lunedì 28 marzo 2011

Sulla Guerra in Libia

La risoluzione dell’Onu che ha autorizzato l’intervento militare in Libia, lungi dall'andare incontro alle aspirazioni di libertà e democrazia del popolo libico, ha come unico obiettivo l'impadronirsi delle ingenti risorse energetiche libiche.
Nonostante sia chiarissimo l’intento imperialista e neocolonialista della cosiddetta comunità internazionale, ci chiediamo come mai si consenta all'Arabia Saudita di inviare truppe per sedare le proteste nel vicino Bahrein, mentre si lasci il decennale presidente-dittatore yemenita Saleh sparare da giorni sulla folla che ne chiede le dimissioni. Si arriva al paradosso che la "petrolmonarchia" del Qatar, anch'essa impegnata nel reprimere le proteste del Bahrein con il suo esercito, ha allo stesso tempo annunciato che invierà i suoi aerei per la democrazia in Libia.
E ci chiediamo, inoltre, come mai la stessa apprensione democratica non venga esercitata nei confronti del popolo palestinese che da oltre 40 anni è sotto le bombe e l'aggressione israeliana e nei confronti d'Israele che non rispetta più di una risoluzione dell'Onu.

La verità è che sin dall'inizio Usa, Francia e Inghilterra si sono opposti a qualsiasi altro metodo di risoluzione pacifica del conflitto libico. Infatti, mentre la situazione in Libia precipitava, solo alcuni paesi progressisti dell'America latina hanno avanzato una proposta di mediazione, di soluzione politica del conflitto capace di scongiurare la guerra civile e l'intervento esterno armato.
In questa situazione paradossale, grave e imbarazzante è la posizione del Governo italiano: senza che ancora vi sia chiarezza sulla modalità di partecipazione dell'Italia alla missione di guerra, il governo appare solo preoccupato di far dimenticare il vergognoso trattato di amicizia Italia-Libia, le modalità con cui si è accolto il dittatore Gheddafi e di non perdere terreno rispetto agli interessi spartitori sul dopo-Gheddafi che muovono la missione. E ancora più paradossale appare - accanto ai nuovi "patrioti umanitari" del Pd e di tutto l'arco costituzionale - la posizione di componenti della sinistra, che aprono all'intervento militare e alla no fly zone in nome di un "saggio" interventismo democratico.
Di fronte a questa tragica situazione, riteniamo necessaria la più ampia mobilitazione per chiedere l’immediata cessazione delle azioni militari e la convocazione di una conferenza internazionale per la risoluzione pacifica del conflitto libico con tutte le parti in causa.
Il Prc-Fds è contro la guerra sempre - senza se e senza ma - e sostiene le lotte di liberazione di questi popoli ora e sempre (anche quando i governi occidentali sono amici dei dittatori); si oppone con forza all'intervento militare e all'uso delle basi sul nostro territorio nel rispetto dello spirito dell'art. 11 della Costituzione.

«Invitiamo le forze democratiche e pacifiste a intraprendere iniziative di lotta e sensibilizzazione a partire anche dalla nostra città»

La Federazione Provinciale del Partito della Rifondazione Comunista - FdS di Alessandria

venerdì 25 marzo 2011

Sull'ospedale di Tortona ci siamo astenuti, non abbiamo votato contro

Siamo assolutamente d'accordo sulla necessità di tutela del presidio ospedaliero, ma il contenuto della mozione consiste in dichiarazioni d'intenti generiche, senza impegni concreti, che non mettono affatto in discussione le linee politiche del Piano Sanitario Regionale, e che fanno peraltro a pugni con la realtà concreta del Piano di Rientro (atto ufficiale della Giunta Cota), già approvato in Regione ed operativo: Piano che si traduce, nei fatti, in tagli all'assistenza integrativa(-2,5 milioni di euro in provincia), dai pannoloni (singolare che il capogruppo Pdl presenti un'interpellanza in merito ai disagi degli anziani in coda per ore..la riorganizzazione è frutto del Piano di Rientro voluto dalla Giunta Cota e dal Pdl di cui egli stesso fa parte...!), alle protesi (-20 milioni di euro), alle forniture per diabetici...tagli anche sui farmaci oncologici ospedalieri di ultima generazione, rischio declassamento Dea e Pronto Soccorso( non è stato abolito, solo momentaneamente congelato) e diminuzione personale medico in Guardia Medica e sulle autoambulanze, tagli al personale... Per non parlare delle"cure intermedie": chi, dopo un problema acuto, non sia ancora indipendente, verrà trattenuto in una clinica o in una struttura convenzionata dove ,dal 10° giorno pagherà 15 euro al giorno e dal 40° la metà del costo dell'intera degenza..e chi non potrà permetterselo?!

La salute è un diritto di tutti, non deve esser legata al reddito. Il Piano di Rientro è già operativo e "attua lo scorporo degli ospedali dalla gestione diretta delle ASL"(DGR 51 del 29/12/2010), perciò non girino le destre per i territori dicendo che è ancora tutto da decidere e che la classificazione(di riferimento, di raccordo e di contiguità) verrà discussa coi Sindaci, operatori sanitari e cittadini. Questo non è un Piano socio-assistenziale, ma nasce dalla smania di riorganizzare i territori secondo un unico criterio, quello della spartizione dei poteri, come dimostrano le recenti nomine dei direttori generali/commissari.

Le conseguenze sono tagli ai servizi (non agli sprechi!), raddoppio delle liste di attesa per disabili e non autosufficienti, aggravio dei disagi per i malati cronici. Si dica chiaramente che ci si opporrà con qualsiasi mezzo all'attuazione del Piano di Rientro(concordato dalla Giunta Cota col Governo nazionale per ripianare il buco in bilancio 2004, prodotto dall'allora Governo Regionale di centrodestra!), che lo si rigetta.
Questo non è stato fatto, anzi un consigliere della Lega ha lodato il Piano regionale nel suo intervento...da parte del Pd locale, miopìa politica e l'ennesima stampella al Pdl in difficoltà, da parte del Pdl e della Lega, si tratta di un doppio gioco non accettabile: o si sta con Cota ed i tagli della sua Giunta, o con i cittadini e gli operatori sanitari a difesa dell'ospedale..la terza via non esiste, è solo un'operazione di facciata. E i cittadini se ne accorgeranno, molto presto.

Il Partito della Rifondazione Comunista di Tortona

domenica 20 marzo 2011

A la guerre, à la guerre!

La tregua? Ci fosse davvero, oppure no, poco importa: non si voleva sentire, non si voleva verificare. E non lo si è fatto. La cosiddetta comunità internazionale, l'Onu con la sua sbrigativa risoluzione, gli Stati Uniti alla ricerca di una leadership appannata, la coalizione anglofrancese che senza percezione del grottesco si definisce dei «volenterosi», avevano già deciso. Comunque. Sarà guerra, deve esserlo. La no fly zone, la missione mirata - «umanitaria», of course - per proteggere la popolazione civile è una foglia di fico che non può nascondere più nulla. L'obiettivo, ormai dichiarato, è quello di abbattere Gheddafi. La missione diplomatica internazionale, che ancora in queste ore potrebbe essere tentata, per allargare a forza e tenere vive possibilità di dialogo fra le forze in conflitto prima che la situazione divenga irreversibile, non è neppure una peregrina ipotesi. Non lo è mai stata. Pressapochismo delle classi dirigenti europee, velleità neocolonialiste, crudi interessi e cattiva coscienza fanno pendere la bilancia dalla parte di un intervento armato che non avrà, come è evidente, né freni militari, né confini politici.
Come scriveva ieri, su La Repubblica, Guido Rampoldi, «bombarderanno, bombarderemo, senza avere un disegno chiaro, una nitidia prospettiva di quel che sarà e di quel che vogliamo che sia».
Sospinta da sciagurato entusiasmo bipartisan, o da conclamato cinismo, l'Italia si accinge a partecipare di nuovo, da comprimaria, ad una guerra. E poiché l'irruzione delle armi accelera vorticosamente tutti i processi e libera anche le parole, ecco ridefinirsi in corsa l'obiettivo. «Guerra al tiranno, un intervento per giusta causa», titola Il Riformista. Per il Giornale, invece, la "giusta causa" è un'altra e il quotidiano della famiglia Berlusconi la rivela senza mezzi termini: l'Italia deve sparare perché le conviene. E' «una scelta necessaria per mantenere il nostro ruolo in Europa», ammonisce Alessandro Sallusti, che aggiunge: «non possiamo lasciare che Sarkozy e soci mettano mano da soli sulla Libia, sui nostri interessi economici e sulle nostre strategie politiche». Et voilà, ecco la verità squadernata con lugubre, spietata chiarezza. Insomma, il coinvolgimento dell'Italia nel conflitto serve per poi potersi sedere con qualche titolo di credito al tavolo (spartitorio) della pace. L'Unità, invece, in guerra ci va ma, beninteso, «col cuore gonfio» e Concita De Gregorio ci ricorda mestamente come «da sessantasei anni non siamo mai stati così vicini dall'essere un paese in guerra», dimenticando - potenza della rimozione - che la Costituzione ce la siamo gettata dietro le spalle già nella guerra del Golfo, in Iraq, in Afghanistan, e quando, una decina di anni fa, i nostri piloti parteciparono al bombardamento di una capitale europea, Belgrado, in un'impresa, anch'essa rigorosamente umanitaria, che Massimo D'Alema qualificò come una «straordinaria esperienza umana e professionale».
Eccoci dunque, di nuovo, tutti avvinti alla nobile causa della difesa dei diritti umani, pronti a raccogliere l'anelito alla libertà dei popoli oppressi. Dove conviene, è ovvio. Quando lo sguardo si allarga al mondo diventa subito strabico e intermittente e la passione per l'altrui libertà più elastica e volatile.
Si scopre allora che le satrapìe si possono combattere o sostenere, con ineffabile disinvoltura, alla bisogna, secondo il tempo e le circostanze; il massacro dei civili lo si può fermare oppure praticare in proprio, come «effetto collaterale» o «contingente necessità», o «male minore»; le risoluzioni dell'Onu, poi, sono come la pelle delle palle: si possono tirare da tutte le parti, si possono applicare con scrupolosa solerzia oppure ignorare del tutto, come ci ricorda la drammatica segregazione cui è costretto il popolo palestinese.
Non ci convincono, i mercanti di guerra, quando declinano ogni responsabilità politica e non tentano - qui ed ora - di imporre una soluzione pacifica che, si può esserne certi, non verrà dalle bombe. E provoca un senso di pena l'ipocrisia di quel mondo vagamente progressista, Pd in testa, che, praticando l'autofrode, ormai sostiene senza batter ciglio ogni avventura militare, fingendo che da lì passi la conquista della democrazia.

Dino Greco - Tratto da Liberazione.it

mercoledì 16 marzo 2011

La sicurezza, molti proclami, nessuna garanzia.

Il tema della sicurezza è senza ombra di dubbio sempre attuale per chi cerca un argomento da cavalcare. Il farsi paladino della sicurezza dei propri concittadini è sempre una garanzia d'immagine, vedere svolazzare sui tetti di Alessandria, sopra la nebbia e le polveri sottili, un improbabile Capitan Padania a fianco dell'Uomo Ragno, di Superman e di Batman, per qualcuno è una promessa da far credere realizzabile. La questione appare decisamente strana se si considera che chi denuncia la mancanza di sicurezza per le nostre strade è al governo locale e nazionale quasi ininterrottamente da circa un ventennio. Prendo atto quindi che la Lega Nord sta portando avanti una forma di autocritica sui risultati scarsi dei provvedimenti adottati, in materia di sicurezza, dai governi a cui fino ad oggi ha partecipato.
Una cosa altrettanto strana è come vengono mosse accuse di buonismo agli esponenti della sinistra estrema, strano, siamo sempre stati accusati di essere antidemocratici, guardiani dei Gulag, assassini spietati dalle facili esecuzioni sommarie con colpo alla nuca, stupratori, mangiatori di bambini, uccisori di preti, e via all'infinito...
Questa rivalutazione, in senso evangelico, sul giudizio delle nostre posizioni è davvero lusinghiera. I migranti sono imbarcati sulle carrette del mare dal capitalismo globalizzato, o meglio dagli effetti del suo fallimento. Noi non abbiamo partecipato alla beatificazione del nostro dirimpettaio, ne di altri come lui. La persona che compie un reato deve essere perseguita, se si tratta di straniero ciò non deve comportare aggravante , ne attenuante, il reato è fine a se stesso. Questa è un'analisi in senso logico della giustizia, senza cavalcare ipocritamente in senso populista ed elettorale l'argomento, non si chiama buonismo. La sicurezza ha anche altri aspetti, la sicurezza di avere un futuro, non troppo tormentato, con la garanzia di un lavoro decente. La sicurezza sul posto di lavoro stesso, in modo da non divenire un invalido od un defunto. La sicurezza del bene pubblico, l'etica nella pubblica amministrazione può garantirmi di non sprecare risorse, più utili per i servizi ai cittadini piuttosto che pagare inutili consulenze e rimborsi da capogiro, od andare a concretizzare idee fallimentari(per la comunità, non per qualcuno), come demolire un ponte al solo fine di giustificare un proprio errore progettuale del passato, come altro errore fu l'individuazione, da parte del sindaco Francesca Calvo, di piazza S. Maria di Castello come sito per le case ATC, oggi ne rileviamo le conseguenze. Alla disattenta Lega Nord cittadina faccio notare che il capogruppo del Partito della Rifondazione Comunista qualche mese fa aveva portato all'attenzione del consiglio comunale una protesta degli agenti della polizia penitenziaria del carcere di piazza Soria, per la situazione esplosiva dell'istituto a causa del sovraffollamento della struttura e della carenza di personale e risorse, come denunciato da un documento sindacale degli agenti. Un'amministrazione deve rendersi conto della bomba ad orologeria che si trova all'interno della città, ed è suo dovere farsene portavoce verso il governo centrale che deve provvedere al più presto. Per voi è senza dubbio più necessario lanciare proclami e nuotare nel mugugno di popolo, senza poi concretizzare nulla.
Saluti a pugno chiuso

Massimo Orero - Segretario Circolo PRC-FdS di Alessandria

martedì 15 marzo 2011

SANITA’: TAGLI E RISCHI, INCONTRO CON ELEONORA ARTESIO CONSIGLIERA REGIONALE PRC-FdS

Venerdì 11 marzo si è tenuto in una Sala Romita piena di cittadini ed operatori sanitari, l’incontro organizzato da Rifondazione con l’ex Assessora Regionale alla Sanità nella Giunta Bresso, Eleonora Artesio.
La Consigliera Reg.le del Prc-Fed. della Sinistra ha illustrato i punti focali di quello che a tutt’oggi è l’unico vero atto ufficiale e già approvato in Regione in merito di Sanità: il Piano di Rientro, fatto per risanare il buco in Bilancio 2004,prodotto dal centro-destra, che allora governava la Regione.
La Regione Piemonte volge alla riorganizzazione del 118, delle continuità assistenziali e delle strutture del Dea e Pronto Soccorso: dietro le parole si nascondono progetti insidiosi, vediamoli con più chiarezza.
Le ambulanze potrebbero veder ridotta la presenza dei medici, potrebbe esser ridotta anche la presenza della Guardia Medica, mentre Dea e Pronto Soccorso verranno valutati in tutta la Regione per numero di passaggi, secondo criteri aziendali e non qualitativi, rischiando così un declassamento pericoloso che potrebbe portare alla riduzione dei servizi, così come si potrebbe rischiare di non avere più laboratori analisi o reparti di radiologia funzionanti 24 ore su 24.
In merito al personale, potrebbero essere circa 1600 i posti in meno in Regione; per l’assistenza integrativa in provincia potrebbero esservi circa 2,5 milioni di euro in meno, a danno di disabili e non autosufficienti, in termini di pannoloni,presidi per diabetici e protesi (circa 20 milioni di euro in meno per le protesi).
Previsti inoltre tagli ai posti letto post-acuzie, circa 1300 in Regione: qui quanti saranno?
Vengono introdotte le “cure intermedie”, ovvero chi dopo un problema acuto non sia ancora indipendente, verrà trattenuto in una struttura (clinica o struttura convenzionata , non è chiaro) dove dopo il decimo giorno dovrà pagare una quota e dal trentesimo in poi, la metà dell’intero costo di degenza. E chi non potrà permetterselo?!
Addirittura la Regione Piemonte prevede di risparmiare là dove le altre Regioni sforano, ovvero i farmaci ospedalieri oncologici di ultima generazione.
Tali dati si ricavano dall’esame del Piano di Rientro e sono tutti verificabili sul sito della Regione, esaminando i documenti approvati. Essi sono già di per sé allarmanti, lo diventano ulteriormente in quanto accompagnati da un Comunicato Stampa dell’11 marzo in cui il Presidente Cota minaccia di agire per vie penali nei confronti di “chi diffonde dati falsi sulla Sanità” (la Consigliera Artesio? il Sindacato?) e dalla pesante assenza, l’altra sera al dibattito, del Sindaco Berutti e della maggioranza, invitati tutti ma tutti assenti.
Peccato, hanno perso un’ottima occasione per confrontarsi con i cittadini e con gli operatori sanitari,presenti in gran numero, e con i dati - oggettivi, documentati, non discutibili - forniti da Eleonora Artesio. Del resto, capiamo l’imbarazzo di chi appartiene a quelle forze politiche, Lega e Pdl, che in Regione e a Roma tagliano i servizi, mentre in loco si fingono paladine del territorio…Che abbiano il coraggio del confronto, e quello di schierarsi, se necessario – e crediamo lo sia- a difesa dell’ospedale e dei cittadini, anche in opposizione alla propria parte politica. Per parte nostra, continueremo a diffondere i dati il più possibile, e a partecipare alla mobilitazione dei cittadini e degli operatori sanitari, sostenendola in ogni modo e auspicando che così facciano pure i sindaci del tortonese: la salute è un diritto di tutti e non dipende dal reddito.

Circolo del Partito della Rifondazione Comunista-FdS di TortonaGiustifica

venerdì 11 marzo 2011

Documento della Segreteria Provinciale

La segreteria provinciale del partito della Rifondazione Comunista ritiene che la mini scissione dei compagni dell’Ernesto oltre ad essere numericamente inconsistente a livello nazionale, dal punto di vista delle motivazione risulta essere scarsamente credibile. Risulta infatti del tutto inadeguata l’idea di uscire dal PRC, quindi realizzando di fatto un ulteriore scissione, aderendo al PdCI per ricostruire un partito comunista. E’ chiaro infatti che in questo paese un’opzione comunista e della sinistra di alternativa si deve andare ricostruendo attraverso una proposta politica chiara e coerente, che esprima capacità di innovazione e di connessione sociale con le lotte sociali nel paese.
La strada degli esasperati tatticismi e dei ripiegamenti puramente identitari, senza un adeguata pratica quotidiana, non porta da nessuna parte.
Inoltre è palese come il progetto dei compagni fuoriusciti dal nostro partito sia in conflitto e concorrente con il progetto della Federazione della Sinistra, in quando, oltre a creare non pochi possibili motivi di attrito tra le due maggiori forze politiche che ne fanno parte, rischia di minarne profondamente la credibilità.
Rimane maestra la strada di una vera “rifondazione” del pensiero e della pratica comunista sulla quale tutti possano riconoscersi e confluire, senza la tentazione di unificazioni accelerate, che non farebbero altro che causare ulteriori allontanamenti e scissioni.
Ripartiamo quindi da effettiva proposta politica, costruita nella pratica quotidiana e nel ri-radicamento del partito, con la costruzione di dibattiti e iniziative sul territorio, come quelle di Alessandria, Ovada e Tortona sulla Sanità o quella sul Lavoro a Novi Ligure costruite in collaborazione tra i circoli territoriali e le federazione provinciale e dove presenti con i compagni della Federazione della Sinistra.
In questo percorso si inserisce anche la necessità di ricreare un nucleo operativo di compagni ad Acqui Terme, anche in prospettiva della amministrative del prossimo anno, che porti un significativo contributo di idee e proposte all’interno della Federazione della Sinistra acquese.

La segreteria provinciale di Alessandria del Partito della Rifondazione Comunista di Alessandria
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giovedì 10 marzo 2011

A DIFESA DELLA COSTITUZIONE



Presidio a Valenza in Piazzetta Verdi
Sabato 12 Marzo dalle 10.00

mercoledì 9 marzo 2011

Un partito tra scelte e tentazioni

Un marxista, in specie comunista,dovrebbe aver ben presente che vivendo in una società capitalista (in declino) il suo ruolo di seguace di un ideologia, denigrata, che non ha manifeste applicazioni nell'attuale, deve essere quello di una formica che scava dentro un muro molto spesso e che cerca faticosamente la via tra i mattoni.
Le formiche che scavano per aver un buon risultato, devono essere il più possibile e la direzione degli scavi deve essere la stessa.
Lo scrivente non crede certo di vedere sorgere entro la sua vita un mondo nuovo, dove il senso dell'equità sia diffuso su tutto il pianeta, però deve essere fatto in modo che l'ideologia seguita abbracci un concetto di globalizzazione (L'Internazionale non è forse questo?), percorso fallito per il capitalismo delle borse, dei titoli fantasma.
Il Partito Comunista italiano era il più grande partito Comunista Europeo, con pregi e difetti, con un ruolo nazionale di opposizione che faceva governo.
Questo Partito non era stato eliminato neppure dal fascismo, anzi negli anni della clandestinità si lavorò alacremente, il Partito Comunista Italiano venne chiuso dai suoi funzionari stipendiati e dai suoi parlamentari, tradendo il mandato di popolo.
Quando nacque Rifondazione Comunista il concetto progettuale andava oltre alla testimonianza, si voleva "rifondare" un partito partendo da una visione depurata da situazioni pregresse, cominciare a far tesoro della eredità buona e liberarsi del resto.
Il risultato di consenso fu buono da subito, certo distante dai risultati di partito di massa, ma dignitoso.
Un vero peccato che ben presto, in prossimità di alcune tornate elettorali, o situazioni di grandi scelte di percorso, venne ad innescarsi l'auto-referenzialità di funzionari, parlamentari, assessori, consiglieri comunali nominati nei consigli di amministrazione di enti, leader in cerca di gruppo da guidare,
In ordine cronologico:Comunisti Unitari,Comunisti Italiani,Sinistra Ecologia Libertà e non ultimi i compagni dell'Ernesto. Di taglio diverso è la situazione dei compagni che hanno seguito Ferrando e Turigliatto.
Il Partito Comunista deve a mio avviso, lavorare per avere un rapporto dignitoso di confronto con il centrosinistra al solo fine di battere le destre; esaurita questa fase, porsi in posizione autonoma, questo al fine di essere forza critica verso le destre e riformismo al tempo stesso.
Soltanto non ponendosi in una posizione governativa subalterna e quasi sicuramente contraddittoria al nostro pensiero, può esserci un risultato concreto.
Le situazioni che di volta in volta si potrebbero presentare andrebbero quindi affrontate con piùà serenità e logica. n
Nelle amministrazioni locali le cose potrebbero avere una diversa impostazione, dato che i compagni devono rispondere alle esigenze territoriali in maniera più diretta. Il coinvolgimento nei governi locali non deve poter portare a zero l'impegno di influenzare le scelte amministrative in senso marxista, per quanto possibile.
Importante è portare la politica del partito nelle amministrazioni, e non la politica dei membri di una giunta nelle sezioni del PRC.
La dimostrazione la abbiamo avuta più volte, sia a livello nazionale che locale, appena il partito prende una posizione non in linea con il grande alleato (nei tempi PDS, DS o PD) che ricopre una carica, molto frequentemente viene illuminato dal senso di responsabilità, esce dal partito, entra subito nella famiglia del grande alleato, o fonda un ulteriore gruppo, per poi accedere in seguito con buone referenze al gruppo dirigente di più quotata formazione.
I valori che ci hanno lasciato in eredità chi ha fatto la guerra di Liberazione non vanno solo commemorati ma applicati.
La voglia di essere l'ancella preferita dal re ha fatto perdere troppi bravi compagni,i mpegnati sempre di più a proporsi all'infinito, senza per altro portare nulla di concreto ai poveri terrestri. Nella probabilità che si arrivi alle elezioni nazionali e si identifichi un leader che sia tale, non certo di stampo "Veltroniano"o peggio "Rutelliano"e non un guru, si spera.
Peccato che i più giovani non abbiano il conforto del rimpianto (scusatemi l'ossimoro) della prima Repubblica.

Scaviamo come tante formiche nel muro,non accontentiamoci del rifugio di un buco già fatto!

Saluti a pugno chiuso.
Massimo Orero (Segretario Circolo PRC-FdS di Alessandria)

martedì 8 marzo 2011

NON E' TUTTA SPAZZATURA

Raphael Rossi testimone di giustizia per una pubblica amministrazione pulita e al servizio dei cittadini.

Ne parliamo ad ALESSANDRIA Mercoledì 16 MARZO
presso la sede della circoscrizione centro in via Venezia 7
alle 21.00

Partecipano al Dibattito

RAPHAEL ROSSI (PRC-FdS)
professionista specializzato nella progettazione di sistemi per la raccolta differenziata
MONICA CERUTTI (SEL)
consigliere regionale

Presenta:
GIORGIO BARBERIS
consigliere comunale



lunedì 7 marzo 2011

Uno sciopero inadeguato

La decisione della Cgil di convocare uno sciopero generale di 4 ore per il 6 maggio è un primo risultato ma del tutto inadeguato. Si badi, la nostra non è una critica massimalista di chi fa sempre il “più uno”. Sappiamo benissimo che la decisione della Cgil di convocare uno sciopero generale da sola è cosa rilevante, ma il problema è proprio qui. Dentro una gestione della crisi tutta in chiave antioperaia, di fronte ad un attacco pesantissimo di governo e padronato, di fronte alla divisione del fronte sindacale, come si fa a costruire i rapporti di forza necessari a contrastare efficacemente l’attacco e ad unificare i lavoratori? L’attacco che è in corso non è cosa di poco conto: mette in discussione l’esistenza del sindacato come organizzazione autonoma di classe. Non è un attacco relegato alle manie di Marchionne: il suo modello è in corso di estensione in vari settori ed è stato fatto proprio dalla Marcegaglia. In concreto il tentativo è quello di demolire la Cgil o normalizzandola o conducendola all’impotenza. Di fronte ad un attacco di questo tipo le mezze misure – e lo sciopero di 4 ore tra due mesi è una mezza misura - sono del tutto inefficaci perché non permettono di utilizzare tutta la forza che ha il movimento operaio. Per sconfiggere l’offensiva padronale occorre costruire entusiasmo, suscitare passioni, far sentire ai lavoratori e alle lavoratrici che il loro sindacato gioca la partita fino in fondo. Come seppe fare Cofferati sulla vicenda dell’articolo 18. La decisione di oggi non determinerà questo clima in questo sta tutta la sua inadeguatezza.

Per quanto ci riguarda, in primo luogo occorre operare affinché lo sciopero del 6 maggio diventi uno sciopero di 8 ore contro governo e Confindustria. Già alcune categorie si stanno pronunciando in tal senso, occorre determinare le condizioni affinché questo diventi l’orientamento generale.

In secondo luogo occorre riempire di iniziativa politica e sociale questi due mesi. Non è solo un problema sindacale ma politico. Nell’assenza di qualsiasi riposta ai nostri appelli per la costruzione di una mobilitazione politica unitaria si misura tutta l’inconsistenza dell’opposizione, parlamentare e non. Si tratta di fare un salto di qualità segnando le varie mobilitazioni, a partire dallo sciopero generale dei sindacati di base dell’11 e dalla mobilitazione del 12, con una idea chiara: l’avversario non è solo Berlusconi ma la gestione capitalistica della crisi, l’accoppiata governo Confindustria. In secondo luogo producendo direttamente una campagna di massa sulle questioni sociali, con l’obiettivo di aggregare tutte le forze disponibili a battersi sul serio, anche con la convocazione di una manifestazione nazionale.

Paolo Ferrero - Segretario Nazionale PRC-FdS

mercoledì 2 marzo 2011

TAGLI ALLA SANITA', INCONTRO CON ELEONORA ARTESIO A TORTONA

Tagli alla Sanità
Quali conseguenze per l'ospedale di Tortona?
Ne discutiamo con Eleonora Artesio, consigliere regionale PRC-FdS ed ex assessore regionale alla sanità.

Dibattito ed Assemblea pubblica
Sala Romita del Comune di Tortona in Corso Alessandria 62
Venerdì 11 Marzo alle ore 21.00

Sono invitati a partecipare tutti i cittadini, gli amministratori e gli operatori sanitari.

Organizza il circolodi Rifondazione Comunista di Tortona