venerdì 7 ottobre 2011

Barberis (Consigliere comunale PRC-FdS) sulle primarie del centrosinistra ad Alessandria

Manca poco più di una settimana alla data di scadenza di presentazione dei candidati che parteciperanno alle primarie del centrosinistra in vista delle prossime elezioni amministrative del 2012 ad Alessandria.
L'ala a sinistra del Partito Democratico sembra aver scelto la strada della coalizione e del fronte unitario, non presentando candidati propri.
E' di oggi la comunicazione di "un passo in dietro" anche del candidato della Federazione della Sinistra in Consiglio comunale, Giorgio Barberis, per il quale nei mesi scorsi le forze politiche della Sinistra e la società civile avevano prospettato un percorso "da candidato sindaco".

"Anche alla luce delle recenti vicende che coinvolgono la giunta Fabbio e che confermano tutte le perplessità dell'opposizione consigliare relativamente al bilancio comunale, riteniamo che sia sempre più necessario costruire un ampio fronte unitario delle forze politiche del centrosinistra. Lo impone la situazione di vera e propria emergenza democratica che stiamo vivendo, nel nostro Paese e nella nostra città", spiega Barberis. Che ringraziando per il sostegno e la fiducia nel suo operato in Consiglio da parte di amici e delle forze politiche che ha rappresentato in questi 4 anni, però precisa: "Ritengo che non sia opportuno in questa fase creare divisioni nella coalizione di centrosinistra, e che invece di disperdere forze nella competizione delle primarie (nelle quali sosterremo la candidatura che garantisca le maggiori competenze amministrative e le più ampie convergenze tra le forze politiche e sociali), sia sicuramente più opportuno dare un contributo alla realizzazione di un programma condiviso per la costruzione di una città diversa, più giusta, lihttp://www.blogger.com/img/blank.gifbera e solidale".
Giorgio Barberis, comunque mette in evidenza il percorso politico e le "battaglie" per il bene comune da sempre sostenute dalla Federazione della Sinistra, che non si fermeranno proprio ora, visto il momento delicato che sta vivendo la città di Alessandria. "Molti i temi che ci stanno a cuore e che verranno articolati nei prossimi mesi, come ad esempio la partecipazione dei cittadini alle decisioni collettive, la ristrutturazione e la difesa del welfare locale, la salvaguardia dei servizi pubblici e la tutela dei diritti di tutti, l'adozione di un codice etico e di una piena trasparenza nella gestione amministrativa, l'attenzione alla qualità della vita di ciascun individuo e della collettività".

Tratto da www.alessandrianews.it

venerdì 23 settembre 2011

Lavoratori del Comune “un bene comune”

Cari cittadini e cittadine di Alessandria,
non lasciatevi ingannare da chi è al Governo (Ministri Brunetta e Sacconi) e da chi amministra questa città: i lavoratori e le lavoratrici del Comune non sono e non possono essere dei fannulloni poiché senza il loro operato quotidiano e instancabile i vostri figli non potrebbero essere amorevolmente accuditi negli asili, le strade non potrebbero essere illuminate, il traffico urbano e gli incidenti stradali sarebbero una giungla ancora peggiore. Nessun professionista potrebbe avere certezze e regole su cui costruire i suoi progetti, le persone con dei bisogni particolari non avrebbero né orientamento e né ascolto. La biblioteca sarebbe definitivamente chiusa e molti di voi continuerebbero a frequentare un Teatro introducendo nei polmoni le pericolosissime fibre di amianto.
I lavoratori del nostro Comune lavorano spesso senza indirizzi, senza mezzi e con tante difficoltà per meno di 1200 euro al mese. Non sono dei fannulloni perché siete voi a controllare ogni giorno la loro presenza e il loro lavoro. Perché senza di loro la nostra città non avrebbe argini alla crisi e resterebbe senza i servizi essenziali. La recente protesta di tutte le sigle sindacali unite a chiedere giustizia, equità e diritti per questi lavoratori è stata accostata in maniera del tutto strumentale dal Sindaco Fabbio a un fatto gravissimo da lui perpetuato ai danni dei lavoratori e dei sindacati: l'oscuramento da parte del Comune dei siti gestiti dalle rappresentanze sindacali unitarie che funzionano come bacheche sindacali. Questo oscuramento da parte della giunta di centrodestra è senz'altro da configurarsi come comportamento antisindacale con l'aggravante di negare l'evidenza e cioè che l'utilizzo di internet è indispensabile per la progettazione e la soluzione dei problemi dei cittadini e della città nel suo insieme. Mentre si sperpera con consulenze inappropriate e si fanno attendere i creditori per anni, l'amministrazione comunale di centrodestra ha tagliato drasticamente gli abbonamenti a riviste giuridiche ed economiche nonché ai quotidiani locali, che sono strumento di lavoro indispensabile nella pubblica amministrazione di tutta l'Europa.
L'interdizione ai soli dipendenti comunali (non per i dirigenti e per i politici) all'accesso dei siti dei quotidiani locali presenti sul web poi è un fatto gravissimo che dovrebbe fare indignare non solo i cittadini di questa città ma l'intero Paese. Ciò che non si può controllare direttamente viene cancellato e questo ci ricordai tempi bui dei regimi totalitari. Evidentemente i rapporti dispendiosi con la Cina intrattenuti da questa amministrazione sono stati così incoraggianti da doverne imitare le pratiche autoritarie.
Cari cittadini, difendiamo i nostri lavoratori senza distinzioni, difendere i servizi pubblici significa difendere i diritti di tutti. I diritti non sono dei privilegi e vanno difesi con la lotta e la solidarietà.

Il Circolo cittadino del Partito della Rifondazione Comunista di Alessandria

giovedì 22 settembre 2011

15 ottobre,indignarsi è giusto

Piazza Esedra-San Giovanni: alla fine del percorso le uniche concessioni alla tradizione potrebbero essere proprio i capolinea del corteo del 15 ottobre. Tutto il resto sarà affidato alla creatività di chi avrà deciso di accogliere l'appello degli indignados spagnoli per una giornata europea e internazionale "United for global change", prima scadenza internazionale convocata dal basso.Cosa accadrà al termine di quel corteo? L'indignazione riuscirà ad accamparsi, a occupare lo spazio pubblico coniando forme di democrazia reale e una propria piattaforma, che poi sono i tratti distintivi di quanto avviene in mezza Europa? Assedierà o si terrà alla larga, quasi a ignorarli, i palazzi del potere? Ci sarà un palco o verrà scelta una modalità più partecipativa e orizzontale? Ci sarà solo la piazza romana o ci si convocherà anche in altre città per decentrare e ampliare la partecipazione? Ciascuno di questi nodi esprime prospettive differenti ma inizia ad essere chiaro che quel giorno sarà l'inizio di una mobilitazione imponente e lunga almeno quanto la crisi. L'innovazione non allude a un "copia e incolla" di pratiche mutuate dall'estero ma di costruire un percorso a disposizione della sollevazione possibile visto che, nei mesi precedenti, l'indignazione italiana ha già espresso grandi mobilitazioni (studenti, donne, precari, il decennale del 2001 genovese) ma segnali di "eccedenza", alla ripresa estiva, non è che si siano registrati almeno al di fuori della partecipazione allo sciopero del 6 settembre. Il movimento studentesco ha appena rimesso piede nei suoi luoghi, l'Uds per il 7 ottobre ha convocato cortei in ogni città. L'attesa, tuttavia, è palpabile per una manifestazione che vedrà convergere a Roma decine di migliaia di persone. Segno ne è la terza riunione dello spazio di coordinamento che ha visto ieri la partecipazione di un centinaio di persone appartenenti a vario titolo alle sigle sociali, politiche e sindacali che agiscono lo spazio del movimento antiliberista di questo Paese. Solo la settimana precedente erano meno della metà.
Dal salone dell'Arci nazionale s'è usciti con un invito a costruire nei territori la partecipazione italiana «contro la distruzione dei diritti, dei beni comuni, del lavoro e della democrazia compiuta, con le politiche anticrisi, a difesa dei profitti e della speculazione finanziaria», si legge nel comunicato finale prodotto dopo decine di interventi. Un'indicazione in sintonia con quanto sta già accadendo in periferia: da domani e ogni venerdì, fino al 15 ottobre, la società civile cosentina, ad esempio, manifesterà lungo Corso Mazzini e fino a Piazza dei Bruzi.
Il Coordinamento 15 ottobre, tuttavia, non è un social forum. Prevale, al momento, una versione piuttosto minimale, di servizio, con l'obiettivo di preparare una piazza grande e inclusiva ma che non scalfisce la polarità su cui l'esperienza nostrana sembra inchiodata, quella tra conflitto e sua rappresentazione. Una polarità tutta interna all'anomalia italiana (berlusconismo, bipolarismo, assenza di una opposizione politica, concertazione) in cui sono tutte da ricostruire la istituzioni di movimento e la rappresentanza politica dei soggetti conflittuali. Dunque il coordinamento curerà unitariamente la logistica e l'organizzazione della manifestazione nazionale di Roma e ne definirà le sue parti comuni. «Il suo obiettivo è favorire la massima inclusione, convergenza, convivenza e cooperazione delle molteplici e plurali forze sociali, reti, energie individuali e collettive che stanno preparando e prepareranno la mobilitazione con i propri appelli, le proprie alleanze, i propri contenuti. Ci impegniamo insieme a costruire una manifestazione partecipata, pacifica, inclusiva, plurale e di massa, il cui obiettivo è raccogliere e dare massimo spazio alla opposizione popolare, alle lotte e alle pratiche alternative diffuse nel nostro paese. Sarà una tappa della ripresa di spazio pubblico di mobilitazione permanente, come si sta realizzando in tutta Europa e nel Mediterraneo».
Nel fine settimana le singole realtà saranno occupate in vari appuntamenti: dalla Perugia-Assisi alla convention bolognese di San Precario fino alla kermesse di Uniti contro la crisi in un ex cinema romano occupato a San Lorenzo. Martedì prossimo, dalle 11 ancora all'Arci nazionale, il prossimo appuntamento per varare il titolo/slogan della manifestazione e l'arrivo del corteo che alcune reti preferibbero in una piazza più centrale. Funzioneranno una mailing list, un blog, la comunicazione virale sui social network.

Tratto da Liberazione.it

mercoledì 14 settembre 2011

Coalizione e beni comuni

Il risultato dei referendum, conferma la necessità di un cambiamento da tempo al centro della nostra elaborazione e proposta politica, che non divide ma accomuna. Ad Alessandria il 93,97% dei cittadini votanti ha deciso per abolire l’obbligo di privatizzare i servizi. Non solo acqua, ma anche trasporti, rifiuti, energia, educazione, formazione, cultura, insomma i beni comuni.
Il rilancio della gestione dei servizi, che devono rimanere in mani pubbliche e sul territorio, riconvertendo economie e professionalità, puntando su progetti innovativi e non su modelli bocciati tanto elettoralmente quanto culturalmente ed industrialmente. Dunque ogni proposta sensata di rilancio della città passa per la tutela dei beni comuni, acqua, energia, lavoro, trasporti non secondo le logiche di mercato, ma della Democrazia.
Occorre una discussione dal basso, scevra da recriminazioni o pregiudizi, in cui sviluppare e condividere un confronto politico e culturale che tenga conto dell’espressione referendaria, che lanci una campagna generale sui beni comuni, . Rifondazione Comunista è già stata protagonista presentando documenti in molti consigli comunali in provincia, ora queste battaglie devono essere condivise da un’unità sociale e politica.
Andrebbero superati i modelli di confronto politicista e per costruire un vero laboratorio in cui convergere esperienze dai lavoratori ai movimenti, alla politica, in un processo programmatico vero e proprio. Le forze che pensano di governare la città dovranno riformulare e comprendere la nuova agenda, sulla quale costruire una spinta di cambiamento profondo, di partecipazione e quindi di cammino democratico.
Il concetto di un “welfare diffuso” passa anche attraverso la gestione diretta e pubblica dei beni comuni. A questo proposito riteniamo doveroso, ribadire la necessità di utilizzare proporzionate risorse, per sostenere tutti i cittadini con particolare attenzione agli anziani ai disabili e ai minori. Siamo a conoscenza della gravissima situazione che molte famiglie con figli disabili devono sostenere a causa della politica nazionale e locale che non intende in alcun modo occuparsi delle famiglie e dei più deboli. Il Cissaca sta attendendo 8 milioni di euro dal Comune che ha proposto una rateizzazione del debito mai portata avanti. Le conseguenze sono state descritte in questi giorni dai volontari dell'Aias e dalle cooperative sociali, ed altre, meno conosciute sono ancora più drammatiche. I cittadini più fortunati hanno comunque il diritto di ottenere un'offerta adeguata e pubblica di servizi a domanda individuale, di qualità così come è sempre stato nella tradizione amministrativa di questa città che ha sempre vantato servizi di qualità superiore a quelli offerti dai privati. Questi servizi non dimentichiamocelo significano anche integrazione sociale, che sta alla base di una convivenza pacifica e non conflittuale dei cittadini. Esiste un bisogno di rilevante importanza circa i preadolescenti che non hanno luoghi e sostegno del loro camminino di crescita: la mancanza di prevenzione ed ascolto, la mancanza di un tempo accompagnato e guidato può voler significare un futuro incerto dal punto di vista della salute e dell'educazione, per i nostri figli e ingenti danni per tutta la nostra comunità.
Questa è una città malsana che necessita immediatamente un piano articolato per la tutela della salute dei cittadini e che sappia coniugare le necessità del lavoro con quelle della salvaguardia del territorio e del suo ecosistema, attraendo quelle aziende che investendo in ricerca, innovazione e responsabilità sociale sappiano offrire opportunità di lavoro qualificate e stabili e che investano sull'ambiente.
La politica deve definitivamente sganciarsi dai poteri finanziari e spesso al limite della legalità, mostrando alla città stili di vita sobri, passione per i cittadini e motivazione. Non possiamo più permetterci di farci fare “la festa” da oscuri imprenditori legati peraltro anche alla malavita organizzata. Fare politica nella nostra città non dovrà più essere “un posto di lavoro”ma una responsabilità precisa nei confronti della comunità.
La partecipazione dei cittadini alle decisioni amministrative non può più essere disattesa: esistono e vengono già praticati da altri comuni strumenti efficaci che permettono ad ogni singolo cittadino di esprimere il proprio parere sugli investimenti e sulle priorità da affrontare.
Questi sono per noi punti irrinunciabili per costruire un progetto di città e al contempo sostenere un candidato.

Circolo della Rifondazione Comunista di Alessandria - Federazione della Sinistra

mercoledì 7 settembre 2011

Rifondazione sullo sciopero

Il Partito della Rifondazione Comunista sostiene e partecipa in maniera convinta allo sciopero generale indetto dalla Cgil e dai sindacati di base per il giorno 6 settembre 2011.
Crediamo fortemente, nello strumento dello sciopero come mezzo democratico per ribadire la nostra totale contrarietà alla manovra iniqua e anti-popolare messa in atto dal governo delle destre, affine a Confindustria e ai poteri economici e finanziari delle banche. Riteniamo, questa, una manovra contro i lavoratori e non contro la crisi .L’idea che la manovra sia sbagliata ma sia sbagliato anche lottare per cambiarla è semplicemente una cosa senza senso, un’idiozia.
Per cambiare la manovra e per cacciare il governo occorre costruire la più forte mobilitazione sociale possibile.
Crediamo sia giunto il momento di dire basta e ribellarci prima che sia troppo tardi, perché la crisi non sia pagata dai lavoratori, dai pensionati, dalle casalinghe, dagli studenti, dai precari e dalle fasce più deboli.
Il Partito della Rifondazione Comunista avanza alcune proposte per una politica più vicina ai cittadini e che realmente risolva la crisi, tra cui, ad esempio, la tassa sui grandi patrimoni, al di sopra del milione di euro; la lotta all’evasione fiscale, facendo pagare per intero le tasse a chi ha usato lo scudo fiscale; riduzione a metà delle spese militari e gli stipendi a parlamentari e super managers; la restituzione dei finanziamenti pubblici da parte delle aziende che de localizzano e il blocco delle grandi opere inutili come la Tav e il ponte sullo Stretto.

Circolo della Rifondazione Comunista di Alessandria - Federazione della Sinistra

domenica 17 luglio 2011

COTA NON INTRODUCA I TICKET AI PIEMONTESI

La manovra che il Governo ha adottato incide pesantemente sull’intero sistema sanitario, sia per la riduzione dei trasferimenti alle Regioni sia per gli immediati oneri riversati sui cittadini attraverso la reintroduzione dei ticket sulle visite specialistiche e sui codici bianchi al Pronto Soccorso. Oneri che fino al 2010 venivano compensati con uno stanziamento finalizzato del ministero della Salute nell’accordo con la Conferenza delle Regioni.
L’iniquità del balzello da 10 euro è stata denunciata dal Presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani, ma come è stile delle relazioni tra Stato ed autonomie viene riversata sulle Regioni la facoltà della decisione sui tempi di introduzione del ticket, ovvero dal prossimo anno oppure fin dalla validità del decreto (probabilmente la prossima settimana). Nel caso di un rinvio le mancate entrate dovranno essere ristorate da uno stanziamento corrispondente del bilancio regionale: per il Piemonte - ai dati pubblicati sul Sole24Ore - ammonterebbe a 29,03 milioni di euro per il periodo agosto/dicembre 2011.
Verificato il pubblico impegno del Presidente Cota sulla riduzione dei tempi di attesa per le visite specialistiche e per la diagnostica e constatato l’annuncio reso a mezzo stampa in data odierna sul fatto che nel primo semestre del 2011 la spesa sanitaria sarebbe “per la prima volta sotto controllo”, non sussisterebbero motivazioni ostative a impegnare la Regione Piemonte nell’attutire le ricadute sulla propria popolazione della manovra nazionale in ambito sanitario.
Ci attendiamo pertanto che la Giunta Regionale provveda a breve termine ad adottare la delibera di copertura delle mancate entrate dai ticket sulle visite specialistiche al fine di consentire ai piemontesi di accedere alle prestazioni secondo le precedenti modalità.

Eleonora Artesio - Consigliere regionale PRC-FDS

venerdì 15 luglio 2011

UNA LETTERA APERTA AI MILITANTI DEL PD CASALESE E AL COMITATO CASALESE PER I BENI COMUNI

Senti che bel vento. E' questo lo slogan che campeggiava sui manifesti affissi dal PD dopo l'affermazione dei quesiti referendari. Un giusto giubilo mi son detto, anche perché ho pensato, con la mia innata ingenuità, che la parola raccogliesse non solo l'occasione di una “botta” al governo Berlusconi, ma anche il portato, il sentire generalizzato di un elettorato sempre più critico verso gli assunti liberisti.
Da semplice militante ho partecipato a Casale ai molti banchetti del comitato referendario (ora giustamente trasformato in comitato per i beni comuni) e ho registrato con favore, benché fosse confluita solo nell'ultimo periodo, la presenza di militanti del PD: un promettente allargamento della coscienza e della lotta per il “comune”, mi son detto. Siccome ho l'inveterata abitudine di “dare al meglio” le posizioni di tutti, persino quelle degli avversari politici, oggi intendo porre qualche domanda a quei militanti a seguito di ciò che sta accadendo in queste ora durante la drammatica discussione largamente bipartisan della manovra finanziaria nazionale.
I fatti: alcuni potenti settori del PD di diversa connotazione interna stanno chiedendo e ottenendo dal Governo una forte accelerazione della politica delle privatizzazioni. A esser messe sul mercato non saranno solo ENI, ENEL o Finmeccanica, ma anche le municipalizzate, senza toccare l'acqua perché forse pare brutto. In relazione al patto di stabilità i Comuni che venderanno per primi saranno premiati, chi vorrà resistere sarà penalizzato. L'operazione è attuata, con ogni evidenza, attraverso la completa sparizione del risultato di uno dei due referendum sui servizi ed è dimentica del fatto che per una misura similare abbiamo già pagato una salata sanzione a Bruxelles.
La concitata discussione parlamentare di queste ore sta dunque mettendo a punto il preciso rovesciamento dello spirito referendario e non so se e in che modo si potranno manifestare reazioni sufficientemente consistenti per fermare questa ennesima deriva verso il sommamente ideologico adagio : la gestione dei servizi, del “comune” è resa efficiente solo dal privato.
Ecco allora le domande ai militanti del PD che hanno attraversato in qualche modo la stagione referendaria. Pensate che il tema del “comune”, di una proprietà altra tra privato e Stato, sia una strada da percorrere di fronte a un'economia che sempre di più vuole estrarre valore (rendita) dall'appropriazione e dalla mercificazione di sfere decisive per il singolo e per la vita associata? Pensate che la sperimentazione dei beni comuni possa aiutare la crescita della libertà politica intesa come reale possibilità del cittadino di partecipare e contare nelle decisioni che disegnano i processi sociali? Credete o no che la recente vittoria dei referendum sull'acqua non possa essere relegata a uno snodo simbolico e che invece debba essere produttrice di un allargamento della sfera del “comune” fuori dal mercato? Le decisioni che alcuni settori del vostro partito stanno sostenendo con l'accordo governativo sono tese a disporre “on the market” anche, per fare alcuni esempi lampanti, il trasporto pubblico locale, i rifiuti, le farmacie comunali. Non sono forse anche questi servizi assimilabili alla revisione possibile della teoria e della pratica dei beni comuni? Infine: non credete che disattendere sostanzialmente e platealmente il risultato referendario sia anche politicamente dannoso e controproducente? In questi ultimi e travagliati mesi abbiamo assistito (creduto di assistere ?) a una promettente riconversione su due fronti. Da una parte i movimenti hanno provato a immettere nella loro azione una certa dose di “politica”, connettendo i diversi temi (beni comuni, nucleare, ecc.) in un orizzonte antiliberista in maturazione. Dall'altra è parso che anche la politica, pure in un sistema bipolare con l'orticaria per i rivolgimenti sociali, avesse riconosciuto, “socializzandosi”, il valore del lavoro sociale senza pretendere di sequestrare totalmente la rappresentanza. Non credete che tradire lo spirito referendario significhi ora condannare al fallimento questa “doppia possibile rinascita”? Che devono pensare gli elettori che vedono il loro voto così calpestato? Perché consegnare nuova e sempre maggiore linfa all'antipolitica, a movimenti populistico estremisti o, peggio, a gruppi della destra estrema?
Uno degli elementi più potenti che alimentano la disaffezione alla politica da anni è la crescente distanza tra il dire e il fare. Se ancora oggi siamo disponibili a far vincere la cosiddetta responsabilità strumentale, è perché riteniamo giusto o comunque praticabile l'atteggiamento di chi, prima di decidere politicamente, tiene accuratamente separati fatti e valori. Che ne pensate, cari militanti casalesi del PD?
Naturalmente non è a me che dovete risposte. Forse qualcuna la dovreste sostanziare dentro un rapporto di massa o almeno dentro la rete di relazioni che il Comitato casalese per i beni comuni garantisce. Quel che è certo è che “il bel vento” è già finito e temo ci si debba attrezzare per contrastare una allucinata “bonaccia” degna dei migliori film di Herzog.

Alberto Deambrogio - Rifondazione Comunista–FdS

martedì 28 giugno 2011

Solidarietà alla Val Di Susa

Quella di Lunedì è stata una brutta giornata. Una brutta giornata per la democrazia in questo strano paese, dove per alcuni la democrazia passa attraverso i manganelli e i lacrimogeni delle forze dell’ordine. Ribadiamo qui l’inutilità di un’opera faraonica da 12 miliardi di euro, che servirà a pochi e servirà soprattutto a chi ha forti interessi finanziari-economici nella sua costruzione. Una collusione tra i grandi signori del cemento e del tondino e tra i partiti che da loro sono finanziati, spesso e volentieri in maniera del tutto bipartisan. Il Partito della Rifondazione Comunista è stata sempre contro questo immenso spreco di risorse pubbliche (tra l’altro in un periodo di forte crisi economica e sociale), contro la cementificazione della Valle e contro chi vuole far passare sulla testa delle gente scelte prese altrove. In Italia bisognerebbe investire nelle ferrovie, ma non attraverso la costruzione di nuove linee AV, dal momento che si tratta di linee per il solo trasporto di passeggeri a lunga percorrenza, con prezzi tutt’altro cha popolari e che non permettono il trasporto delle merci (tra l’altro che senso avrebbe trasportare delle merci a 300Km/h?) Bisognerebbe investire nel trasporto dei pendolari, che ogni giorno prendono treni in condizioni indecorose e sovraffollati, e nel trasporto di merci su rotaia, per togliere finalmente i camion dalle nostre strade.
La lotta dei No Tav quindi non è solo la lotta di pochi, ma la lotta di tutti contro le logiche affaristiche che girano intorno alla grandi opere e contro la devastazione dei territori. E’ ora di schierarsi, non è più tempo di posizioni ambigue da parte di tutte le forze di vera sinistra, noi siamo e saremo sempre No Tav e contro l’uso della forza e della violenza per reprimere le giuste proteste delle persone.
Siamo pronti a mobilitarci anche qual ora qualcuno pensi di attuare le stesse logiche per la realizzazione di opere analoghe sul nostro territorio.

La segreteria provinciale di Alessandria del Partito della Rifondazione Comunista

martedì 14 giugno 2011

SOLO LA PARTECIPAZIONE PUO' GARANTIRE I DIRITTI, SOLO LA PARTECIPAZIONE PUO' GARANTIRE IL NOSTRO TERRITORIO E I SUOI ABITANTI

Per il Partito della Rifondazione Comunista (Federazione della Sinistra) di Alessandria oggi è una giornata di gioia e speranza: migliaia di cittadini hanno partecipato insieme a noi a questa lunga maratona per i diritti, per la vita e il suo ambiente e per la legalità: la vittoria del referendum rimette in discussione completamente i disegni e le pratiche politiche di coloro che in nome del profitto e del libero mercato hanno ormai da diverso tempo cercato di mettere le mani sui servizi pubblici locali di cui l'acqua è forse l'esempio più eclatante ma non l'unico ad essere messo sotto attacco.
La vicenda cittadina del futuro degli asili nido e dei suoi lavoratori riporta immediatamente alla ribalta un problema enorme legato ai diritti dei bambini, alla qualità dei servizi a loro rivolti e alle loro famiglie e più in generale ad un sistema di accoglienza dei bisogni diffusi che ad Alessandria sembra non avere più casa.
La vertenza che si è aperta tra le lavoratrici dei servizi educativi e l’Amministrazione Comunale non può e non deve essere ricondotta ad una banale difesa corporativa, come qualcuno sta cercando di fare al solo scopo di denigrarla e ridurla a semplice ed ordinaria bega sindacale. La precarizzazione del personale avvenuta negli ultimi anni, accompagnata dal blocco del turn-over ed ad un progressivo processo di esternalizzazione,l'aumento delle tariffe, non può non incidere sul rapporto educatrice-utente e quindi sulla qualità complessiva del servizio. In questa vertenza c’è sicuramente la difesa sacrosanta dei livelli occupazionali, della dignità delle lavoratrici ma c’è anche e soprattutto l’obiettivo di riconquistare una qualità nei servizi educati per la prima infanzia, messa a dura prova da anni di insensate politiche comunali. Per questo l’unica responsabile di tutti gli eventuali disservizi collegabili alle azioni di lotta che il personale metterà in essere è e resta questa amministrazione comunale. Questa vertenza, tuttavia, non può e non deve riguardare solo le lavoratrici ma allargarsi a tutte le famiglie interessate al servizio, saldando il fronte di lotta in difesa di una qualità che deve essere considerata un bene fondamentale da tutelare e preservare. Per quanto ci riguarda continueremo, come abbiamo fatto in tutti questi anni, a manifestare la nostra solidarietà ed il nostro incondizionato sostegno a questa lotta che è ascrivibile all'interno di tutte le lotte per i servizi pubblici locali e proponiamo all'Amministrazione Comunale una soluzione che non disponga in alcun modo la terzializzazione del servizio e che ne rispetti la pubblicizzazione.

La nostra visione di governo futuro della città non potrà non mettere in discussione la tendenza a far dipendere sempre di più il finanziamento degli investimenti in infrastrutture e servizi pubblici da capitali privati in una logica strettamente finanziaria e speculativa
Abbiamo espresso da sempre forte contrarietà a quelle forse politiche che imponevano la messa sul mercato dei servizi pubblici locali essenziali per la vita delle comunità quali il Trasporto Pubblico Locale, il Gas, i Rifiuti, l’Elettricità.
Quindici e più anni di politiche di aziendalizzazione, liberalizzazione, privatizzazione dei servizi di pubblica utilità, hanno dimostrato nei fatti di non mantenere le promesse: è peggiorata la qualità dei servizi, è aumentata la precarizzazione del lavoro e sono aumentate le tariffe.

Tale fallimento manifesta che la qualità, l’universalità e l’efficienza dei servizi può essere garantita solo da un maggior controllo e partecipazione nella gestione dei servizi stessi da parte dei cittadini, questo deve essere fortemente riportato al centro della discussione e forte deve essere l’impegno di ogni amministrazione di sinistra
Una materia così essenziale per il benessere delle comunità locali richiederebbe una discussione pubblica sul tema dei beni comuni e dei servizi pubblici che coinvolga gli amministratori e la comunità locali, le organizzazioni dei lavoratori e la cittadinanza tutta, questo abbiamo tentato di fare nelle nostre discussioni pubbliche ma ancora più attenta e determinata deve essere l’attenzione posta in questo momento cruciale, solo la partecipazione diretta dei cittadini può aiutare a garantire trasparenza ed efficienza dei servizi e solo con l'aiuto di tutti i cittadini potremmo ridisegnare un modello di città dove la qualità della vita, la sicurezza sociale e il lavoro siano garantiti per tutti.

Circolo di Rifondazione Comunista di Alessandria (Federazione della Sinistra)
Giorgio Barberis (consigliere comunale indipendente del PRC)

venerdì 10 giugno 2011

12 e 13 giugno, ogni voto può essere quello decisivo

Ci hanno provato in ogni modo (e ancora non desistono) a neutralizzare i referendum su acqua, nucleare e legittimo impedimento. Il timore che attraverso la democrazia diretta si ponga un argine al mantra liberista di quest'epoca voracemente proprietaria e predatoria si è trasformato in vero e proprio panico dopo il clamoroso risultato delle elezioni amministrative. Il governo le ha tentate davvero tutte: prima con il rifiuto di accorpare il voto amministrativo con quello referendario, poi con l'occultamento della posta in gioco e l'oscuramento mediatico utili a favorire disinformazione e disinteresse, quindi con il varo di una legge truffa che mentre provava a scippare la consultazione sul nucleare nascondeva sotto il tappeto l'intenzione di rilanciarne l'opzione, una volta "passata la nottata".
L'ultima carta rimasta nelle mani di Berlusconi e soci è ora quella di favorire la diserzione delle urne, di impedire che si raggiunga il quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto, vanificando così la consultazione popolare, prevedibilmente scontata nel suo esito. Sì, perché fra tante soperchierie che oscurano la nostra democrazia ve n'è una che ora si manifesta con evidenza solare: per governare questo paese con una maggioranza parlamentare schiacciante basta che un partito (o una coalizione di partiti) consegua un voto in più dei partiti (o delle coalizioni di partiti) concorrenti; ma una maggioranza dei cittadini, potenzialmente prossima a quella assoluta, può invece essere espropriata del proprio potere abrogativo, ove l'invito alla diserzione delle urne, sommata alla parte di astensionismo cronicizzato, non consenta di raggiungere il quorum nelle consultazioni referendarie.

Si capisce come in una situazione caratterizzata da un debordante monopolio mediatico i giochi siano presto fatti. Allora, fra le riforme del mostruoso sistema elettorale vigente ve n'è anche una che riguarda l'istituto referendario. Una riforma che si potrebbe declinare così: si aumenti il numero delle firme necessarie per indire un referendum e se ne renda valido l'esito quale che sia il numero di cittadini che si recano alle urne. Insomma, si affermi una salutare pedagogia della partecipazione al posto di un'istigazione all'indifferente desistenza.
Tornando a noi, Berlusconi, il Pdl ed ora anche il caporione leghista speculano sul sonno della parte più distratta dei cittadini, quella che munge dalla tivù e solo da quella tutto ciò che sa del mondo che la circonda.
E non è chi non veda come i cruciali temi oggetto del voto popolare siano tuttora tenuti deliberatamente sotto traccia, mentre i Comitati che hanno avuto un ruolo di gran lunga preponderante nella raccolta delle firme necessarie per l'indizione dei referendum sono esclusi dai talk show, a cominciare da quelli messi in onda dalle cosiddette televisioni "libere", le stesse che hanno dato così limpida prova di sé nel corso della campagna elettorale appena conclusasi.
Ecco dunque che in questi giorni, sino all'ultima ora disponibile, devono moltiplicarsi le iniziative, deve svilupparsi la campagna per i 4 sì. Una campagna da condursi casa per casa, affinché si estenda la consapevolezza dell'importanza dell'appuntamento del 12 e 13 giugno. Perché ogni voto può essere quello decisivo. Il tasso di cambiamento reale incorporato nei quesiti sottoposti al voto popolare è alto come in rare altre occasioni. Acqua pubblica e rifiuto del nucleare non rappresentano mere opzioni chiuse nel perimetro del modo di produzione capitalistico, ma alludono ad un vero e proprio "salto di paradigma", contribuiscono a fondare la percezione che il processo di riduzione a merce, in primo luogo dei beni comuni, per definizione inalienabili in quanto indispensabili alla vita, deve essere fermato. E indicano alla politica la strada maestra da seguire.
Partendo da qui, dalla maturazione e dalla conquista di un nuovo senso comune, si può arrivare davvero lontano.

Dino Greco - Direttore di Liberazione

giovedì 9 giugno 2011

AMIANTO: LA LEGGE REGIONALE 30/2008 VA APPLICATA. BOTTA (PDL) PROPONE DIVERSIVI E COPRE L'IGNAVIA DELLA GIUNTA COTA.

La stagione politica attuale, per chi ha lottato e lotta contro l'amianto, è veramente deprimente. Il disinteresse e la stagnazione la connotano, basta guardare alle difficoltà in cui versano i finanziamenti nazionali per le bonifiche, nonché al sostanziale binario morto su cui è parcheggiata la legge regionale 30/2008.
In merito a quest'ultima è recentemente intervenuto a mezzo stampa il consigliere del PDL Marco Botta annunciando una sua interrogazione, in cui egli sottolinea, tra l'altro, la non approvazione del nuovo Piano Regionale Amianto, la mancata convocazione del Comitato strategico e tecnico scientifico del centro Regionale Amianto di Casale.
Naturalmente ognuno è libero di utilizzare lo stile di azione politica che crede, ma è per me del tutto evidente che chi è parte organica di una maggioranza dovrebbe essere in grado di produrre risposte più che porre interrogativi. Botta si è chiesto personalmente qual'è la ragione per cui una buona legge sull'amianto, da lui pure votata, gode di così scarsa considerazione da parte della Giunta a guida Cota? Pensa che le cose non funzionino per uno scherzo cinico e baro del destino, oppure perchè siamo di fronte all'ignavia di questa amministrazione regionale?
A queste domande Botta non sa o, meglio, non vuole rispondere e invece preferisce creare immediatamente un diversivo. Egli sostiene infatti che per far funzionare i due Comitati a capo del Centro Amianto occorrerebbe diminuirne il numero dei componenti e far entrare, evidentemente con ruolo operativo-decisionale, le fondazioni private. Insomma i Comitati non funzionano non perchè non vengono convocati da più di un anno da chi di dovere, ma perchè sono pletorici. Ancora: essi sono inefficienti e solo l'innesto dei privati potrà recuperare dinamismo.
Chiedo a Botta: quali sono i membri dei Comitati che andrebbero giubilati? Quando i Comitati sono nati insieme al Centro Amianto di Casale si pensò di coinvolgere il meglio dal punto di vista scientifico e tecnico per dare risposte puntuali e verificabili costantemente. Si pensò anche che fosse giusto coinvolgere al massimo, in ossequio al sempre più bistrattato principio di partecipazione democratica, chi per anni aveva maturato esperienza nel campo della lotta ambientale e sociale alla fibra killer. Sono questi i principi che si vogliono indirettamente mettere in discussione? Con quali motivazioni?
Forse la motivazione è squisitamente ideologica. Nel proporre l'ingresso nei Comitati delle fondazioni private Botta rende omaggio a un principio più volte smentito dai fatti, ma sempre riproposto come una sorta di verità di fede: il pubblico è costitutivamente inefficiente, il privato è l'unico in grado di recuperare e mantenere efficienza. Già oggi il Centro Amianto può intrattenere relazioni con le fondazioni private, che dal loro canto possono svolgere una funzione complementare. Questo Botta dovrebbe saperlo, invece insiste per smontare un pezzo importante dell'architettura della legge 30/2008 in nome di un mirabolante “nuovo inizio”. A lui, come Consigliere di maggioranza, andrebbe chiesto più impegno nei confronti della Giunta affinchè la legge sia applicata in tutte le sue parti. Di fronte alle esigenze della popolazione casalese e piemontese, alle attese per cui anche un vero e serio impegno risulta quasi sempre insufficiente e criticabile, non servono davvero diversivi ed effetti speciali. A Botta, infine, consiglierei sommessamente prudenza nel rivendicare più efficienza attraverso il privato. Gli ultimi accadimenti che hanno interessato la gestione sanitaria piemontese parlano chiaro. Senza voler imporre una generalizzazione, occorre però riflettere attentamente sul fatto che il bene comune ha bisogno semmai di un di più di partecipazione democratica piuttosto che l'appalto diretto alla “tecnica privata”.

Alberto Deambrogio Rifondazione Comunista – FdS

giovedì 12 maggio 2011

Inaccettabili gli applausi tributati all'Amministratore delegato della Thyssen

Sono inaccettabili gli applausi tributati dall’Assemblea di Bergamo di Confindustria nei confronti dell’Amministratore Delegato della Thyssen Krupp per la condanna subita a seguito del processo per la morte di sette operai nel rogo dello stabilimento torinese.
Nei confronti dell’amministratore delegato della Thyssen è stata contestata l’accusa di omicidio volontario con “dolo eventuale”: in poche parole significa che nelle condizioni in cui si trovava la fabbrica era altamente probabile che si potesse verificare un grave incidente. Nonostante ciò i responsabili dello stabilimento non avrebbero adottato tutte le misure necessarie per evitarlo.
La platea di Confindustria quindi, avrebbe fatto meglio a riflettere sull’elevatissimo numero di incidenti – purtroppo anche mortali – che ancora si verificano nei luoghi di lavoro.
Il loro applauso ha rappresentato uno schiaffo morale per i sette morti della Thyssen, per i loro famigliari e per i moltissimi lavoratori vittime, pressoché quotidianamente, di incidenti sul lavoro.
Agli applausi di Confindustria hanno fatto eco le parole di esponenti leghisti di primo piano come il Ministro Calderoli e il Governatore Cota.
Entrambi hanno preso posizione (giustamente) contro l’applauso di Confindustria alla Dirigenza Thyssen e, addirittura, Calderoli si è spinto oltre affermando che ha trovato quel comportamento fuori luogo in quanto “la sicurezza sul lavoro è un problema vero che interessa tutti i lavoratori”.
Bene. Se così stanno le cose, i leghisti dovrebbero spiegare ai lavoratori per quale motivo appena insediatisi al Governo con Berlusconi hanno messo mano al Testo Unico sulla Sicurezza per soddisfare le insistenti richieste di Confindustria per “alleggerirne” la portata in difesa dei lavoratori.
Cioè: il Governo Berlusconi – Bossi ha pesantemente modificato la legge in materia di sicurezza sul lavoro peggiorandola in molti punti. Riducendo le difese dei lavoratori e sgravando i datori di lavoro di responsabilità e oneri. Esattamente come chiedeva la Confindustria.
Il cosiddetto “decreto correttivo”, passato con l’approvazione degli ubbidienti leghisti, ha modificato il concetto di responsabilità in capo al padrone sgravandolo di notevoli obblighi in materia di sicurezza; ha vanificato ogni seria sorveglianza sanitaria (con buona pace della lotta a tumori e malattie professionali); ha previsto che il documento di valutazione dei rischi (duvri) debba essere redatto dal padrone (cioè da chi dovrebbe essere controllato !!); ha ridotto l’area su cui è necessario il duvri; ha peggiorato ne norme di sicurezza in materia di appalti (dove accadono moltissimi incidenti); ha sostanzialmente reso molto difficile la nomina dei rappresentanti per la sicurezza a livello territoriale togliendo le risorse per la nomina.
Come al solito la Lega Nord fa l’esatto contrario di quanto proclama – soltanto a parole – per la difesa dei lavoratori.
Come li chiamava questi personaggi Sciascia ne “Il giorno della civetta” ?

Matteo Gaddi : Responsabile Nord di Rifondazione Comunista Partito della Rifondazione Comunista-FDS di Alessandria

domenica 1 maggio 2011

Presentazione del Libro "Pomigliano non si piega"

Lunedì 2 Maggio alle 21.00
presso la Camera del Lavoro
Via Cavour 27 Alessandria

presentazione del Libro
"POMIGLIANO
NON SI PIEGA"

venerdì 15 aprile 2011

martedì 5 aprile 2011

Assemblea pubblica a Novi Ligure "Unità per Novi"

C’E’ BISOGNO DI SINISTRA

C’E’ BISOGNO DI UNITA’

“UNITA’ PER NOVI”


UN’ESPERIENZA AMMINISTRATIVA,
DIVENTA PROPOSTA POLITICA E
CULTURALE.

Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Sinistra Ecologia e Libertà insieme per costruire “la casa della Sinistra”

Assemblea Pubblica
Venerdì 8 Aprile 2011 alle ore 21,00
presso il FORAL di Novi Ligure

lunedì 28 marzo 2011

Sulla Guerra in Libia

La risoluzione dell’Onu che ha autorizzato l’intervento militare in Libia, lungi dall'andare incontro alle aspirazioni di libertà e democrazia del popolo libico, ha come unico obiettivo l'impadronirsi delle ingenti risorse energetiche libiche.
Nonostante sia chiarissimo l’intento imperialista e neocolonialista della cosiddetta comunità internazionale, ci chiediamo come mai si consenta all'Arabia Saudita di inviare truppe per sedare le proteste nel vicino Bahrein, mentre si lasci il decennale presidente-dittatore yemenita Saleh sparare da giorni sulla folla che ne chiede le dimissioni. Si arriva al paradosso che la "petrolmonarchia" del Qatar, anch'essa impegnata nel reprimere le proteste del Bahrein con il suo esercito, ha allo stesso tempo annunciato che invierà i suoi aerei per la democrazia in Libia.
E ci chiediamo, inoltre, come mai la stessa apprensione democratica non venga esercitata nei confronti del popolo palestinese che da oltre 40 anni è sotto le bombe e l'aggressione israeliana e nei confronti d'Israele che non rispetta più di una risoluzione dell'Onu.

La verità è che sin dall'inizio Usa, Francia e Inghilterra si sono opposti a qualsiasi altro metodo di risoluzione pacifica del conflitto libico. Infatti, mentre la situazione in Libia precipitava, solo alcuni paesi progressisti dell'America latina hanno avanzato una proposta di mediazione, di soluzione politica del conflitto capace di scongiurare la guerra civile e l'intervento esterno armato.
In questa situazione paradossale, grave e imbarazzante è la posizione del Governo italiano: senza che ancora vi sia chiarezza sulla modalità di partecipazione dell'Italia alla missione di guerra, il governo appare solo preoccupato di far dimenticare il vergognoso trattato di amicizia Italia-Libia, le modalità con cui si è accolto il dittatore Gheddafi e di non perdere terreno rispetto agli interessi spartitori sul dopo-Gheddafi che muovono la missione. E ancora più paradossale appare - accanto ai nuovi "patrioti umanitari" del Pd e di tutto l'arco costituzionale - la posizione di componenti della sinistra, che aprono all'intervento militare e alla no fly zone in nome di un "saggio" interventismo democratico.
Di fronte a questa tragica situazione, riteniamo necessaria la più ampia mobilitazione per chiedere l’immediata cessazione delle azioni militari e la convocazione di una conferenza internazionale per la risoluzione pacifica del conflitto libico con tutte le parti in causa.
Il Prc-Fds è contro la guerra sempre - senza se e senza ma - e sostiene le lotte di liberazione di questi popoli ora e sempre (anche quando i governi occidentali sono amici dei dittatori); si oppone con forza all'intervento militare e all'uso delle basi sul nostro territorio nel rispetto dello spirito dell'art. 11 della Costituzione.

«Invitiamo le forze democratiche e pacifiste a intraprendere iniziative di lotta e sensibilizzazione a partire anche dalla nostra città»

La Federazione Provinciale del Partito della Rifondazione Comunista - FdS di Alessandria

venerdì 25 marzo 2011

Sull'ospedale di Tortona ci siamo astenuti, non abbiamo votato contro

Siamo assolutamente d'accordo sulla necessità di tutela del presidio ospedaliero, ma il contenuto della mozione consiste in dichiarazioni d'intenti generiche, senza impegni concreti, che non mettono affatto in discussione le linee politiche del Piano Sanitario Regionale, e che fanno peraltro a pugni con la realtà concreta del Piano di Rientro (atto ufficiale della Giunta Cota), già approvato in Regione ed operativo: Piano che si traduce, nei fatti, in tagli all'assistenza integrativa(-2,5 milioni di euro in provincia), dai pannoloni (singolare che il capogruppo Pdl presenti un'interpellanza in merito ai disagi degli anziani in coda per ore..la riorganizzazione è frutto del Piano di Rientro voluto dalla Giunta Cota e dal Pdl di cui egli stesso fa parte...!), alle protesi (-20 milioni di euro), alle forniture per diabetici...tagli anche sui farmaci oncologici ospedalieri di ultima generazione, rischio declassamento Dea e Pronto Soccorso( non è stato abolito, solo momentaneamente congelato) e diminuzione personale medico in Guardia Medica e sulle autoambulanze, tagli al personale... Per non parlare delle"cure intermedie": chi, dopo un problema acuto, non sia ancora indipendente, verrà trattenuto in una clinica o in una struttura convenzionata dove ,dal 10° giorno pagherà 15 euro al giorno e dal 40° la metà del costo dell'intera degenza..e chi non potrà permetterselo?!

La salute è un diritto di tutti, non deve esser legata al reddito. Il Piano di Rientro è già operativo e "attua lo scorporo degli ospedali dalla gestione diretta delle ASL"(DGR 51 del 29/12/2010), perciò non girino le destre per i territori dicendo che è ancora tutto da decidere e che la classificazione(di riferimento, di raccordo e di contiguità) verrà discussa coi Sindaci, operatori sanitari e cittadini. Questo non è un Piano socio-assistenziale, ma nasce dalla smania di riorganizzare i territori secondo un unico criterio, quello della spartizione dei poteri, come dimostrano le recenti nomine dei direttori generali/commissari.

Le conseguenze sono tagli ai servizi (non agli sprechi!), raddoppio delle liste di attesa per disabili e non autosufficienti, aggravio dei disagi per i malati cronici. Si dica chiaramente che ci si opporrà con qualsiasi mezzo all'attuazione del Piano di Rientro(concordato dalla Giunta Cota col Governo nazionale per ripianare il buco in bilancio 2004, prodotto dall'allora Governo Regionale di centrodestra!), che lo si rigetta.
Questo non è stato fatto, anzi un consigliere della Lega ha lodato il Piano regionale nel suo intervento...da parte del Pd locale, miopìa politica e l'ennesima stampella al Pdl in difficoltà, da parte del Pdl e della Lega, si tratta di un doppio gioco non accettabile: o si sta con Cota ed i tagli della sua Giunta, o con i cittadini e gli operatori sanitari a difesa dell'ospedale..la terza via non esiste, è solo un'operazione di facciata. E i cittadini se ne accorgeranno, molto presto.

Il Partito della Rifondazione Comunista di Tortona

domenica 20 marzo 2011

A la guerre, à la guerre!

La tregua? Ci fosse davvero, oppure no, poco importa: non si voleva sentire, non si voleva verificare. E non lo si è fatto. La cosiddetta comunità internazionale, l'Onu con la sua sbrigativa risoluzione, gli Stati Uniti alla ricerca di una leadership appannata, la coalizione anglofrancese che senza percezione del grottesco si definisce dei «volenterosi», avevano già deciso. Comunque. Sarà guerra, deve esserlo. La no fly zone, la missione mirata - «umanitaria», of course - per proteggere la popolazione civile è una foglia di fico che non può nascondere più nulla. L'obiettivo, ormai dichiarato, è quello di abbattere Gheddafi. La missione diplomatica internazionale, che ancora in queste ore potrebbe essere tentata, per allargare a forza e tenere vive possibilità di dialogo fra le forze in conflitto prima che la situazione divenga irreversibile, non è neppure una peregrina ipotesi. Non lo è mai stata. Pressapochismo delle classi dirigenti europee, velleità neocolonialiste, crudi interessi e cattiva coscienza fanno pendere la bilancia dalla parte di un intervento armato che non avrà, come è evidente, né freni militari, né confini politici.
Come scriveva ieri, su La Repubblica, Guido Rampoldi, «bombarderanno, bombarderemo, senza avere un disegno chiaro, una nitidia prospettiva di quel che sarà e di quel che vogliamo che sia».
Sospinta da sciagurato entusiasmo bipartisan, o da conclamato cinismo, l'Italia si accinge a partecipare di nuovo, da comprimaria, ad una guerra. E poiché l'irruzione delle armi accelera vorticosamente tutti i processi e libera anche le parole, ecco ridefinirsi in corsa l'obiettivo. «Guerra al tiranno, un intervento per giusta causa», titola Il Riformista. Per il Giornale, invece, la "giusta causa" è un'altra e il quotidiano della famiglia Berlusconi la rivela senza mezzi termini: l'Italia deve sparare perché le conviene. E' «una scelta necessaria per mantenere il nostro ruolo in Europa», ammonisce Alessandro Sallusti, che aggiunge: «non possiamo lasciare che Sarkozy e soci mettano mano da soli sulla Libia, sui nostri interessi economici e sulle nostre strategie politiche». Et voilà, ecco la verità squadernata con lugubre, spietata chiarezza. Insomma, il coinvolgimento dell'Italia nel conflitto serve per poi potersi sedere con qualche titolo di credito al tavolo (spartitorio) della pace. L'Unità, invece, in guerra ci va ma, beninteso, «col cuore gonfio» e Concita De Gregorio ci ricorda mestamente come «da sessantasei anni non siamo mai stati così vicini dall'essere un paese in guerra», dimenticando - potenza della rimozione - che la Costituzione ce la siamo gettata dietro le spalle già nella guerra del Golfo, in Iraq, in Afghanistan, e quando, una decina di anni fa, i nostri piloti parteciparono al bombardamento di una capitale europea, Belgrado, in un'impresa, anch'essa rigorosamente umanitaria, che Massimo D'Alema qualificò come una «straordinaria esperienza umana e professionale».
Eccoci dunque, di nuovo, tutti avvinti alla nobile causa della difesa dei diritti umani, pronti a raccogliere l'anelito alla libertà dei popoli oppressi. Dove conviene, è ovvio. Quando lo sguardo si allarga al mondo diventa subito strabico e intermittente e la passione per l'altrui libertà più elastica e volatile.
Si scopre allora che le satrapìe si possono combattere o sostenere, con ineffabile disinvoltura, alla bisogna, secondo il tempo e le circostanze; il massacro dei civili lo si può fermare oppure praticare in proprio, come «effetto collaterale» o «contingente necessità», o «male minore»; le risoluzioni dell'Onu, poi, sono come la pelle delle palle: si possono tirare da tutte le parti, si possono applicare con scrupolosa solerzia oppure ignorare del tutto, come ci ricorda la drammatica segregazione cui è costretto il popolo palestinese.
Non ci convincono, i mercanti di guerra, quando declinano ogni responsabilità politica e non tentano - qui ed ora - di imporre una soluzione pacifica che, si può esserne certi, non verrà dalle bombe. E provoca un senso di pena l'ipocrisia di quel mondo vagamente progressista, Pd in testa, che, praticando l'autofrode, ormai sostiene senza batter ciglio ogni avventura militare, fingendo che da lì passi la conquista della democrazia.

Dino Greco - Tratto da Liberazione.it

mercoledì 16 marzo 2011

La sicurezza, molti proclami, nessuna garanzia.

Il tema della sicurezza è senza ombra di dubbio sempre attuale per chi cerca un argomento da cavalcare. Il farsi paladino della sicurezza dei propri concittadini è sempre una garanzia d'immagine, vedere svolazzare sui tetti di Alessandria, sopra la nebbia e le polveri sottili, un improbabile Capitan Padania a fianco dell'Uomo Ragno, di Superman e di Batman, per qualcuno è una promessa da far credere realizzabile. La questione appare decisamente strana se si considera che chi denuncia la mancanza di sicurezza per le nostre strade è al governo locale e nazionale quasi ininterrottamente da circa un ventennio. Prendo atto quindi che la Lega Nord sta portando avanti una forma di autocritica sui risultati scarsi dei provvedimenti adottati, in materia di sicurezza, dai governi a cui fino ad oggi ha partecipato.
Una cosa altrettanto strana è come vengono mosse accuse di buonismo agli esponenti della sinistra estrema, strano, siamo sempre stati accusati di essere antidemocratici, guardiani dei Gulag, assassini spietati dalle facili esecuzioni sommarie con colpo alla nuca, stupratori, mangiatori di bambini, uccisori di preti, e via all'infinito...
Questa rivalutazione, in senso evangelico, sul giudizio delle nostre posizioni è davvero lusinghiera. I migranti sono imbarcati sulle carrette del mare dal capitalismo globalizzato, o meglio dagli effetti del suo fallimento. Noi non abbiamo partecipato alla beatificazione del nostro dirimpettaio, ne di altri come lui. La persona che compie un reato deve essere perseguita, se si tratta di straniero ciò non deve comportare aggravante , ne attenuante, il reato è fine a se stesso. Questa è un'analisi in senso logico della giustizia, senza cavalcare ipocritamente in senso populista ed elettorale l'argomento, non si chiama buonismo. La sicurezza ha anche altri aspetti, la sicurezza di avere un futuro, non troppo tormentato, con la garanzia di un lavoro decente. La sicurezza sul posto di lavoro stesso, in modo da non divenire un invalido od un defunto. La sicurezza del bene pubblico, l'etica nella pubblica amministrazione può garantirmi di non sprecare risorse, più utili per i servizi ai cittadini piuttosto che pagare inutili consulenze e rimborsi da capogiro, od andare a concretizzare idee fallimentari(per la comunità, non per qualcuno), come demolire un ponte al solo fine di giustificare un proprio errore progettuale del passato, come altro errore fu l'individuazione, da parte del sindaco Francesca Calvo, di piazza S. Maria di Castello come sito per le case ATC, oggi ne rileviamo le conseguenze. Alla disattenta Lega Nord cittadina faccio notare che il capogruppo del Partito della Rifondazione Comunista qualche mese fa aveva portato all'attenzione del consiglio comunale una protesta degli agenti della polizia penitenziaria del carcere di piazza Soria, per la situazione esplosiva dell'istituto a causa del sovraffollamento della struttura e della carenza di personale e risorse, come denunciato da un documento sindacale degli agenti. Un'amministrazione deve rendersi conto della bomba ad orologeria che si trova all'interno della città, ed è suo dovere farsene portavoce verso il governo centrale che deve provvedere al più presto. Per voi è senza dubbio più necessario lanciare proclami e nuotare nel mugugno di popolo, senza poi concretizzare nulla.
Saluti a pugno chiuso

Massimo Orero - Segretario Circolo PRC-FdS di Alessandria

martedì 15 marzo 2011

SANITA’: TAGLI E RISCHI, INCONTRO CON ELEONORA ARTESIO CONSIGLIERA REGIONALE PRC-FdS

Venerdì 11 marzo si è tenuto in una Sala Romita piena di cittadini ed operatori sanitari, l’incontro organizzato da Rifondazione con l’ex Assessora Regionale alla Sanità nella Giunta Bresso, Eleonora Artesio.
La Consigliera Reg.le del Prc-Fed. della Sinistra ha illustrato i punti focali di quello che a tutt’oggi è l’unico vero atto ufficiale e già approvato in Regione in merito di Sanità: il Piano di Rientro, fatto per risanare il buco in Bilancio 2004,prodotto dal centro-destra, che allora governava la Regione.
La Regione Piemonte volge alla riorganizzazione del 118, delle continuità assistenziali e delle strutture del Dea e Pronto Soccorso: dietro le parole si nascondono progetti insidiosi, vediamoli con più chiarezza.
Le ambulanze potrebbero veder ridotta la presenza dei medici, potrebbe esser ridotta anche la presenza della Guardia Medica, mentre Dea e Pronto Soccorso verranno valutati in tutta la Regione per numero di passaggi, secondo criteri aziendali e non qualitativi, rischiando così un declassamento pericoloso che potrebbe portare alla riduzione dei servizi, così come si potrebbe rischiare di non avere più laboratori analisi o reparti di radiologia funzionanti 24 ore su 24.
In merito al personale, potrebbero essere circa 1600 i posti in meno in Regione; per l’assistenza integrativa in provincia potrebbero esservi circa 2,5 milioni di euro in meno, a danno di disabili e non autosufficienti, in termini di pannoloni,presidi per diabetici e protesi (circa 20 milioni di euro in meno per le protesi).
Previsti inoltre tagli ai posti letto post-acuzie, circa 1300 in Regione: qui quanti saranno?
Vengono introdotte le “cure intermedie”, ovvero chi dopo un problema acuto non sia ancora indipendente, verrà trattenuto in una struttura (clinica o struttura convenzionata , non è chiaro) dove dopo il decimo giorno dovrà pagare una quota e dal trentesimo in poi, la metà dell’intero costo di degenza. E chi non potrà permetterselo?!
Addirittura la Regione Piemonte prevede di risparmiare là dove le altre Regioni sforano, ovvero i farmaci ospedalieri oncologici di ultima generazione.
Tali dati si ricavano dall’esame del Piano di Rientro e sono tutti verificabili sul sito della Regione, esaminando i documenti approvati. Essi sono già di per sé allarmanti, lo diventano ulteriormente in quanto accompagnati da un Comunicato Stampa dell’11 marzo in cui il Presidente Cota minaccia di agire per vie penali nei confronti di “chi diffonde dati falsi sulla Sanità” (la Consigliera Artesio? il Sindacato?) e dalla pesante assenza, l’altra sera al dibattito, del Sindaco Berutti e della maggioranza, invitati tutti ma tutti assenti.
Peccato, hanno perso un’ottima occasione per confrontarsi con i cittadini e con gli operatori sanitari,presenti in gran numero, e con i dati - oggettivi, documentati, non discutibili - forniti da Eleonora Artesio. Del resto, capiamo l’imbarazzo di chi appartiene a quelle forze politiche, Lega e Pdl, che in Regione e a Roma tagliano i servizi, mentre in loco si fingono paladine del territorio…Che abbiano il coraggio del confronto, e quello di schierarsi, se necessario – e crediamo lo sia- a difesa dell’ospedale e dei cittadini, anche in opposizione alla propria parte politica. Per parte nostra, continueremo a diffondere i dati il più possibile, e a partecipare alla mobilitazione dei cittadini e degli operatori sanitari, sostenendola in ogni modo e auspicando che così facciano pure i sindaci del tortonese: la salute è un diritto di tutti e non dipende dal reddito.

Circolo del Partito della Rifondazione Comunista-FdS di TortonaGiustifica

venerdì 11 marzo 2011

Documento della Segreteria Provinciale

La segreteria provinciale del partito della Rifondazione Comunista ritiene che la mini scissione dei compagni dell’Ernesto oltre ad essere numericamente inconsistente a livello nazionale, dal punto di vista delle motivazione risulta essere scarsamente credibile. Risulta infatti del tutto inadeguata l’idea di uscire dal PRC, quindi realizzando di fatto un ulteriore scissione, aderendo al PdCI per ricostruire un partito comunista. E’ chiaro infatti che in questo paese un’opzione comunista e della sinistra di alternativa si deve andare ricostruendo attraverso una proposta politica chiara e coerente, che esprima capacità di innovazione e di connessione sociale con le lotte sociali nel paese.
La strada degli esasperati tatticismi e dei ripiegamenti puramente identitari, senza un adeguata pratica quotidiana, non porta da nessuna parte.
Inoltre è palese come il progetto dei compagni fuoriusciti dal nostro partito sia in conflitto e concorrente con il progetto della Federazione della Sinistra, in quando, oltre a creare non pochi possibili motivi di attrito tra le due maggiori forze politiche che ne fanno parte, rischia di minarne profondamente la credibilità.
Rimane maestra la strada di una vera “rifondazione” del pensiero e della pratica comunista sulla quale tutti possano riconoscersi e confluire, senza la tentazione di unificazioni accelerate, che non farebbero altro che causare ulteriori allontanamenti e scissioni.
Ripartiamo quindi da effettiva proposta politica, costruita nella pratica quotidiana e nel ri-radicamento del partito, con la costruzione di dibattiti e iniziative sul territorio, come quelle di Alessandria, Ovada e Tortona sulla Sanità o quella sul Lavoro a Novi Ligure costruite in collaborazione tra i circoli territoriali e le federazione provinciale e dove presenti con i compagni della Federazione della Sinistra.
In questo percorso si inserisce anche la necessità di ricreare un nucleo operativo di compagni ad Acqui Terme, anche in prospettiva della amministrative del prossimo anno, che porti un significativo contributo di idee e proposte all’interno della Federazione della Sinistra acquese.

La segreteria provinciale di Alessandria del Partito della Rifondazione Comunista di Alessandria
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giovedì 10 marzo 2011

A DIFESA DELLA COSTITUZIONE



Presidio a Valenza in Piazzetta Verdi
Sabato 12 Marzo dalle 10.00

mercoledì 9 marzo 2011

Un partito tra scelte e tentazioni

Un marxista, in specie comunista,dovrebbe aver ben presente che vivendo in una società capitalista (in declino) il suo ruolo di seguace di un ideologia, denigrata, che non ha manifeste applicazioni nell'attuale, deve essere quello di una formica che scava dentro un muro molto spesso e che cerca faticosamente la via tra i mattoni.
Le formiche che scavano per aver un buon risultato, devono essere il più possibile e la direzione degli scavi deve essere la stessa.
Lo scrivente non crede certo di vedere sorgere entro la sua vita un mondo nuovo, dove il senso dell'equità sia diffuso su tutto il pianeta, però deve essere fatto in modo che l'ideologia seguita abbracci un concetto di globalizzazione (L'Internazionale non è forse questo?), percorso fallito per il capitalismo delle borse, dei titoli fantasma.
Il Partito Comunista italiano era il più grande partito Comunista Europeo, con pregi e difetti, con un ruolo nazionale di opposizione che faceva governo.
Questo Partito non era stato eliminato neppure dal fascismo, anzi negli anni della clandestinità si lavorò alacremente, il Partito Comunista Italiano venne chiuso dai suoi funzionari stipendiati e dai suoi parlamentari, tradendo il mandato di popolo.
Quando nacque Rifondazione Comunista il concetto progettuale andava oltre alla testimonianza, si voleva "rifondare" un partito partendo da una visione depurata da situazioni pregresse, cominciare a far tesoro della eredità buona e liberarsi del resto.
Il risultato di consenso fu buono da subito, certo distante dai risultati di partito di massa, ma dignitoso.
Un vero peccato che ben presto, in prossimità di alcune tornate elettorali, o situazioni di grandi scelte di percorso, venne ad innescarsi l'auto-referenzialità di funzionari, parlamentari, assessori, consiglieri comunali nominati nei consigli di amministrazione di enti, leader in cerca di gruppo da guidare,
In ordine cronologico:Comunisti Unitari,Comunisti Italiani,Sinistra Ecologia Libertà e non ultimi i compagni dell'Ernesto. Di taglio diverso è la situazione dei compagni che hanno seguito Ferrando e Turigliatto.
Il Partito Comunista deve a mio avviso, lavorare per avere un rapporto dignitoso di confronto con il centrosinistra al solo fine di battere le destre; esaurita questa fase, porsi in posizione autonoma, questo al fine di essere forza critica verso le destre e riformismo al tempo stesso.
Soltanto non ponendosi in una posizione governativa subalterna e quasi sicuramente contraddittoria al nostro pensiero, può esserci un risultato concreto.
Le situazioni che di volta in volta si potrebbero presentare andrebbero quindi affrontate con piùà serenità e logica. n
Nelle amministrazioni locali le cose potrebbero avere una diversa impostazione, dato che i compagni devono rispondere alle esigenze territoriali in maniera più diretta. Il coinvolgimento nei governi locali non deve poter portare a zero l'impegno di influenzare le scelte amministrative in senso marxista, per quanto possibile.
Importante è portare la politica del partito nelle amministrazioni, e non la politica dei membri di una giunta nelle sezioni del PRC.
La dimostrazione la abbiamo avuta più volte, sia a livello nazionale che locale, appena il partito prende una posizione non in linea con il grande alleato (nei tempi PDS, DS o PD) che ricopre una carica, molto frequentemente viene illuminato dal senso di responsabilità, esce dal partito, entra subito nella famiglia del grande alleato, o fonda un ulteriore gruppo, per poi accedere in seguito con buone referenze al gruppo dirigente di più quotata formazione.
I valori che ci hanno lasciato in eredità chi ha fatto la guerra di Liberazione non vanno solo commemorati ma applicati.
La voglia di essere l'ancella preferita dal re ha fatto perdere troppi bravi compagni,i mpegnati sempre di più a proporsi all'infinito, senza per altro portare nulla di concreto ai poveri terrestri. Nella probabilità che si arrivi alle elezioni nazionali e si identifichi un leader che sia tale, non certo di stampo "Veltroniano"o peggio "Rutelliano"e non un guru, si spera.
Peccato che i più giovani non abbiano il conforto del rimpianto (scusatemi l'ossimoro) della prima Repubblica.

Scaviamo come tante formiche nel muro,non accontentiamoci del rifugio di un buco già fatto!

Saluti a pugno chiuso.
Massimo Orero (Segretario Circolo PRC-FdS di Alessandria)

martedì 8 marzo 2011

NON E' TUTTA SPAZZATURA

Raphael Rossi testimone di giustizia per una pubblica amministrazione pulita e al servizio dei cittadini.

Ne parliamo ad ALESSANDRIA Mercoledì 16 MARZO
presso la sede della circoscrizione centro in via Venezia 7
alle 21.00

Partecipano al Dibattito

RAPHAEL ROSSI (PRC-FdS)
professionista specializzato nella progettazione di sistemi per la raccolta differenziata
MONICA CERUTTI (SEL)
consigliere regionale

Presenta:
GIORGIO BARBERIS
consigliere comunale



lunedì 7 marzo 2011

Uno sciopero inadeguato

La decisione della Cgil di convocare uno sciopero generale di 4 ore per il 6 maggio è un primo risultato ma del tutto inadeguato. Si badi, la nostra non è una critica massimalista di chi fa sempre il “più uno”. Sappiamo benissimo che la decisione della Cgil di convocare uno sciopero generale da sola è cosa rilevante, ma il problema è proprio qui. Dentro una gestione della crisi tutta in chiave antioperaia, di fronte ad un attacco pesantissimo di governo e padronato, di fronte alla divisione del fronte sindacale, come si fa a costruire i rapporti di forza necessari a contrastare efficacemente l’attacco e ad unificare i lavoratori? L’attacco che è in corso non è cosa di poco conto: mette in discussione l’esistenza del sindacato come organizzazione autonoma di classe. Non è un attacco relegato alle manie di Marchionne: il suo modello è in corso di estensione in vari settori ed è stato fatto proprio dalla Marcegaglia. In concreto il tentativo è quello di demolire la Cgil o normalizzandola o conducendola all’impotenza. Di fronte ad un attacco di questo tipo le mezze misure – e lo sciopero di 4 ore tra due mesi è una mezza misura - sono del tutto inefficaci perché non permettono di utilizzare tutta la forza che ha il movimento operaio. Per sconfiggere l’offensiva padronale occorre costruire entusiasmo, suscitare passioni, far sentire ai lavoratori e alle lavoratrici che il loro sindacato gioca la partita fino in fondo. Come seppe fare Cofferati sulla vicenda dell’articolo 18. La decisione di oggi non determinerà questo clima in questo sta tutta la sua inadeguatezza.

Per quanto ci riguarda, in primo luogo occorre operare affinché lo sciopero del 6 maggio diventi uno sciopero di 8 ore contro governo e Confindustria. Già alcune categorie si stanno pronunciando in tal senso, occorre determinare le condizioni affinché questo diventi l’orientamento generale.

In secondo luogo occorre riempire di iniziativa politica e sociale questi due mesi. Non è solo un problema sindacale ma politico. Nell’assenza di qualsiasi riposta ai nostri appelli per la costruzione di una mobilitazione politica unitaria si misura tutta l’inconsistenza dell’opposizione, parlamentare e non. Si tratta di fare un salto di qualità segnando le varie mobilitazioni, a partire dallo sciopero generale dei sindacati di base dell’11 e dalla mobilitazione del 12, con una idea chiara: l’avversario non è solo Berlusconi ma la gestione capitalistica della crisi, l’accoppiata governo Confindustria. In secondo luogo producendo direttamente una campagna di massa sulle questioni sociali, con l’obiettivo di aggregare tutte le forze disponibili a battersi sul serio, anche con la convocazione di una manifestazione nazionale.

Paolo Ferrero - Segretario Nazionale PRC-FdS

mercoledì 2 marzo 2011

TAGLI ALLA SANITA', INCONTRO CON ELEONORA ARTESIO A TORTONA

Tagli alla Sanità
Quali conseguenze per l'ospedale di Tortona?
Ne discutiamo con Eleonora Artesio, consigliere regionale PRC-FdS ed ex assessore regionale alla sanità.

Dibattito ed Assemblea pubblica
Sala Romita del Comune di Tortona in Corso Alessandria 62
Venerdì 11 Marzo alle ore 21.00

Sono invitati a partecipare tutti i cittadini, gli amministratori e gli operatori sanitari.

Organizza il circolodi Rifondazione Comunista di Tortona


sabato 26 febbraio 2011

INTERROGAZIONE SULLO STATO DELLE INIZIATIVE PER LA BONIFICA AMIANTO AL TEATRO COMUNALE DI ALESSANDRIA- ASL E REGIONE SI COSTITUISCANO PARTE CIVILE

La Capogruppo Regionale della Federazione della Sinistra Eleonora Artesio ha presentato un’interrogazione sullabonifica amianto al teatro comunale di Alessandria:

“Aprescindere dagli aspetti concernenti le modalità di affidamento dei lavoridi bonifica del Teatro Comunale di Alessandria. sui quali è in corso unaindagine giudiziaria, si pone la questione delle tecniche adottate dalladitta incaricata sulla rimozione e sullo stoccaggio del materiale rimosso”.

“È cronaca che le valutazioni dell’Aslabbiano confutato le perizie adottate dall’impresa dimostrando che lepolveri persistenti negli ambienti del teatro era amianto, dando aditoa una nuova disposizione di bonifica e alla interruzione delle attivitàdel Teatro”.

“Nel frattempo il personale presente risultain qualità di “esposto” nei programmi di sorveglianza sanitaria dell’ASL”.

“Per queste ragioni si interroga la Giuntaregionale per conoscere:
- lo stato delle iniziative, di competenzaregionale e dell’ASL;
- la valutazione sull’opportunità di costituzionedi parte civile dell’ASL e della Regione, come avvenuto in analoghe seppurpiù estese situazioni, ai fini di risarcimento dei danni arrecati allasalute pubblica e dei costi indotti al sistema sanitario”.

Torino, 23 febbraio 2011

mercoledì 23 febbraio 2011

SPEZZATINO SANITÀ: 35 MILIONI DI TAGLI SUL PERSONALE (ALMENO 700 UNITÀ), ALTRI 35 SUI FARMACI (TRA CUI GLI ONCOLOGICI)

Il piano di rientro sottoscritto con i Ministeri non è ancora stato distribuito ai consiglieri regionali in violazione di ogni diritto di accesso agli atti sancito dallo Statuto e dal Regolamento della Regione. Il fatto è grave dal punto di vista del rispetto delle regole, ancora più grave per la materia cui si applica, ovvero la politica sanitaria. Qualche anticipazione è stata fornita in commissione stamane dall’assessore Ferrero e dall’Ing. Monferino che intanto hanno annunciato 160 delibere di applicazione del futuro piano il cui contenuto pare essere riconducibile a 4 macro aree.

La prima, la più stringente, riguarda la spesa per il personale: nel 2010 si sono spesi 2.980 milioni, per il 2011 il piano di rientro prevede l’importo di 2.945 milioni. Possiamo quindi stimare approssimativamente, tra incarichi non rinnovati e turn-over non sostituito, un taglio di almeno 700 unità.

La seconda riguarda l’acquisto di beni e servizi sul quale si prevede un risparmio di 15 milioni rispetto al consuntivo 2010 di 1.365 milioni. La riduzione consegue dagli esiti degli acquisti sovra-zonali già avviati dalla precedente amministrazione e che, a scadenza dei diversi contratti, iniziano a evidenziare qualche risultato. La novità più rilevante è l’annuncio di una riorganizzazione della logistica attraverso i magazzini sovra-zonali. In proposito esisteva già uno studio di fattibilità redatto dal Politecnico di Torino. Occorre sempre dimostrare il mantenimento dell’efficacia e il contenimento dei costi tra l’attuale rete di magazzini e quella futura, che non potrà che prevedere costi di trasporto per l’approvvigionamento tempestivo alle strutture di degenza e ai servizi di farmacie.

Sulla farmaceutica la stretta è analoga a quella sul personale: meno 35 milioni (1.380 milioni spesi nel 2010). La parola magica è appropriatezza. Il principio è condivisibile, maggiori perplessità insorgono rispetto agli esempi portati in discussione: si è sostenuto da parte dell’amministrazione che in oncologia, sulla base delle verifiche effettuate presso Candiolo e presso le Molinette, risulterebbe una inappropriatezza per il 25% dei farmaci oncologici. Occorrerebbe interpellare gli specialisti per articolare un giudizio; certamente se non si ricorre ai farmaci innovativi il risparmio è assicurato, ma sembrerebbe auspicabile che i professionisti particolarmente di questa disciplina sappiano valutare l’efficacia e l’opportunità della loro somministrazione. Sembra quindi eccessivo il giudizio di inappropriatezza e ci si augura che in realtà non si trasformi nella mancata autorizzazione all’acquisto dei farmaci più costosi.

L’ultima area riguarda i contratti con gli erogatori privati, per cui si prevede di ridurre del 5% il budget effettuando un risparmio di 40 milioni rispetto al 2010 (950 milioni a consuntivo). Dopo anni in cui la Giunta di centro-sinistra e in particolare gli assessori alla Sanità sono stati accusati di aver un atteggiamento ideologico e punitivo nei confronti della sanità privata, è suggestivo che la nuova amministrazione possa ottenere tale sconto senza conflitti e senza riduzione del personale della sanità privata, i cui licenziamenti venivano branditi come una clava dai proprietari delle strutture. Una spiegazione c’è, particolarmente per gli ambulatori specialistici e per la diagnostica: nel ridurre con i tagli al personale nel pubblico la possibilità di esami e visite, i cittadini non potranno che adattarsi a ottenere quelle prestazioni a pagamento nelle strutture accreditate, così garantendo un margine di recupero fuori controllo. Del resto non è una novità: nel 2009 nel pieno delle trattative con la sanità privata e a fronte di una comunicazione che raccoglieva le proteste per le liste d’attesa, negli studi privati venivano offerte ai pazienti tariffe agevolate per bypassare le liste d’attesa.

Eleonora Artesio, Consigliere Regionale PRC-FdS

martedì 22 febbraio 2011

"Resistenze di ieri e Resistenze di oggi" ad Ovada con Don Andrea Gallo

Lunedì 28 Febbraio ad Ovada con Don Andrea Gallo, Resistenze di ieri e Resistenze di oggi presso i locali della Soms di Via Piave alle 20.30

martedì 15 febbraio 2011

Incontro sulla Sanità Piemontese ad OVADA con Eleonora Artesio e Paolo Ferrero

Incontro sulla Sanità Pubblica Piemontese ad OVADA con Eleonora Artesio (consigliere Regionale PRC-FdS) e Paolo Ferrero (Segr.Naz.PRC) presso la SOMS di Via Piave Lunedì 21 Febbraio alle ore 21.00