 2009 ha realizzato un utile netto di 4,5 milioni di euro (5,5 nel 2008). Ogni anno investe dai 200 ai 300 milioni di euro per acquisto di mezzi di trasporto, intervento sugli impianti, attivazione di nuovi servizi. Nella sola Milano gestisce 74 km di metro e 1.096 km di rete in superficie (autobus e tram).
Gestisce la metropolitana di Copenaghen e sul piano internazionale punta ad un rafforzamento
Ma soprattutto ATM Milano sta realizzando una aggressiva campagna di espansione anche in Italia: ha acquisito quote di controllo nelle società di trasporto di Monza, Como e Mantova.
Su quest’ultimo caso, quello di Mantova, disponiamo di informazioni che ci fanno rabbrividire al solo pensiero che anche Alessandria possa fare la stessa fine.
Anche Apam Mantova è stata portata, da scelte scellerate, sull’orlo del disastro finanziario, è stata indebolita a tal punto da presentare l’aggregazione con ATM Milano come l’unica possibilità per salvare l’azienda.
ATM Milano ha acquistato il 45% di Apam Mantova ma attraverso il Patto Parasociale ha imposto le sue regole: il diritto a nominare due membri su 5 del Consiglio di Amministrazione e, soprattutto, il diritto di nominare l’Amministratore Delegato.
Sempre nel Patto Parasociale venivano definiti i poteri dell’Amministratore Delegato garantendo a questa figura di diventare il vero e proprio plenipotenziario dell’azienda.
E così è stato; ATM Milano ha imposto un proprio dirigente come Amministratore Delegato che, da subito, ha fatto capire quali erano le intenzioni di Milano: ridurre il personale e i servizi.
Nel Piano Industriale 2009 – 2011 sono stati quantificati gli esuberi in circa 18 unità lavorative:cioè 18 posti di lavoro in meno, con il timore che questa “cura dimagrante” possa proseguire anche nei prossimi anni. Questo obiettivo è stato indicato attraverso il blocco del turn – over (cioè chi va in pensione non viene sostituito) e il mancato rinnovo dei contratti a termine.
Inoltre, dietro ai termini manageral-aziandalistici di “ottimizzazione” ecc, si nascondeva una realtà amara per i cittadini mantovani: la riduzione dei servizi con il taglio di diverse corse sulle linee considerate meno remunerative nell’ottica aziendalista, dimenticando la valenza sociale del servizio di trasporto pubblico locale.
Non vogliamo che i lavoratori alessandrini e i cittadini che fruiscono del servizio di trasporto pubblico debbano finire nelle stesse condizioni di Mantova, per questo chiediamo una diversa soluzione per ATM Alessandria rispettosa dei diritti dei lavoratori e dei cittadini utenti.

CIRCOLO DEL PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA - FdS ALESSANDRIA

mercoledì 3 novembre 2010

ARTESIO (PRC-FdS): "COMMISSIONE LEO" SULL’EDISU, CHI VI PARTECIPA? – COTA SA CHE IL PIEMONTE IL PIEMONTE HA UN SALDO NEGATIVO SUI “FUORI SEDE”?

Nella Commissione Istruzione e Università l’Assessore Giordano per conto del Presidente Cota, che detiene la delega, ha presentato non le proposte di bilancio della Giunta regionale bensì ciò che riterrebbe auspicabile ottenere attraverso un riparto del famoso fondo indistinto a cui Cota si appella per giustificare tutte le sue promesse, dalle protesi, ai pannoloni, al diritto allo studio, ecc.
Il capitolo di bilancio 2010 destinato all’Edisu è di 17 milioni; quelli ritenuti necessari da Giordano per confermare la spesa storica regionale nel 2011 sarebbero 18, quelli ideali sarebbero 25, anche perché i 7 milioni di trasferimento attesi dallo Stato sono, alle notizie odierne, improbabili a causa dei tagli del Ministro Gelmini.
La fase onirica del bilancio regionale è però condita dal sale del federalismo che, come il Presidente non ha mancato di ricordare in totale spregio alle leggi sul diritto allo studio, consentirebbe di salvaguardare gli studenti piemontesi, secondo la proclamata intenzione di concedere i benefici ai provenienti dalle altre regioni solo in regime di compensazione, o governativa (il che sembra improbabile data la Gelmini) o tramite accordi inter-regionali.
La novità sta nelle dichiarazioni del Consigliere Leo che ha annunciato alla Commissione di essere stato insignito insieme agli altri colleghi di maggioranza dal Presidente Cota del lavoro istruttorio sulla nuova regolamentazione. Ha poi dichiarato essere prossima l’ istituzione di un tavolo di lavoro cui avrebbero dato l’adesione i rettori degli atenei e non meglio definiti professori universitari. Stupisce l’originalità dei rapporti istituzionali in base alla quale le istituzioni- università non si rapportino all’istituzione-Regione, cioè al Presidente e all’esecutivo, bensì a una parte del governo regionale, cioè la maggioranza politica consiliare.
Stupisce che dopo le dichiarazioni pubbliche sul valore culturale ed economico insito nella capacità di attrazione delle università, tanto più prestigiose quanto più capaci di richiamare studenti provenienti da altre regioni e dall’estero, le stesse università si adattino a misurare la praticabilità del regionalismo universitario.
Stupisce inoltre che nessuno, né tra i consiglieri di maggioranza né tra i professori universitari reclutati al tavolo, abbia ancora presentato un’analisi sui flussi di mobilità: nonostante la valentia dei nostri atenei, si potrebbe anche scoprire che, per ragioni logistiche o per la capacità attrattiva di altre sedi, il Piemonte si troverebbe a rimborsare le risorse del diritto allo studio dei piemontesi “fuori sede” magari in dimensioni non così vantaggiose per il bilancio regionale. Ovviamente sempre stando al micragnoso ragionamento di Cota.

Eleonora Artesio: consigliere Regionale PRC-FdS

lunedì 1 novembre 2010

CONGRESSO PROVINCIALE della FEDERAZIONE DELLA SINISTRA

Sabato 6 novembre la Federazione della Sinistra va a congresso nella nostra provincia, ad Alessandria, presso la sala “Caneva” della Camera del Lavoro di Alessandria di Via Cavour.
I partiti del PRC, del PdCI, Lavoro e Solidarietà e Socialismo 2000, si federano insieme per rilanciare l’ idea di una sinistra anticapitalista in questo paese.
L’asse centrale della discussione congressuale è il lavoro e la sua dignità così tanto violata in questi anni, e la necessità di costruire una forza politica capace di rappresentarlo e di farlo contare dentro gli orizzonti politici dell’ oggi.
Inoltre la Federazione della sinistra vuole unire la sinistra sulla ricerca di un nuovo modello di sviluppo per uscire dalla crisi del capitalismo attuale.
Le conclusioni del nostro congresso saranno tenute dal compagno Armando Petrini segretario del PRC Piemonte.

PROGRAMMA
  • Costituzione congresso ore 9.00
  • Inizio del Lavori ore 9.30
  • Presentazione del Documento Politico Nazionale ore 10.00
  • Saluti degli invitati ore 10.30
  • Inizio dibattito ore 11.30
  • Sospensione dei lavori per pausa pranzo ore 12.30
  • Ripresa del dibattito ore 13.30
  • Chiusura del dibattito ore 15.30
  • Votazioni ore 15.40
  • Votazioni Coordinamento Provinciale Provvisorio ore 16.30
  • Conclusioni del congresso ore 17.00

venerdì 29 ottobre 2010

Boomerang Marchionne

Le intenzioni erano diverse, evidentemente si voleva rispondere al grande impatto della manifestazione del 16 ottobre. Fatto sta che l'intervista dell'amministratore delegato della Fiat nella trasmissione di Fabio Fazio di domenica si è rivelata un boomerang. Sergio Marchionne, di fronte a un interlocutore sorridente e compiacente, si è sentito evidentemente autorizzato a dare il peggio di sè. Ne è uscita una sequela abbastanza sconclusionata di invettive e lamentele, che è servita unicamente a non fornire un solo dato, una sola notizia sui reali programmi della Fiat in Italia.
Conosciamo questo modello comunicativo, è quello di Silvio Berlusconi. Da un lato c'è il "fare" e dall'altro c'è il "sabotare". Sindacalisti, giudici, intellettuali non compiacenti sono i sabotatori, coloro che impediscono che sia apprezzato il fare di chi comanda. Sergio Marchionne ha parlato allo stesso modo. La Fiat non guadagna nulla in Italia, ma solo all'estero.

Naturalmente ha dimenticato di dire che fuori dal nostro paese la Fiat ha impianti solo ove i salari sono assai più bassi e i finanziamenti pubblici proporzionalmente più alti. Ha dimenticato di dire che in quell'Europa occidentale, ove ci sono quei salari più alti che lui ha promesso agli operai italiani, non c'è alcun stabilimento della Fiat.
Marchionne ha annunciato il taglio di dieci minuti delle pause per i lavoratori di Melfi e Pomigliano, presentandolo come piccola cosa, un piccolo sacrificio peraltro retribuito. Ha così dimenticato di dire che questo taglio corrisponde alla riduzione del 25% delle pause. Ci provi a ridurre del 25% i profitti dei suoi azionisti e vedrà dove lo cacciano. Marchionne ha lamentato l'anarchia degli stabilimenti ove però la Fiom ha solo il 12,5% degli iscritti, senza spiegare perchè l'azienda non riesca a governare l'87,5% del proprio personale. Marchionne ha annunciato che l'Italia sarebbe al 118° posto su 139 per efficienza del lavoro. Senza spiegare, d'altra parte nessuno gliel'ha chiesto, da dove venga questa classifica, su quali basi sia costruita, quali siano i fattori che la compongono.
Marchionne ha smentito ogni intenzione di entrare in politica, con la solita ipocrisia degli amministratori delegati che danno giudizi politici, fanno operazioni politiche, e però sostengono che questo è solo mercato.
Marchionne ha lamentato che tre operai a Melfi hanno fermato 1.200 lavoratori, dimenticando che questa sua affermazione è stata condannata come antisindacale da un tribunale che ha disposto il reintegro di quei lavoratori. Sentenza che la Fiat non ha ancora rispettato. Marchionne, come Berlusconi, più fallisce più diventa prepotente, meno è in grado di spiegare più offende. E, come Berlusconi, vede la propria arroganza smontata dal semplice commento di un comico, in questo caso Luciana Littizzetto che alla fine della trasmissione si è più o meno chiesta: "Ma se è così bravo, com'è che chiude Termini Imerese?".
Marchionne ha passato un quarto d'ora in televisione senza spiegare nulla, ma non certo per riservatezza o rispetto delle relazioni sindacali, perchè questo è esattamente quello che fa anche al tavolo delle trattative. In Marchionne, come in Berlusconi, è sempre più difficile distinguere l'immagine dalla realtà, la propaganda dai fatti. E poi, esattamente come fa il Presidente del Consiglio, Marchionne si è lamentato di una campagna mediatica avversa. Qui c'è un'assoluta irriconoscenza verso un mondo culturale e politico che invece ha sempre supportato le sue imprese. Al punto di non chiedere neppure conto di fatterelli come la distribuzione di lauti dividendi agli azionisti e poderosi aumenti al top management, mentre agli operai veniva cancellato il premio di risultato. In realtà con il regime informativo che c'è oggi in Italia, se raccoglie cattiva pubblicità Marchionne deve prendersela unicamente con se stesso.
Alla fine bisogna ringraziare questa trasmissione. Dopo di essa le ragioni della Fiom sono ancora più chiare e valide agli occhi di tutti.

Giorgio Cremaschi
Tratto da Liberazione del 26/10/2010

sabato 23 ottobre 2010

ATM DI ALESSANDRIA: UN BENE COMUNE SOTTRATTO AI CITTADINI

Lo spazio dei Beni Comuni e dei diritti di cittadinanza ad essi connessi, in questa citta' si sta rapidamente riducendo per fare posto ad una logica aziendalistica tesa al profitto che risulta incompatibile con l'elemento pubblico che dovrebbe caratterizzare i servizi di interesse generale garantiti dalla nostra Costituzione. Tra questi servizi, anche il trasporto pubblico locale del nostro territorio sta per essere messo in vendita o raggruppato con quello dei trasporti milanesi che nulla hanno a che fare con il nostro territorio e con i bisogni dei nostri cittadini, ma risponde ad un precisoisegno che vede nelle aziende pubbliche multiservizi, un piatto grasso per le personali rendite di posizione di personaggi che utilizzano la politica per il proprio interesse personale, impedendo ai cittadini di essere partecipi di un progetto locale.

Per questo invitiamo tutti i cittadini di Alessandria, i lavoratori, le forze politiche e le associazioni ad incontrarsi:
GIOVEDì 28 OTTOBRE ALLE ORE 21
PRESSO LA CIRCOSCRIZIONE CENTRO IN VIA VENEZIA 7
per riflettere sulla possibilità di un progetto partecipato di lotta comune che metta al centro i bisogni dei cittadini del nostro territorio e che rilanci l'idea di un'etica del servizio pubblico.

Perteciperanno al dibattito:
Matteo Gaddi - PRC-FdS,
Monica Cerutti - cons. reg.,
SEL, Massimo Barbadoro - Ass.re Provinciale al Lavoro,
Daniele Coloris- Segr.FILT di Alessandria

Il dibattito è organizzato da:
Partito Della Rifondazione Comunista (FdS) di Alessandria,
Partito dei Comunisti Italiani (Fds) di Alessandria
Sinistra ecologia e libertà di Alessandria
Italia dei Valori di Alessandria




lunedì 18 ottobre 2010

Il teatro è l'unico edificio, od area pubblica, a rischio nel comune di Alessandria?

La presenza di amianto nell'area del teatro cittadino,fatto emerso dal pozzo delle disattenzioni in queste ultime settimane, pone un interrogativo:
Esiste un elenco di aree pubbliche a rischio sanitario od ambientale nel comune di Alessandria?
Se fino ad oggi una situazione come quella del teatro, luogo ampiamente frequentato dal pubblico oltre che dagli addetti ai lavori,non aveva dato adito a perplessità riguardo alla sicurezza ambientale, si può immaginare che preoccupazione possa insorgere per altre strutture.
Siamo sicuri che il teatro è un caso isolato e non vi siano altre situazioni?
Una cosa senza dubbio utile sarebbe verificare se esistono pericoli potenziali, o già palesemente manifestati ed accuratamente censurati.
Se il deficit di responsabilità è da parte di chi amministra non vi deve essere da parte dei lavoratori e dei loro rappresentanti sindacali, e per cui segnalino i casi, se esistono.
Auguro un buono e scrupoloso lavoro alle strutture della sanità e del controllo ambientale.

Massimo Orero Circolo Partito della Rifondazione Comunista - F.d.S di Alessandria

martedì 12 ottobre 2010

Il 16 Ottobre tutti con la FIOM!

La FIOM il 16 ottobre a Roma scenderà in piazza per una importante manifestazione, cruciale per il destino dei lavoratori del nostro paese e per la difesa dei nostri diritti.
In questi mesi il Governo Berlusconi e Confindustria hanno portato avanti un attacco violento e sfrontato al lavoro e alla democrazia, la FIOM è rimasta uno dei pochi fronti di resistenza democratici allo sfondamento delle destre e del padronato.
Approfittando della crisi il capitalismo cerca di aumentare i suoi profitti, negando i diritti dei lavoratori, tagliando le risorse per la scuola, l’università e la sanità, privatizzando i beni pubblici come l’acqua. Imponendoci la precarietà non solo nel lavoro, ma come modello di vita. Tutto questo non lo possiamo permettere.
Per questo motivo il Partito delle Rifondazione Comunista – Federazione della Sinistra, aderisce e lavora alla costruzione di una ampia mobilitazione in sostegno della FIOM che rimane una delle parti più combattive del sindacato, nel momento in cui è massimo l’offensiva portata avanti al mondo del lavoro dal Governo e Confindustria.
La partecipazione alla manifestazione del 16 ottobre è una reale opposizione di classe agli interessi del Capitale nel nostro Paese in difesa della dignità del lavoro e dei lavoratori.
La nostra è una scelta di parte, coscienti di essere sempre e comunque dalla parte dei lavoratori, per la costruzione di una alternativa al Capitalismo e per un’uscita dalla crisi da esso prodotta.
L’invito è a mobilitarci tutti per una grande manifestazione che faccia capire a tutti che i lavoratori non accetteranno più che i propri diritti vengano messi in discussione.

La segreteria provinciale del Partito della Rifon
dazione Comunista di Alessandria (PRC-FdS)



lunedì 11 ottobre 2010

Una bomba senza spoletta all'interno della città

La parole scritte nel comunicato dei rappresentanti dei lavoratori della polizia penitenziaria, che prestano servizio presso il carcere di Piazza Don Soria, sono molto chiare e preoccupanti.
Riempirsi la bocca con l’argomento della sicurezza è servito molto come propaganda elettorale per alcuni personaggi, sia a livello nazionale che locale, ma al di là delle parole non si è fatto nulla di concreto.
Militari da parata in alcune città (nessuna deterrenza sugli eventi criminali, se non per far traslocare alcuni traffici da un quartiere ad un altro), ronde di solerti cittadini a vigilare sul territorio (non si ha a disposizione nessun bilancio dell’operazione), ma quali investimenti finanziari per i corpi di polizia?
Come ci viene spiegato dagli agenti della polizia penitenziaria la situazione chi si presenta nel carcere cittadino è drammatica, da qualsiasi parte delle sbarre la si osservi, o meglio, la si subisca.
Agenti costretti di fatto al lavoro straordinario (non retribuito per mancanza di fondi) per coprire le carenza di organico, ore lavorate di straordinario non recuperabili in quanto il fatto che il personale è sotto organico non permette di effettuare questa operazione.
Detenuti in situazioni di convivenza disastrose, lo spazio di vita quotidiano per ogni sei detenuti è di venti metri quadrati, riduzione drastica della attività sociali in carcere. A questo aggiungiamo il fatto che la concentrazione di persone di etnie diverse in un contesto simile può portare a situazione di conflittualità interna elevata.
In questi anni c’è chi si è voluto mettere una maschera di perbenismo ed intransigenza, inventandosi nuovi reati da perseguire, ciò ha portato ad un massiccio afflusso di nuove entrate nella strutture di detenzione.
Ad Alessandria è necessario e doveroso che tutte le forze politiche prendano atto della situazione denunciata dagli agenti della polizia penitenziaria e si facciano interpreti del loro disagio presso il Ministero di Giustizia, affinché intervenga rapidamente a disinnescare questa vera e propria “bomba” in Piazza Don Soria.

Il Circolo del Partito della Rifondazione Comunista di Alessandria (PRC-FdS)
Il Circolo del Partito dei Comunisti Italiani di Alessandria (PdCI-FdS)

giovedì 7 ottobre 2010

Noi, con la Fiom, contro l’eversione del capitale

Fra meno di due settimane, sabato 16 ottobre, la Fiom chiamerà a raccolta, in quella che già si annuncia come un’imponente manifestazione di popolo, tutte le forze sociali che nella necessità di respingere l’attacco furibondo alle conquiste e ai diritti dei lavoratori vedono la via maestra per impedire che si compia la più devastante rottura democratica dell’era repubblicana.
Occorre dire che di un simile rischio vi è, anche a sinistra, solo parziale consapevolezza. O meglio, dello smottamento democratico si coglie l’aspetto più immediatamente politico e morale: la degenerazione corruttiva della coalizione di governo, il potere dispotico, personale, del capo del governo che travolge l’intera architettura costituzionale, l’oltraggio sistematico alla legalità, il disprezzo ostentato per ogni procedura democratica e l’assalto liquidatorio ai poteri indipendenti che rifiutano di sottomettersi all’esecutivo. Si coglie meno, e nel Pd non si coglie affatto, quello che con chiarezza e semplicità esemplari Oscar Lafontaine, fondatore della Linke, ricordava in un recente dibattito svoltosi alla festa della Federazione della Sinistra, e cioè che domina nella sfera politica chi domina nei rapporti sociali. E che se questi sono caratterizzati dallo sfruttamento e dall’unilateralità del comando d’impresa, la politica non potrà autonomizzarsene ed anzi finirà per divenirne lo specchio fedele.
Ancora ieri, qualche giornale di area democratica titolava, in prima, «Eversore», epiteto impresso sul faccione torvo di Berlusconi. E a ragione. Dubito tuttavia che quella stessa grave espressione verrebbe usata per qualificare il comportamento di Marchionne. All’amministratore delegato della Fiat, capintesta della crociata contro il lavoro e a Confindustria, la cui parola è ormai ascoltata con la deferenza che si deve ad un organo istituzionale, non si rivolge lo stesso capo d’accusa.
Una volta era nozione di senso comune, maturata nella concreta esperienza di milioni di persone, che l’affermazione della democrazia dentro i luoghi di lavoro, le conquiste frutto del conflitto operaio, si riverberassero a 360 gradi sull’insieme della società, rendendola più giusta, più civile, più coesa. Difendendo gli interessi dei lavoratori - si diceva - si difendono gli interessi generali del Paese.Non vi era ombra di dubbio sul significato pregnante dell’articolo 1 della Costituzione, che coniuga non casualmente la democrazia con il lavoro, riconoscendo ai produttori associati una funzione quasi demiurgica per l’inveramento dei precetti della Carta. Oggi no. Il rovesciamento è stato diametrale. L’impresa e la regola ferrea, sebbene non scritta, che ne informa i comportamenti, quella della competitività, hanno occupato interamente il proscenio, unendo destra e sinistra moderata nel culto dell’ideologia neo-mercatista. Quella in ragione della quale si è accreditato Marchionne come l’interprete genuino della modernità ai tempi della globalizzazione e si è accettato che il posto di lavoro fosse messo in concorrenza con i diritti.
La fortuna della destra in tutta Europa e specialmente nel nostro Paese ha molte convergenti ragioni. Ma l’egemonia culturale del capitale, la “costituzionalizzazione“ del mercato è ciò che ne ha più di ogni altra cosa legittimato la funzione dirigente. L’impotenza di fronte alla crisi planetaria è la più plateale confessione di un disarmo culturale che ha sin qui impedito alla sinistra di candidarsi alla guida di una grande riforma economica e sociale. Una riforma che o passa attraverso un profondo mutamento dei rapporti di produzione, o ha la forza di riproporre la questione divelta del carattere sociale della proprietà, oppure è destinata ad insabbiarsi, perdere di vigore e rinculare nell’alveo del riformismo, trasformista e subalterno. La Fiom ha preso nelle proprie mani e proposto alla sinistra la precondizione di questo necessario salto di paradigma: l’affermazione dell’ irriducibilità del lavoro al capitale. Per questo viene ferocemente combattuta dal potere costituito e dal groviglio di interessi di cui esso è espressione. Per questo il successo dell’appuntamento del 16 ottobre, al quale offriremo tutto il nostro sostegno, rappresenterà molto più che la buona riuscita di una pur importante manifestazione.

Dino Greco da Liberazione del 5/10/2010

martedì 28 settembre 2010

Su richiesta consiglio comunale aperto acqua

Gravissime le dichiarazioni del Sindaco, che ha risposto negativamente non solo alla nostra richiesta di un Consiglio Comunale Aperto sul tema Acqua Bene Comune (ripubblicizzazione, gestione e salubrità dell’acqua) ma ha affermato che mai questa amministrazione concederà un consiglio comunale aperto, su nessun tema.
Disprezzo assoluto del grande interesse mostrato dalla cittadinanza in proposito (1500 firme raccolte nel tortonese a sostegno dei tre referendum per la ripubblicizzazione dell’acqua), e forse anche timore che vengano toccati argomenti scomodi, dalla gestione al rischio inquinamento in un territorio compromesso dal punto di vista ambientale come il nostro.
Bene, i cittadini se lo prenderanno quello spazio che spetta loro: parte la raccolta firme che obbligherà il Comune a convocare il consiglio aperto, siamo certi firmeranno in tanti, di fronte ad un atteggiamento arrogante e antidemocratico.

Rifondazione Comunista Tortona

mercoledì 22 settembre 2010

Il federalismo fiscale tra bluff e propaganda

Il federalismo fiscale prosegue il suo iter attraverso l’emanazione da parte del Governo di una serie di decreti attuativi che vengono presentati alla spicciolata, nel disinteresse dei più. Accade così che sia molto difficile la ricostruzione del senso complessivo di tali provvedimenti. Alla fine, anche in virtù delle modalità con cui le notizie filtrano attraverso gli organi di informazione, l’effetto più probabile è quello propagandistico. Una sorta di apprezzamento generale per l’incessante produzione legislativa, il cui merito viene ascritto a Calderoli e alla Lega Nord. Occorre allora fare un po’ di chiarezza su quello che sta succedendo, ma per farlo alcune premesse sono indispensabili. La legge sul federalismo fiscale, a suo tempo approvata con il voto favorevole delle forze di governo, dell’Idv e con l’astensione del Pd, muove da un assunto, quello cioè della “territorialità” nel reperimento delle risorse e nella gestione della spesa e ciò in ossequio ai contenuti dell’art.119 della Costituzione modificato (irresponsabilmente) nel 2001 per iniziativa del centro sinistra. In virtù di tale impostazione, il meccanismo previsto è quanto mai complesso e ferraginoso, prevedendo tributi autonomi e compartecipazioni ai tributi erariali, per i vari livelli istituzionali, e meccanismi perequativi per supplire a eventuali deficit che si manifestassero su singoli territori. Il punto, tuttavia, è che le perequazioni non si applicano a tutte le voci di spesa delle istituzioni locali, per cui è evidente il vantaggio di alcune realtà (quelle del centro nord) dotate di maggiore capacità impositiva. Inoltre, anche per i diritti fondamentali (che dovrebbero valere per tutti) il concetto di “essenzialità” delle prestazioni e la conseguente determinazione dei costi standard creano le premesse per la costruzione di uno “stato sociale minimo”, in cui le differenze già oggi grandissime fra le varie parti del paese tendono ad accentuarsi anziché a ridursi. Che questi siano gli effetti possibili è prevedibile e non solo in virtù dei contenuti della legge, ma dell’ispirazione generale da cui la legge muove. Vi è tuttavia un altro elemento che non va sottovalutato ed è la partita finanziaria. Nella legge è precisato che esiste un vincolo di spesa non modificabile; inoltre il provvedimento si inserisce in un contesto in cui la stretta finanziaria ha già determinato forti restrizioni nella spesa locale, e in cui le nuove disposizioni della Ue, prevedendo la possibilità di riduzioni automatiche dei trasferimenti dei fondi comunitari per gli stati che non sottostanno ad alcuni indirizzi, rendono incerti molti finanziamenti destinati al sud. La partita del federalismo fiscale, quindi, non solo crea le premesse per la disarticolazione territoriale e per la lesione del principio di eguaglianza contenuto nell’articolo 3 della Costituzione, ma viene a saldarsi con orientamenti di politica economica che accentuano tali tendenze, aprendo inoltre la strada o al taglio dei servizi o alla loro privatizzazione. A ben guardare i primi decreti attuativi della legge evidenziano queste logiche. A parte il fatto che si tratta di provvedimenti del tutto disorganici, una sorta di spezzatino, in cui le singole disposizioni procedono senza una logica, conviene soffermarsi brevemente sui loro contenuti fondamentali. Quello sul “federalismo demaniale” trasferisce in blocco gran parte della proprietà del demanio a regioni ed enti locali, determinando la possibilità di vaste alienazioni di beni pubblici o di una loro non meglio precisata valorizzazione. Quello sul “federalismo municipale”, oltre a stabilire le quote di tributi che spettano ai comuni, introduce la famosa cedolare secca per la tassazione degli affitti che in nome della lotta al sommerso, fa un’enorme regalo alla grande rendita fondiaria, oltre che azzerare il principio della progressività delle imposte. Il provvedimento su “Roma capitale”, oltre a dare disposizioni sulla formazione degli organi di governo della città, riduce il numero delle municipalità. Infine, quello sulla determinazione dei “costi standard” delle prestazioni fondamentali di province e comuni, stabilisce alcuni criteri, senza aver prima determinato quali debbano essere i livelli essenziali di tali prestazioni, in sostanza posponendo al calcolo della spesa quello dei fabbisogni sociali. Il resto è in gestazione in questi giorni, dalla definizione dei tributi e le compartecipazioni proprie di regioni e province, ai costi standard delle regioni, ai vincoli e alle sanzioni previste per gli amministratori che non rispettano i nuovi criteri. A ben vedere, ciò che domina è il controllo della spesa, via alienazione di beni, riduzione degli organi di decentramento, meccanismi di recuperi delle risorse attraverso le sanatorie fiscali, subordinazione della stima dei fabbisogni alle esigenze finanziarie, vincoli agli amministratori. Il tutto all’interno di un’impostazione che reggendosi sull’autonomia impositiva enfatizza le diversità territoriali. Se qualcuno interpreta tutto ciò come una sana opera di razionalizzazione prende lucciole per lanterne; siamo alla solita operazione di contenimento/riduzione della spesa per esigenze di bilancio, perseguita attraverso la riduzione dei diritti e la differenziazione degli stessi a livello territoriale.

Gianluigi Pegolo: Responsabile Nazionale Democrazia e istituzioni PRC

Tratto da: www.rifondazione.it

martedì 21 settembre 2010

TORTONA: Rifondazione chiede al Comune di “rivedere” l’aumento delle tasse scolastiche

Il Comune deve abbassare le tasse sui servizi scolastici che sono più che raddoppiate. Lo chiede, con una mozione, il consigliere di Rifondazione Comunista Stefanella Ravazzi. “La tariffa della Casa dei bambini – dice – è passata da 2 euro al giorno a 4,50 euro al giorno con un aumento del 125% e per ogni servizio si paga un’iscrizione di 20 euro che non esisteva lo scorso anno, per questo chiediamom al Comune di eliminare la tassa di iscrizione e, per chi l’ha già pagata, prevedere il riutilizzo dell’importo a deduzione dei prossimi buoni pasto ancora da acquistare.” Secondo Rifondazione il Comune non tiene conto del fatto che la scuola pubblica deve garantire parità di accesso e di trattamento a tutti i suoi alunni e alle loro famiglie, né del fatto che tali servizi dovrebbero essere totalmente gratuiti. La mozione sarà discussa in una delle prossime sedute

giovedì 16 settembre 2010

Tagli in classe, ritorno ad una scuola di classe

Non è un anno scolastico come gli altri quello che ufficialmente è iniziato ieri. La ministra Gelmini lo annuncia trionfalmente come l’anno della “riforma epocale”, laddove di epocale c’è solo la mostruosa entità dei tagli economici alla scuola pubblica, con l’immancabile contorno di regalie alla scuola privata.
Gli effetti dei tagli sono sotto gli occhi di tutti, al punto che perfino la grande stampa, solitamente più attenta alla diffusione delle veline ministeriali che al racconto della realtà, ha dovuto renderne conto. Classi affollate con più di 35 alunni, mense più care, riduzione generalizzata delle ore di lezione, distruzione dei modelli pedagogico-didattici più avanzati - come il tempo pieno e i moduli nella scuola elementare - decine di migliaia di precarie e precari licenziati dopo anni di servizio, scuole che non hanno i fondi neanche per le necessità più elementari, e via elencando.
Ma anche se i tagli economici, e le loro conseguenze, rappresentano l’elemento più vistoso della politica scolastica governativa, limitare ad essi la denuncia, come da tempo va facendo il Pd, significa non coglierne in pieno la portata eversiva.

Basta guardare alla scuola superiore, vero snodo strategico della controriforma, nella quale il processo di trasformazione che sta prendendo avvio punta apertamente alla riproposizione della discriminazione di classe nell’accesso alla conoscenza. I licei per chi è destinato a scalare i gradini più alti dell’istruzione e della scala sociale, i tecnici e i professionali per quanti dovranno accontentarsi di formare le nuove leve del lavoro subalterno. La differenza la fa il reddito, il censo, senza più nemmeno la speranza che la scuola possa offrire una occasione di mobilità sociale. Non è un caso che questa impostazione sia stata fortemente voluta da Confindustria.
Ma non c’è aspetto dell’organizzazione scolastica, dalla valutazione al controllo autoritario dei comportamenti, dalla formazione degli insegnanti ai contenuti dell’insegnamento - mentre sullo sfondo si agita lo spettro del reclutamento degli insegnanti su base regionale - che non sia oggetto delle sgradevoli attenzioni della Gelmini.
Siamo dunque di fronte ad un disegno organico, una manovra a trecentosessanta gradi, che, sta smontando pezzo dopo pezzo la scuola pubblica disegnata dalla Costituzione, per far posto ad una scuola culturalmente immiserita, specchio di una società che si vorrebbe anestetizzata, fatta di individui incapaci di pensiero autonomo e critico.
Ma l’anno scolastico appena iniziato è segnato anche da una ripresa del conflitto che dimostra come la volontà di resistenza non solo non è fiaccata ma si sta estendendo, dimostrandosi capace di nuove e più radicali modalità di lotta. Hanno iniziato, già in pieno agosto, le precarie e i precari di Palermo e Benevento con lo sciopero della fame, che si è rapidamente esteso ad altre città ed è proseguito con il presidio in Piazza Montecitorio intorno a una piccola tenda, metafora della condizione della scuola pubblica davanti al palazzo simbolo del potere politico. E ancora, la riuscitissima manifestazione di due giorni fa sui due lati dello Stretto di Messina e il sit-in di ieri davanti al Miur, mentre si preannunciano altre manifestazioni a ritmo serrato. Questo fiorire di iniziative non è casuale. È il frutto maturo di più di due anni di mobilitazioni che hanno “accompagnato”, senza mai cedere di fronte alle difficoltà, le iniziative del governo. Quello che c’è di diverso, a me sembra, è l’accresciuta consapevolezza che si è aperta una fase nuova dello scontro nella quale è possibile costruire un movimento all’altezza della sfida e dare uno sbocco unificante alle tante iniziative locali. Per vincere, non solo per resistere. Sta ai sindacati non filogovernativi, la Flc-Cgil e i sindacati di base della scuola, mettere tra parentesi le differenze e raccogliere la richiesta di unità che il movimento di lotta richiede da tempo. Cosa altro deve accadere perché si indica una grande giornata di lotta unitaria per la difesa della scuola pubblica?
D’altra parte, se è vero, come abbiamo già detto, che la scuola della Gelmini è l’altra faccia della medaglia della fabbrica senza diritti di Marchionne ed entrambe sono la rappresentazione dei nuovi assetti sociali perseguiti da governo e padroni, c’è bisogno che anche l’iniziativa sindacale segni un salto di qualità. In tal senso, lo sciopero della Fiom del 16 ottobre rappresenta una occasione che non va sprecata. L’adesione alle manifestazioni dei metalmeccanici da parte di altre categorie è un fatto importante ma, se non vuole restare un gesto di doverosa solidarietà, deve essere concepito come tappa di un percorso che porti alla generalizzazione della lotta sui temi del lavoro, della scuola e della cultura. Non si tratta di lanciare il cuore oltre l’ostacolo, ma di essere consapevoli che la messa in cantiere dello sciopero generale di tutte le categorie in tempi rapidi è una delle premesse della costruzione e della crescita del movimento. Con questo spirito, il Prc e la Federazione della Sinistra continueranno a sostenere le mobilitazioni in atto.

Vito Meloni: Responsabile nazionale scuola PRC-SE
Da Liberazione del 14/09/2010

lunedì 13 settembre 2010

Corso Roma non transitabile? Un'idea veramente geniale!

Sviluppare un progetto per la zona del centro, il quale comprenda isole pedonali, zone a traffico limitato e un sensato flusso del traffico veicolare per rispondere alle esigenze delle attività economiche-lavorative, residenziali e di emergenza è senza dubbio doveroso per un'amministrazione cittadina.
Le sparate a casaccio, senza progettualità, non sono doverose per un'amministrazione, ma bensì evitabili. Pensare di risolvere il problema del palesemente inidoneo materiale usato per la pavimentazione di Corso Roma e Piazzetta della Lega vietando in maniera assoluta il transito veicolare è un'ulteriore errore.
I mezzi commerciali per poter svolgere la loro funzione di approvvigionamento degli esercizi del centro necessitano del maggior agio possibile, entro doverosi tempi da rispettare di carico e scarico.
Analizzando le proposte alternative fatte dagli inquilini di Palazzo Rosso.

A)Usare le vie laterali e parallele a Corso Roma (in pratica quello che i consegnatari hanno fatto per mesi attendendo speranzosi di veder conclusa la pavimentazione, che bloccava di fatto anche l'uso delle traverse del corso). Attualmente è da constatare che sono stati eliminati tutti i posti di carico e scarico merci da via Modena (la più comoda per i vettori), per fare spazio ad un'assurda pista ciclabile nel centro cittadino, zona che dovrebbe essere nel suo insieme una naturale pista ciclabile senza bisogno di linee tracciate. Una cosa da rilevare è che gli spazi di carico e scarico merci sono pochi nella totalità dell'area,e spesso impropriamente occupati.

B) Capannone di stoccaggio delle varie fuori città e consegna in Corso Roma con mezzi elettrici.
Per il fattore inquinamento basterebbe chiedere ai trasportatori di munirsi di mezzi a gas o ibridi (Questo però non risolverebbe il problema pavimentazione).
I consegnatari portano, a seconda dei casi, merci in conto proprio, merci conto terzi in distribuzione di logistica o di servizio postale (SDA, Bartolini, TnT e altri), per quanto riguarda i farmaci c'è anche la particolarità delle sostanze stupefacenti che non possono essere affidate a chiunque per la distribuzione. Detto ciò un servizio come quello proposto porterebbe un ulteriore aggravio di spesa per eseguire la distribuzione della merce (non penso che qualcuno lo farebbe gratuitamente).
Mettendo tra le altre cose a rischio il lavoro di molti vettori.
Comunque nessuno si preoccupi per questa eventualità,si può cessare l'attività come autotrasportatori,se non è più molto conveniente,e proporsi all'amministrazione cittadina come consulenti per fare un sondaggio sulla situazione della distribuzione merci in città.Tranquilli è un sistema già stato collaudato per un altro settore.

Massimo Orero
Segretario Partito della Rifondazione Comunista circolo di Alessandria

Federazione della Sinistra

mercoledì 8 settembre 2010

Mentre loro giocano con l'ampolla, gli operai perdono lavoro e futuro

Il prossimo 10 settembre, sulle montagne del cuneese, la Lega Nord metterà in scena il solito rito dell'ampolla, inventato qualche anno fa, dal quale partirà per la traversata fino a Venezia. Ma a manifestare ci sarà anche Rifondazione Comunista che, come lo scorso anno, "accoglierà" i leghisti smascherando il vero volto della Lega. La Lega Nord è un partito razzista che sostiene un governo di inquisiti e mafiosi e non fa niente per difendere i lavoratori. Il Governo Berlusconi conta un elevato numero di "personale politico" inquisito. Tra appalti truccati, ricostituzione di società segrete (P3), tangenti, affiliazioni ad organizzazioni mafiose, elusioni ed evasioni fiscali ci troviamo in una situazione di fronte alla quale persino il sistema di Tangentopoli finirebbe per impallidire. Non si tratta di casi isolati, di singole "mele marce"; al contrario si tratta di una corruzione di sistema, elevata dal Governo Berlusconi a vera e propria pratica politica. Dalla ricostruzione post terremoto de L'Aquila agli appalti sull'eolico, dalla Protezione Civile alle principali Opere Pubbliche (meglio se grandi): non c'è niente che sfugga a questo vero e proprio sistema criminale di corruzione.
E la Lega, paladina (a parole) della legalità e della moralità che fa ? Semplice: mostra grande attivismo nel difendere gli interessi di ministri e parlamentari inquisiti e al contrario non muove un dito per cercare di risolvere le crisi industriali più pesanti che stanno cancellando nel Nord migliaia di posti di lavoro. Di fronte alle aziende che delocalizzano all'estero per speculare sul costo del lavoro (Fiat in Serbia, Bialetti in Cina, il tessile in Romania ecc..), i vari Cota, Zaia, Bossi padre e figlio non fanno altro che urlare contro presunti nemici (di volta in volta i cinesi, i russi, gli immigrati, i rom) ma non adottano quei provvedimenti che consentirebbero di mantenere sul territorio imprese e posti di lavoro. La Lega assiste alla chiusura di fabbriche, alla messa in cassa integrazione e al licenziamento di migliaia di lavoratori senza muovere un dito. Basterebbe che approvassero la proposta di legge presentata da Rifondazione Comunista - Federazione della Sinistra in tutte le Regioni del Nord per frenare il fenomeno delle delocalizzazioni industriali. La nostra proposta si basa su un principio semplicissimo: per le aziende che delocalizzano all'estero scatta l'obbligo di restituire i contributi pubblici di cui hanno fruito negli ultimi dieci anni. Lo stesso dicasi della tanto sbandierata legge a tutela del Made in Italy, già bocciata a livello europeo e che, per come è stata scritta, non tutelerà nè il lavoro, nè la qualità dei prodotti. Anche sul federalismo la Lega Nord parla una lingua smentita dai fatti. Il Governo Berlusconi-Bossi, infatti, continua a comprimere le competenze delle autonomie locali imponendo, dal livello centrale, la privatizzazione dei servizi pubblici, grandi opere, centrali nucleari ecc. Le valli cuneesi, così come molti altri territori del Nord, hanno alle spalle una storia di grande autonomia rispetto ai poteri statali e religiosi, hanno combattuto, 60 anni fa, contro il fascismo e il nazismo e per l'autodeterminazione dei popoli. Le valli e la montagna non hanno inventato le frontiere e i confini. Ad esempio, la lingua occitana si parla nelle vallate italiane come nelle vallate francesi. Sopra Pian del Re si trova il Buco del Viso che ci parla della comunicazione, del dialogo tra i popoli. Le divisioni non le abbiamo create ma le abbiamo subite quando insensati nazionalismi hanno portato la guerra e costretto i giovani ad uccidere e ad essere uccisi. La cultura e la tradizione delle valli cuneesi rifiutano il razzismo: è stata la lotta partigiana che ha segnato l'impegno di queste valli per costruire una terra libera per uomini e donne liberi, una società basata sulla giustizia sociale, sulla libertà, dove l'autodeterminazione dei popoli e la valorizzazione delle culture e delle lingue locali non significano odio e nazionalismo ma uno strumento di liberazione delle classi subalterne. La Lega Nord si combatte sul territorio, non a parole: come l'anno scorso invitiamo, quindi, gli uomini e le donne che credono in questi valori a partecipare venerdì 10 settembre, dalle ore 15 alle ore 19 al presidio che si terrà a Paesana, piazza Vittorio Veneto.

Matteo Gaddi: Responsabile Nord di Rifondazione Comunista
Fabio Panero: segretario provinciale di Cuneo di Rifondazione Comunista

sabato 4 settembre 2010

ARTESIO (PRC-FdS): INTERROGAZIONE URGENTE SU BAMBINA DI ALESSANDRIA AFFETTA DA ROP

La redazione de “La Stampa” di Alessandria ha avviato una raccolta di fondi per sostenere i costi del viaggio e delle cure all’estero di una bambina di 14 mesi, affetta da Rop al V° stadio a seguito di nascita pretermine. A motivazione della sottoscrizione, si riferisce del disaglio economico della famiglia e del diniego regionale per l’intervento all’estero. Le alternative proposte dall’apposita commissione regionale, cioè Roma, Bergamo e Verona, sarebbero a detta della famiglia non adeguatamente specializzate all’esecuzione dell’intervento. Nella consapevolezza del fatto che tali indicazioni regionali discendono dalla valutazone di un organo tecnico cui, si presume, gli attuali curanti della piccola abbiano fatto pervenire le informazioni sullo stato e sulle prospettive di salute si interroga l'assessore per conoscere la dettagliata motivazione del diniego e di valutare l’opportunità – alla luce delle controdeduzioni addotte dalla famiglia – di rivedere il parere.

IL CONSIGLIERE FIRMATARIO
Eleonora Artesio

venerdì 23 luglio 2010

ARTESIO (PRC-FdS): INTERROGAZIONE URGENTE SU ECOLIBARNA

La Capogruppo della Federazione della Sinistra Eleonora Artesio ha presentato un’interrogazione urgente sulla “revoca stato di emergenza sito inquinato Ecolibarna”. All’interrogazione risponderà in Consiglio Regionale, durante la “question time” di mercoledì 28 alle ore 14,30, l’Assessore all’Ambiente Ravello. Di seguito il testo:

Premesso che:
- Il Direttore di dipartimento della Protezione Civile Guido Bertolaso ha comunicato al prefetto di Alessandria Paolo Francesco Castaldo, nella sua veste di commissario straordinario alla bonifica del sito inquinato Ecolibarna sito a Serravalle Scrivia, che non vi sono più i presupposti per il mantenimento del regime derogatorio (comunemente chiamato stato di emergenza) in scadenza il 31 luglio

- Tale regime ha consentito di affidare ad un commissario la messa in sicurezza, dal 2004 ad oggi, della discarica dove Ecolibarna ha stoccato materiale altamente tossico. Il commissario ha provveduto ad eseguire i lavori più urgenti per una messa in sicurezza accettabile, ma che tali lavori non sono ancora terminati

Considerato che:
- L’ipotesi della revoca o cessazione dello stato di emergenza non permetterebbe di proseguire nelle attività di risanamento e messa in sicurezza dell’area

Interroga l’Assessore competente:
- per sapere quali azioni la Regione Piemonte possa intraprendere presso il Governo nazionale per mantenere il regime derogatorio, come richiesto tra l’altro dal Sindaco Molinari e dal Comitato spontaneo dei cittadini che risiedono nell’area

martedì 20 luglio 2010

Acqua: raccolta record di firme

L'acqua è un bene comune e non può essere affidato al libero mercato. Sulla base di questa convinzione il comitato per l'acqua pubblica ha raccolto oltre un milione e quattrocentomila firme a favore dei referendum abrogativi delle norme che consentono la cosiddetta 'privatizzazione dell'acqua', ultima delle quali è quella sui servizi pubblici locali compresa nel decreto Ronchi. I promotori del referendum, un vasto cartello di associazioni e realtà della società civile, stamattina hanno depositato le forme raccolte presso la Corte di Cassazione, che dovrà procedere alla loro convalidazione e svolto una manifestazione a piazza Navona per annunciare il risultato.

Nessun referendum ha raggiunto questo livello di adesione, "è un record", recita il volantino distribuito in piazza, anche se ovviamente il riferimento al referendum sul divorzio, che raccolse un milione 370mila firme, è improponibile perché quelle furono le firme autenticate dalla Cassazione e di norma tra la raccolta e la certificazione qualche decina o centinaia di migliaio di firme viene cassato per irregolarità varie. La parte
del leone nella raccolta di firme l'ha fatta la Lombardia, con 236.278 moduli compilati. Al secondo posto il Lazio, con 146.450 sottoscrittori. Fanalino di coda la val d'Aosta, con 835 firme. In piazza stamattina a festeggiare il risultato c'erano fra gli altri Stefano Leoni, presidente del Wwf, padre Alex Zanotelli, Marco Bersani di Attac, Corrado Oddi della Funzione pubblica Cgil, alcuni esponenti dei partiti della sinistra che hanno appoggiato (ma non promosso, precisano gli organizzatori) la raccolta di firme: Prc, Verdi, Sel. Il prossimo appuntamento del
'popolo dell'acqua' è fissato per il prossimo 18 e 19 settembre, con una assemblea nazionale dei movimenti per l'acqua che si terrà probabilmente a Firenze. La prossima sfida per il comitato promotore, ovviamente, è la vittoria nel referendum, dopo il fallimento del quorum in tutte le ultime consultazioni di questo genere: bisogna "portare almeno 25 milioni di italiani - si dice nel volantino dell'iniziativa - a votare tre sì la prossima primavera", un risultato "che oggi, alla luce del 'risveglio democratico' a cui si è assistito nei mesi della raccolta firme, sembra assolutamente raggiungibile".

Tratto da: "www.liberazione.it"

lunedì 19 luglio 2010

Le valutazioni di risparmio del prof. Vandone.

In questi ultimi tempi abbiamo sentito parlare frequentemente, a tutti i livelli, da quello Romano, a quello Torinese, a quello Alessandrino, di risparmi dovuti sulla spesa pubblica, sulla scuola,sui servizi, sulla cultura e della sempre più sospesa spada di Damocle sulla testa della sanità pubblica.
Tutte queste forzose ed “inevitabili” restrizioni (dovute, in parte, alla crisi planetaria generata dalle speculazioni criminali del mondo finanziario ed anche, in ambito nostrano, dalla scellerata programmazione economica del nostro governo) vanno a rendere ancor meno sopportabile la situazione per la maggioranza degli Italiani, ma non certo a chi questa situazione l'ha generata.
A livello Alessandrino il programma economico che il professor Vandone intende portare avanti comporta i dovuti tagli e sacrifici.
Vendere il patrimonio comunale, quello in essere e poi, in seguito, sicuramente quello che arriverà dal demanio.
La crisi economica degli enti locali ha certamente creato un buon circuito di affari per alcuni.
La vendita, o la svendita in molti casi, dei “gioielli di famiglia” di comuni, province ed enti, è senza dubbio un piatto appetitoso per chi sembra che crisi non conosca, visto che la disponibilità di denaro, ed immediata, per alcuni sembra non sia un problema.
La ciliegina sulla torta arriva dal governo con il demanio “federale”.
Cedere agli enti locali beni immobili, aree di terreni con valore culturale e paesaggistico, nel momento in cui l'attività principale di questi è fare cassa con le vendite, significa fare un regalo agli speculatori.
Chi plaude, come la Lega Nord, a questo come ad una conquista del federalismo non valuta, od è in malafede, che questa non è una conquista del localismo, ma una vittoria del liberismo ed una sollecitazione per i “comitati d'affari”.
I Comuni sono in ginocchio proprio per la mancanza di trasferimenti di risorse economiche da Roma, il trovare risorse in loco, dopo la consistente cancellazione di una parte dell'ICI, significa andare pancia a terra con le contravvenzioni e semafori “intelligenti” (taroccati o regolari), vendere il patrimonio immobiliare, cessione delle società partecipate, in toto od in percentuale, mettere in opera alchimie strane per creare situazioni di estrapolazione di dipendenti comunali verso altre incognite realtà.
Il federalismo è un argomento elettorale di comodo per qualcuno ed un reale alibi a fini speculativi per qualcun altro.
Si vuole fare attenzione alle spese e sanare il bilancio anche con le vendite a questo punto dovute(?), ma come mai, in un ottica di risparmio, non appare al signor Vandone alquanto strano che possa essere affidata al signor M.B. una consulenza al fine di verificare l'andamento dei prezzi di mercato, in riferimento particolare al settore agroalimentare.
Il risultato di questa indagine c'è stato? Ai cittadini è arrivato? Forse dalle pagine del notiziario informativo che dovrebbe arrivare ai capi famiglia, ma che regolarmente non esce più?
Allora a che fine dare una consulenza i cui eventuali risultati non risultano in concreto di nessuna utilità al pubblico?
Il cittadino merita però di essere informato che questa consulenza è costata 60000 euro.
Rivolgersi alla Camera di Commercio, o ad una associazione di consumatori, per provare a chiedere se per caso erano già in possesso di tali dati?
Altra cosa strana è come possa apparire non anomalo al signor Vandone che un presidente di consiglio comunale possa fornire richieste di rimborso per assenze dal lavoro da un'azienda di proporzioni non certo di una multinazionale, ma con remunerazioni pari ad un dirigente di una di queste?
Certo basta che la documentazione venga regolarmente fornita ed gli eventuali dubbi vengono cancellati.
Saluti a pugno chiuso.

Massimo Orero: Segretario circolo di Alessandria PRC (FdS)

sabato 10 luglio 2010

PIEMONTE NUCLEARE? L’OPPOSIZIONE PUO’ RIPARTIRE DA UNA PAZIENTE UNIONE DI RAZIONALITA’ CRITICA, DEMOCRAZIA, TESSITURA DI ALLEANZE SOCIALI E POLITICHE

“Sul nucleare il Piemonte c’è”. “Sono per l’utilizzo consapevole delle risorse naturali”. Queste due icastiche frasi, nette da ogni residuo di dubbio, sono state pronunciate dall’Assessore regionale all’Ambiente Ravello alla recente presentazione dello stato dell’ambiente sulla base del rapporto dell’ARPA.

Purtroppo non credo che la consapevolezza sia mancata o manchi tra le fila di chi ha promosso e resiste nel promuovere le energie a base fossile. E’, semmai, una consapevolezza dimentica del futuro, “sviluppista” nel suo animo profondo e nemica di un’idea critica capace di porre il bene comune dell’energia su un terreno di riconversione razionale e democratica. Ravello, dunque, riafferma, forse involontariamente, una cultura da “ballo sul Titanic”, confermata dall’innamoramento senza condizioni per l’atomo. Del resto, ancor prima che la Consulta della Corte Costituzionale decidesse di dar torto alle Regioni ricorrenti (vedremo le motivazioni della sentenza), fu direttamente il presidente Cota ad annunciare il ritiro del ricorso piemontese mettendo subito in chiaro, per quella via due cose. Il centro destra non si sente messo in un angolo da una legge nazionale che usurpa i titoli di intervento da parte delle regioni in materia energetica. Il centro destra, dopo le viscide contorsioni di suoi esponenti in campagna elettorale, è supino rispetto al rilancio nucleare voluto dalla coppia Berlusconi – Scajola e supportato da lobbies economico energetiche sia in Italia che in Francia (che non vede l’ora di vendere a noi tecnologie invendibili altrove!).

In campo fortunatamente rimangono ancora i ricorsi alla Consulta di alcune regioni su un decreto legislativo del febbraio scorso, che parla di semplice attivazione della Conferenza unificata Stato-Regioni, ma evita di rendere la singola regione titolare della co-decisione con lo Stato. Per restare in Piemonte vanno invece segnalati, con diversa decorrenza dei singoli iter giuridici, i ricorsi contro la trasformazione degli attuali siti nucleari (Saluggia, Trino, Bosco Marengo) in depositi di se stessi. Tali ricorsi vedono la confluenza attiva di associazioni, singoli cittadini ed ex consiglieri regionali, che non hanno inteso abbassare la guardia già negli scorsi anni e che ora vedono pericolosamente, grazie alla legge nazionale, ristretti gli spazi di azione. A proposito di norme nazionali, chi si ricorda ancora che il deposito centralizzato doveva già essere realizzato per fine 2008? Solo Ravello pare essere ottimista e non vede l’ora di mettere il Piemonte in pista con un suo nuovo impianto. Peccato che quel deposito sia per certi versi una vera e propria chimera o, per altri, rischi di essere nei fatti già presente proprio sul nostro territorio, mentre si fa finta di non capire che Saluggia, per fare un esempio, già oggi contiene gran parte delle scorie presenti in Italia.

In questa situazione, davvero difficile, a noi spetta il compito, dentro la costruzione di coalizioni sociali e politiche le più ampie, di rilanciare puntualmente una discussione democratica e partecipata di natura critica e documentata.

Occorre ricordare che le centrali nucleari rappresentano la soluzione più pericolosa ai problemi creati dai combustibili fossili, sia in termini di sostanze tossiche che vengono create per ogni chilowattora di energia elettrica prodotta, sia ancor più in termini di sostanze tossiche che vengono create per ogni kg di CO2 evitata. Esse sono scarsamente efficaci nell’azione di rallentamento dei cambiamenti climatici, sono poco tempestive a causa dei lunghi tempi di realizzazione e delle notevoli emissioni prodotte nella costruzione, nello smantellamento ed anche nell’approvvigionamento dell’uranio, specie se si dovrà utilizzare minerale povero. Durante il funzionamento producono al loro interno rifiuti altamente radioattivi che in caso di incidenti possono essere proiettati all’esterno e che, in ogni caso, rimangono pericolosi per migliaia di anni.

In ogni caso emettono, durante il loro normale funzionamento, rifiuti radioattivi liquidi e gassosi che sottopongono i cittadini ad esposizioni ufficialmente definite "basse", ma non per questo meno pericolose in termini collettivi. Possono, insieme ai depositi nucleari e agli impianti di riprocessamento, essere un tragico bersaglio per atti terroristici devastanti, mentre comportano la produzione di plutonio e uranio impoverito, che possono avere impiego nel settore militare.

Dal punto di vista economico non hanno un costo competitivo, specie se il minerale da cui si ricaverà l’uranio sarà sempre più povero, se si dovranno costruire gli impianti di riprocessamento e di autofertilizzazione e se si considera anche il costo dello smantellamento e della custodia millenaria delle scorie radioattive. Subordinano la sicurezza di approvvigionamento elettrico alle disponibilità di uranio e, anche in caso di riprocessamento e/o di autofertilizzazione, a tecnologie complesse di difficile controllo democratico e di difficile mantenimento in situazioni di difficoltà sociali o belliche, Infatti costringono ad una militarizzazione del territorio, per prevenire i terribili effetti di eventuali atti terroristici. Infine occorre sottolineare con forza il fatto che richiedono investimenti ingentissimi, che vengono così sottratti alle fonti energetiche rinnovabili e pulite, quali l’efficienza e il solare, mentre sottraggono ai cittadini la possibilità di essere essi stessi produttori di energia, relegandoli ad essere solo consumatori passivi di energia prodotta centralmente.

Basta restare a queste ultime considerazioni per capire come una vera riconversione energetica ha bisogno assoluto, oltre che di razionalità critica, anche di un plus di democrazia e condivisione. Sono concetti che sfuggono ai vari Ravello e Cota, ma che non possono sfuggire a noi nel momento in cui, tra l’altro, stiamo dando il nostro contributo per far vincere il referendum sull’acqua bene comune. La gestione comunitaria e “decentrata” del bene energetico è sicuramente invisa a chi, come i padrini del nucleare, pensa a questo come fonte di potere e di valore semplicemente economico. Una battaglia su questo terreno, dunque, si deve spingere a ridisegnare l’idea di energia come utile in primo luogo alla vita, sapendo che, così almeno la penso io, anche le energie rinnovabili possono essere tragicamente risucchiate nella tanto pubblicizzata green economy. In una strategia, cioè, basata spesso su una idea di crescita lineare in cui i veri impatti sociali e ambientali sono nascosti (pensiamo alle centrali per produrre bioetanolo da cereali), mentre il controllo sociale rimane saldamente in mano a pochissimi.

Alberto Deambrogio, PRC-SE-FDS