martedì 25 dicembre 2012

mercoledì 19 dicembre 2012

Il Prc di Tortona chiede una moratoria sul Terzo Valico


TORTONA - Su richiesta del comitato No Tav – Terzo Valico di Tortona al consiglio comunale del 21 dicembreverrà presentata dalla Consigliera Stefanella Ravazzi del Partito della Rifondazione Comunista una mozione in cui si chiede al sindaco e ai membri del consiglio comunale diprendere una posizione chiara e negativa sui lavori che, secondo il partito, comporterebbero diversi problemi per la città e i suoi abitanti.
Si può infatti leggere nel testo presentato che: "i lavori dell’alta velocità Genova-Tortona avranno un impatto pesantissimo sul territorio e sulla salute di chi vi abita, a causa del trasporto e conferimento in cave (numerosissime anche nel tortonese) di rocce amiantifere; tale opera prevede la presenza di enormi cantieri-cittadella a Rivalta e dintorni, cantieri del tutto autosufficienti e che dunque non avranno ricadute positive sull’economia locale e sulle nostre strutture ricettive, con manodopera proveniente in gran parte da fuori; nessun chiarimento è stato fornito in merito ad olii lubrificanti o altre sostanze chimiche, né si sa nulla di eventuali sondaggi Cociv (con dati nero su bianco) eseguiti in contraddittorio da vari laboratori analisi, lungo l’Appennino, relativamente alla quantità di amianto presente lungo le zone del tracciato."
Il Prc, fatta salva la contrarietà all’opera, "ritiene opportuno per tutti, anche per chi è favorevole alla sua costruzione, di riflettere attentamente su alcuni fattori” tra questi gli scarsi fondi che le ferrovie dello stato investono sul trasporto pendolari, l’effettivo transito di container sulla tratta Milano-Genova e i costi previsti per i 54 km, circa 6,2 miliardi di euro.
Nella mozione viene anche evidenziato come: “ Regione Piemonte, Provincia di Alessandria e Comune di Tortona, soprattutto in tempi di forte crisi, dovrebbero fare un’attenta valutazione costi-benefici dell’opera e darsi come priorità il recupero di risorse per potenziare e migliorare l’attuale disastrato trasporto pubblico e le linee esistenti (in termini di accessibilità/fasce orarie, pulizia e manutenzione, efficacia dei collegamenti);” e come “il comune non abbia ritenuto opportuno presenziare al recente incontro tra Regione e Comuni interessati dall’opera, unico assente insieme al Comune di Gavi” oltre al fatto che “i dati Cociv sulle cave sono alquanto contradditori (diverse cave sono date contemporaneamente in fascia A, B e/o C) e mancano le procedure di valutazione di impatto ambientale previste dalla legge (va da sé che dunque- al momento- non potrebbe andare in cava neanche un cm. cubo di smarino), occorre dire comunque che i tipi di cave interessate allo “smarino” sono tre: cave”apri e chiudi” ( di approvvigionamento e di deposito); cantieri con aree di deposito in attesa di trasferimento definitivo; cave di deposito finale con recupero ambientale."
A fronte di tutto questo il Prc chiede al comune "di attivarsi presso tutti gli organi istituzionali competenti per richiedere urgentemente una moratoria dei lavori per il Terzo Valico e di attivarsi presso tutte le sedi competenti e gli organi istituzionali affinché venga vietato all’interno del territorio comunale sia il conferimento in cava sia il passaggio su strade comunali di mezzi trasportanti lo “smarino” del terzo valico e gli altri materiali sopra citati, dannosi per la salute degli abitanti del territorio, salute che Sindaco ed Amministratori hanno il dovere primario di tutelare"

Tratto da "Alessandrianews"

martedì 11 dicembre 2012

Salvaguardare il Bene Pubblico


L'argomento che più hanno sentito le mie orecchie dai tempi delle primarie del centro-sinistra per le elezioni amministrative di Alessandria è stato quello che si andrà incontro a sacrifici, “lacrime e sangue” è stata la definizione più spesso usata durante le riunioni di coalizione prima e di maggioranza in seguito.
Indiscutibilmente la situazione non è facile e non lascia molto spazio di manovra, però non si deve scartare a prescindere ogni strada che possa portare ad esercitare una volontà politica di salvaguardia del Bene Pubblico. Decretare di vendere tutto ciò che resta del patrimonio pubblico, perchè così ci chiede l'esigenza della situazione, i Commissari, le leggi antisociali del governo Monti, o l'Europa, significa darsi degli alibi che possono mascherare una mancanza di progettualità, o di una volontà di non produrla. Vendere ciò che si ha in patrimonio per fare cassa è più semplice che progettare piani industriali per le Aziende partecipate o piani strategici per la città, anche minimali,che aiuterebbero in qualche modo ad uscire da questa situazione, e proiettarsi in un futuro, si spera non lontano, verso una nuova Città, libera da tutti i retaggi del passato fatto di trasversalità e collusioni .
Pensare di risolvere i problemi della macchina comunale e delle Aziende partecipate tagliando gli organici di queste è semplicistico ed eticamente ingiusto, chiedere ed imporre sacrifici ai cittadini ed ai lavoratori mentre girano per la città personaggi che hanno preso rimborsi da capogiro per gratificare professionalità e capacità inesistenti, chi ha affidato consulenze inutili ad amici e congiunti, chi si è magnificato con sfarzi e grandezze del tutto inopportune, ciò è ingiusto.
Se si chiedono sacrifici ai lavoratori, cioè andando a toccare il lavoro che è un diritto Costituzionale in questa Repubblica, bisogna garantirgli il diritto di avere giustizia, ed equità nella presa a carico del sacrificio. Sarebbe un buon segnale porre un tetto di retribuzione ai funzionari e manager pubblici, ciò conforterebbe sicuramente, per esempio un dipendente ASPAL od AMIU, a cui si chiede un sacrificio sui suoi 1000 -1200 euro al mese sapere che si sacrifica anche chi di euro ne percepisce 100.000, o più, all'anno.
L'attuale Maggioranza che guida il Comune di Alessandria ha un compito duro da svolgere, scelte difficili, un forte bisogno di coraggio, ma tutto ciò deve essere affrontato non ascoltando le sirene che fanno sbagliare rotta, ma bensì tenendo saldo il timone e seguire la bussola che gli abitanti ed i lavoratori di Alessandria gli hanno affidato con speranza qualche mese fa.
La Coalizione di Maggioranza non deve comportarsi come un Comitato di salute pubblica, anche perchè è facile in questo modo di operare spianare la strada ai comitati d'affari.

Saluti a pugno chiuso.

Massimo Orero: Segretario del Circolo “Oscar Romero” del Partito della Rifondazione Comunista di Alessandria

giovedì 6 dicembre 2012

LA NOSTRA POSIZIONE SUGLI ATTI ANTIPROSTITUZIONE ED ACCOTTONAGGIO

La Corte Costituzionale ha più volte ravvisato che atti come la delibera di giunta sul tema della prostituzione e dell’accattonaggio, realizzano un’indebita invasione dei poteri dei sindaci nel campo della legislazione primaria ed una complessiva mancanza dei presupposti di legge per poter procedere nel senso auspicato dal Sindaco.
Sono oramai a centinaia le ordinanze o gli atti che vorrebbero contrastare il fenomeno della prostituzione (sul tema del cosiddetto “accattonaggio molesto” si sappia che è già punito dal codice penale!) con nessun risultato sul fronte della lotta al racket e nemmeno quello di dare soddisfazione a quei cittadini che legittimamente vivono il disagio di dover convivere con questo questo fenomeno che avviene sul marciapiede di casa. I clienti non vengono intimoriti dalle sanzioni, a cui peraltro potrebbero far ricorso e anzi a causa delle ordinanze pretendono prestazioni ad un prezzo inferiore innescando ulteriori fenomeni di sfruttamento delle donne. Sul fronte poi dei controlli finalizzati alla repressio ne del racket ci sembra di capire che le scarse risorse di cui dispongono i lavoratori della PS non consentano di operare nelle direzione auspicabile. Ogni anno centinaia di prostitute senza nome vengono trovate uccise a volte dopo essere state torturate. Nessuno reclama il loro corpo, eppure sappiamo dai racconti di chi, attraverso le poche misure di protezione messe in atto da Province, Enti Locali ed Associazioni, è riuscita a riscattarsi: sono donne migranti schiave, a volte con dei con figli, ricattate e violentate dalla criminalità organizzata, spesso anche minorenni.
 Come organizzazione politica, non solo aderiamo all’appello della Comunità di San Benedetto circa l’opportunità dell’Amministrazione di confrontarsi prima di prendere decisioni che riguardano la vita delle persone, con quei soggetti che sul territorio già operano sul tema della tratta (il Cissaca, Caritas e la Provincia di Alessandria hanno aderito ad uno specifico progetto). Diversamente si cavalca il disagio dei cittadini senza comunque dare risposte concrete, mettendo l’Amministrazione nella condizione di essere comunque oggetto di critiche da parte dei cittadini.

Il Circolo PRC di Alessandria

martedì 4 dicembre 2012

1789 France: “Libertè – Egalitè – Fraternitè” 3-12-2012 Lyon: Sequestrato ogni diritto a dimostrare


E’ quanto avvenuto ieri in Francia, dal Frejus a Lyon. 12 pulman di cittadini: donne, uomini, giovani e anziani, sono stati sequestrati e impediti di dimostrare liberamente, a mani nude, il proprio dissenso.
Per 16 ore, molte centinaia di cittadini/e italiani/e sono stati bloccati, identificati, sequestrati e impediti di dimostrare il proprio dissenso al pseudo accordo Monti-Hollande. Per permettere ad alcune mezzi di “informazione hambedded di dire ai cittadini europei che “così va bene” e che “nessuno dissente” agli accordi per i banchieri e gli speculatori sulle opere inutili e dannose, come la Tav Lyon-Torino.
Migliaia di gendarmi robot hanno così ritardato e frenato il dissenso di molte centinaia di dimostranti, nei pulman, sulla piazza, dal confine al confine, blindando di fatto i pulman stessi manu militari.
Solo la freddezza e il senso di responsabilità di noi dimostranti, ha impedito che la situazione degenerasse, dando così appigli a chi avrebbe voluto parlare dei “mostri del dissenso NoTav” e alle altre “grandi opere” inutili, costose e dannose.
Questa è l’Europa dei banchieri e degli speculatori, NOI NON CI STIAMO.
Cambiare quest’Europa si può perché si deve e lo vogliamo.

Gianni Naggi, Resp. Reg. Ambiente e Beni Comuni PRC Piemonte

giovedì 29 novembre 2012

Sanità pubblica: è codice rosso! A rischio il diritto alla salute

Il ritornello è sempre lo stesso, ormai diventato simile alla musica di un disco rotto.Inizia sempre con il richiamo ad una crisi che ha colpito tutti, e rassicura sulla temporaneità dei provvedimenti paventati. Il direttore d'orchestra è ancora una volta tale Mario Monti, presidente del Consiglio italiano. Nel mirino dei suoi pensieri c'è questa volta il Servizio sanitario nazionale, la cui sostenibilità "potrebbe non essere garantita". Il rituale è sempre lo stesso; tessere le lodi, dispensareun'infarinata di nazionalismo, per finire con "una proposta che non si può rifiutare", come avrebbe detto Michael Corleone nel film “Il Padrino”. Ecco partire questa volta il missile sulla Sanità: "Andiamo fieri del nostro Servizio sanitario nazionale", ma occorre pensare a "nuove modalità di finanziamento per servizi e prestazioni.
La posta in palio è altissima. Bisogna individuare e rendere operativi modelli innovativi di finanziamento e organizzazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie". Ma cosa vorrà dire questa volta il Premier? Non è difficile aspettarsi in tempi brevi un attacco frontale verso la sanità pubblica. La continuità con il governo Berlusconi si evidenzia sempre di più; con l'aggravante che il "tecnico liberista", sempre più somigliante al sicario che non torna mai indietro senza prima aver portato a termine il “contratto” affidatogli, ha ormai dimostrato di voler mettere in pratica i suoi propositi. Sicuramente un motivo in più per temere che diventi realtà quel sogno berlusconiano di un modello sanitario privato. Il buon Monti "ha imparato l'arte e l'ha messa da parte", dispensando pillole di rassicurazione sul fatto che il governo sia un prezioso alleato della "galassia" sanitaria italiana. Intervenuto in videoconferenza a Palermo, si rivolge al comparto medico parlando di sfida per l'innovazione, non mancando di precisare come "anche l'innovazione medico-scientifica, soprattutto nella fase dell'industrializzazione, debba partecipare attivamente alla sfida". Traduzione di: "abbiamo messo le mani nelle tasche di tutti, non pensate di defilarvi dal dare il vostro contributo!" Dal quartier generale di Palazzo Chigi parte subito la secca smentita, precisando che Monti "non ha messo in questione il finanziamento pubblico del sistema sanitario, bensì, riferendosi alla sostenibilità futura, ha posto l'interrogativo sull'opportunità di affiancare al finanziamento a carico della fiscalità generale forme di finanziamento integrativo". Troppo complicato e machiavellico questo modo di gettare l'esca da parte del premier! Udite udite, persino il PD rimane sorpreso e preoccupato, tanto da sottolineare quanto "le parole del presidente del Consiglio preoccupano e stupiscono. Non sono infatti le parole che il governo, attraverso il ministro della salute Balduzzi, ha ribadito in più di un'occasione in parlamento e in altre occasioni pubbliche". La nota viene ripresa dallo stesso responsabile sanità, ed ex sindaco di Pisa, Paolo Fontanelli, che non manca di puntualizzare come "il servizio pubblico è stato oggetto di tagli molto pesanti e la legge di stabilità è stata ancora una volta l'occasione per ridurre i fondi per il 2012 e poi per gli anni a venire. Di fronte a questa situazione, le parole di Monti fanno immaginare come sempre più concreto il rischio di smantellare il servizio sanitario pubblico". A questo proposito, conclude Fontanelli, "i fondi per far funzionare il Ssn in maniera corretta devono essere trovati". Il fermento adrenergico portato dalle primarie ha forse dato una scossa benefica (o strategica?) alla dirigenza targata PD, tanto che sulla questione non manca d'intervenire con decisione anche la presidente Rosy Bindi, già ministro della salute, affermando che "Dispiace che il Presidente Monti sia caduto in un luogo comune - una sanità finanziata con risorse pubbliche sarebbe meno sostenibile di una finanziata con risorse private – che non è degno della sua preparazione tecnica e della sua conoscenza del mondo. E’ dimostrato dai dati empirici e non da teoremi ideologici: i sistemi sanitari più costosi sono quelli basati su finanziamenti privati o misti, pubblico/privato". La Bindi non sbaglia affatto, specialmente quando sottolinea l'inaccettabilità del fatto che pur di non gravare sulle risorse pubbliche si arriva persino a mettere a rischio il diritto alla salute! Resta il fatto che da secoli, tutti i governi (compreso il suo, cara presidente Bindi..) hanno affrontato la questione della "riforma sanitaria" mantenendo alcuni punti fissi che invece andrebbero ridiscussi. Per mettere mano ad una vera riforma sanitaria occorre prima di tutto rendere inamovibile il diritto di tutti i cittadini alla tutela della salute, evitando di gravarli con spese e ticket che negli ultimi anni hanno subito un incremento rilevante che non sfugge ad una analisi attenta; infatti se diamo uno sguardo alle tabelle si evince che la spesa sanitaria negli ultimi 10 anni passa da 69,3 mld di euro del 2000 a 110,6 mld di euro del 2010 (+60%). Il ticket medio pro capite passa da 14,3 euro del 2009 ai 21,8 euro del 2011 (+53%). I cittadini ormai dal 2012 acquistano con i loro soldi il 50% dei farmaci (6,3 mld di euro) rispetto alla spesa sostenuta dal Ssn (12,3 mld di euro), mentre la spesa sanitaria media pro capite nazionale resta quasi invariata negli ultimi 3 anni, da 1.782 euro del 2008 a 1.883 euro del 2010. A questo si dovrebbe aggiungere quanto emerso dal rapporto sulla spesa sociale appena pubblicato dalla Commissione Europea, dal quale si evidenzia che per il welfare l'Italia spende meno degli altri grandi paesi Europei! La domanda sorge spontanea: quanto incidono elementi come il rapporto medicina/industria farmaceutica, oppure gli sprechi e le rendite di posizione? E ancora, siamo sicuri che, visto la tendenza che porta la medicina del futuro ad essere sempre più orientata verso la cura geriatrica, a causa del progressivo quanto inesorabile invecchiamento della popolazione, non sia da ripensare lo stesso modello di cura che suggerirebbe l'incremento dell'assistenza domiciliare o delocalizzata, piuttosto che concentrata negli ospedali o nelle cliniche con una spesa senza dubbio maggiore ed un risultato meno efficiente? Il materiale è tanto, così come le varie tipologie e direttrici d'intervento. Quello che rimane come punto fermo è l'assoluta indisponibilità ad accettare modelli d'importazione (peraltro vecchi, visto che lo stesso Obama cerca di introdurre principi simili a quelli in uso nel welfare europeo "d'importazione") che ci farebbero tornare indietro di decenni. La stessa CGIL si unisce al coro di chi vuole alzare il livello d'attenzione sui propositi di Monti, ammonendo il governo che "non può permettersi certe preoccupazioni sulla sostenibilità del sistema sanitario nazionale dopo averlo ridotto all'osso. Se ha intenzione di privatizzare, come denunciamo da mesi, lo dica. Noi lo combatteremo. Ma non può affamare la bestia per poi svenderla". E così, anche l'ennesima battaglia contro le politiche recessive frutto del liberismo montiano, è dunque iniziata. Questa volta, probabilmente, con minori possibilità di riuscita.
Franco Frediani  

mercoledì 28 novembre 2012

ILVA, PESANTI RIPERCUSSIONI SUL PIEMONTE - NAZIONALIZZAZIONE COME VIA OBBLIGATA


La disastrosa situazione dell’ILVA di Taranto rischia di avere pesanti ricadute anche in Piemonte, negli stabilimenti di Novi Ligure e Racconigi. Come è noto, in queste due realtà sono a rischio un migliaio di posti di lavoro.
Come Rifondazione Comunista siamo ancora una volta al fianco dei lavoratori piemontesi dell’ILVA, che fra ieri e oggi stanno manifestando tutta la loro rabbia e la loro preoccupazione. e si preparano a partecipare alla manifestazione di domani a Roma.
E’ inaccettabile che siano sempre i lavoratori a pagare sulla propria pelle le scelte politiche ed aziendali miopi e sbagliate compiute in questi anni. La privatizzazione di settori strategici della nostra economia negli ultimi decenni ha prodotto solo disastri. Quello dell’ILVA è purtroppo l’ennesimo caso in cui la cosa si manifesta in modo palese. Il ruolo dello Stato deve tornare a essere quello di definire una politica industriale seria. In questo senso, la via della rinazionalizzare dei settori strategici della nostra economia, tra i quali la produzione di acciaio, appare sempre più come una via obbligata.


Armando Petrini, segretario regionale PRC Piemonte
Fabio Panero, segretario Federazione PRC Cuneo
Simone Subrero, segretario Federazione PRC Alessandria

domenica 25 novembre 2012

Raccolta firme referendum lavoro e pensioni



Continua la raccolta firme di Rifondazione Comunista e della Federazione della Sinistra per promuovere i referendum sul lavoro e sulle pensioni, che ci vede impegnati con i nostri banchetti in tutte le piazze del nostro paese.
Con i referendum sul lavoro ci proponiamo di restituire allo Statuto dei Lavoratori l'articolo 18 nella versione originaria, per rispettare i principi della Costituzione e rendere esigibili le decisioni della magistratura. La nozione giuridica secondo la quale nessuno può essere licenziato senza giusta causa e giustificato motivo deve essere ripristinata. Perché un'ingiustizia praticata ad uno è un'ingiustizia verso tutti. Non si tratta dunque di un problema di quantità numeriche, bensì di giustizia sociale.
Intendiamo , inoltre,  con il referendum sull'articolo 8 abolire le manomissioni e ristabilire la certezza dei diritti previsti e conquistati dal contratto nazionale. A parità di condizioni, vanno pretese regole generali che valgano per tutti i lavoratori di un settore e ovunque sul territorio nazionale. Alla contrattazione aziendale va restituito il giusto valore: ossia deve 'accompagnare' l'andamento dell'impresa - garantendo eventualmente tutele aggiuntive ai suoi dipendenti -, contrattare l'organizzazione del lavoro, l'articolazione degli orari e dei turni nell'ambito e nei limiti previsti dal contratto nazionale.
Con i referendum sulle pensioni invece vogliamo abrogare la riforma pensionistica voluta dal governo Monti e dal ministro Fornero, limitando a 62 anni l’aumento dell’età per la pensione di vecchiaia delle lavoratrici dipendenti, abrogando gli  ulteriori aumenti dell’età pensionabile, che la portano fino a 67 anni nel 2021. Analogamente per le lavoratrici autonome resta il solo aumento a 63 anni.
Chiediamo, inoltre, che venga abrogato l’innalzamento legato all’aspettativa di vita che  avrebbe portato il requisito contributivo a oltre 44 anni nel 2027, che vengano eliminate l e penalizzazioni per chi con i 41 anni di contributi, va in pensione prima dei 62  anni di età e che per i lavoratori e le lavoratrici dipendenti con almeno 35 anni di contributi, vengono ripristinate le  quote della legge 243/2004 (che riguarda i lavori usuranti), la cui soppressione è una delle principali iniquità della “riforma”.
In questo modo si ripristina nella sostanza il sistema previdenziale precedente alla riforma, eliminando le principali iniquità ed intervenendo alla radice sul dramma delle lavoratrici e dei  lavoratori “esodati”.
Il circolo di Alessandria rimarrà aperto per chiunque volesse firmare per questi importanti quesiti referendari
Martedì 27: la mattina dalle 9 alle 11 e il pomeriggio dalle 14 alle 16
Mercoledì 28: la mattina dalle 9 alle 11, il pomeriggio dalle 14 alle 16 e la sera dalle 18 alle 20
Giovedì 29 alla mattina dalle 9 alle 11 e la sera dalle 18 alle 20.

Il Partito della Rifondazione Comunista di Alessandria.