giovedì 16 settembre 2010

Tagli in classe, ritorno ad una scuola di classe

Non è un anno scolastico come gli altri quello che ufficialmente è iniziato ieri. La ministra Gelmini lo annuncia trionfalmente come l’anno della “riforma epocale”, laddove di epocale c’è solo la mostruosa entità dei tagli economici alla scuola pubblica, con l’immancabile contorno di regalie alla scuola privata.
Gli effetti dei tagli sono sotto gli occhi di tutti, al punto che perfino la grande stampa, solitamente più attenta alla diffusione delle veline ministeriali che al racconto della realtà, ha dovuto renderne conto. Classi affollate con più di 35 alunni, mense più care, riduzione generalizzata delle ore di lezione, distruzione dei modelli pedagogico-didattici più avanzati - come il tempo pieno e i moduli nella scuola elementare - decine di migliaia di precarie e precari licenziati dopo anni di servizio, scuole che non hanno i fondi neanche per le necessità più elementari, e via elencando.
Ma anche se i tagli economici, e le loro conseguenze, rappresentano l’elemento più vistoso della politica scolastica governativa, limitare ad essi la denuncia, come da tempo va facendo il Pd, significa non coglierne in pieno la portata eversiva.

Basta guardare alla scuola superiore, vero snodo strategico della controriforma, nella quale il processo di trasformazione che sta prendendo avvio punta apertamente alla riproposizione della discriminazione di classe nell’accesso alla conoscenza. I licei per chi è destinato a scalare i gradini più alti dell’istruzione e della scala sociale, i tecnici e i professionali per quanti dovranno accontentarsi di formare le nuove leve del lavoro subalterno. La differenza la fa il reddito, il censo, senza più nemmeno la speranza che la scuola possa offrire una occasione di mobilità sociale. Non è un caso che questa impostazione sia stata fortemente voluta da Confindustria.
Ma non c’è aspetto dell’organizzazione scolastica, dalla valutazione al controllo autoritario dei comportamenti, dalla formazione degli insegnanti ai contenuti dell’insegnamento - mentre sullo sfondo si agita lo spettro del reclutamento degli insegnanti su base regionale - che non sia oggetto delle sgradevoli attenzioni della Gelmini.
Siamo dunque di fronte ad un disegno organico, una manovra a trecentosessanta gradi, che, sta smontando pezzo dopo pezzo la scuola pubblica disegnata dalla Costituzione, per far posto ad una scuola culturalmente immiserita, specchio di una società che si vorrebbe anestetizzata, fatta di individui incapaci di pensiero autonomo e critico.
Ma l’anno scolastico appena iniziato è segnato anche da una ripresa del conflitto che dimostra come la volontà di resistenza non solo non è fiaccata ma si sta estendendo, dimostrandosi capace di nuove e più radicali modalità di lotta. Hanno iniziato, già in pieno agosto, le precarie e i precari di Palermo e Benevento con lo sciopero della fame, che si è rapidamente esteso ad altre città ed è proseguito con il presidio in Piazza Montecitorio intorno a una piccola tenda, metafora della condizione della scuola pubblica davanti al palazzo simbolo del potere politico. E ancora, la riuscitissima manifestazione di due giorni fa sui due lati dello Stretto di Messina e il sit-in di ieri davanti al Miur, mentre si preannunciano altre manifestazioni a ritmo serrato. Questo fiorire di iniziative non è casuale. È il frutto maturo di più di due anni di mobilitazioni che hanno “accompagnato”, senza mai cedere di fronte alle difficoltà, le iniziative del governo. Quello che c’è di diverso, a me sembra, è l’accresciuta consapevolezza che si è aperta una fase nuova dello scontro nella quale è possibile costruire un movimento all’altezza della sfida e dare uno sbocco unificante alle tante iniziative locali. Per vincere, non solo per resistere. Sta ai sindacati non filogovernativi, la Flc-Cgil e i sindacati di base della scuola, mettere tra parentesi le differenze e raccogliere la richiesta di unità che il movimento di lotta richiede da tempo. Cosa altro deve accadere perché si indica una grande giornata di lotta unitaria per la difesa della scuola pubblica?
D’altra parte, se è vero, come abbiamo già detto, che la scuola della Gelmini è l’altra faccia della medaglia della fabbrica senza diritti di Marchionne ed entrambe sono la rappresentazione dei nuovi assetti sociali perseguiti da governo e padroni, c’è bisogno che anche l’iniziativa sindacale segni un salto di qualità. In tal senso, lo sciopero della Fiom del 16 ottobre rappresenta una occasione che non va sprecata. L’adesione alle manifestazioni dei metalmeccanici da parte di altre categorie è un fatto importante ma, se non vuole restare un gesto di doverosa solidarietà, deve essere concepito come tappa di un percorso che porti alla generalizzazione della lotta sui temi del lavoro, della scuola e della cultura. Non si tratta di lanciare il cuore oltre l’ostacolo, ma di essere consapevoli che la messa in cantiere dello sciopero generale di tutte le categorie in tempi rapidi è una delle premesse della costruzione e della crescita del movimento. Con questo spirito, il Prc e la Federazione della Sinistra continueranno a sostenere le mobilitazioni in atto.

Vito Meloni: Responsabile nazionale scuola PRC-SE
Da Liberazione del 14/09/2010

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