Il ritornello è
sempre lo stesso, ormai diventato simile alla musica di un disco
rotto.Inizia sempre con il richiamo ad una crisi che ha colpito
tutti, e rassicura sulla temporaneità dei provvedimenti
paventati. Il direttore d'orchestra è ancora una volta tale
Mario Monti, presidente del Consiglio italiano. Nel mirino dei suoi
pensieri c'è questa volta il Servizio sanitario nazionale, la
cui sostenibilità "potrebbe non essere garantita".
Il rituale è sempre lo stesso; tessere le lodi,
dispensareun'infarinata di nazionalismo, per finire con "una
proposta che non si può rifiutare", come avrebbe detto
Michael Corleone nel film “Il Padrino”. Ecco partire questa volta
il missile sulla Sanità: "Andiamo fieri del nostro
Servizio sanitario nazionale", ma occorre pensare a "nuove
modalità di finanziamento per servizi e prestazioni.
La posta in palio è
altissima. Bisogna individuare e rendere operativi modelli innovativi
di finanziamento e organizzazione dei servizi e delle prestazioni
sanitarie". Ma cosa vorrà dire questa volta il Premier?
Non è difficile aspettarsi in tempi brevi un attacco frontale
verso la sanità pubblica. La continuità con il governo
Berlusconi si evidenzia sempre di più; con l'aggravante che il
"tecnico liberista", sempre più somigliante al
sicario che non torna mai indietro senza prima aver portato a termine
il “contratto” affidatogli, ha ormai dimostrato di voler mettere
in pratica i suoi propositi. Sicuramente un motivo in più per
temere che diventi realtà quel sogno berlusconiano di un
modello sanitario privato. Il buon Monti "ha imparato l'arte e
l'ha messa da parte", dispensando pillole di rassicurazione sul
fatto che il governo sia un prezioso alleato della "galassia"
sanitaria italiana. Intervenuto in videoconferenza a Palermo, si
rivolge al comparto medico parlando di sfida per l'innovazione, non
mancando di precisare come "anche l'innovazione
medico-scientifica, soprattutto nella fase dell'industrializzazione,
debba partecipare attivamente alla sfida". Traduzione di:
"abbiamo messo le mani nelle tasche di tutti, non pensate di
defilarvi dal dare il vostro contributo!" Dal quartier generale
di Palazzo Chigi parte subito la secca smentita, precisando che Monti
"non ha messo in questione il finanziamento pubblico del sistema
sanitario, bensì, riferendosi alla sostenibilità
futura, ha posto l'interrogativo sull'opportunità di
affiancare al finanziamento a carico della fiscalità generale
forme di finanziamento integrativo". Troppo complicato e
machiavellico questo modo di gettare l'esca da parte del premier!
Udite udite, persino il PD rimane sorpreso e preoccupato, tanto da
sottolineare quanto "le parole del presidente del Consiglio
preoccupano e stupiscono. Non sono infatti le parole che il governo,
attraverso il ministro della salute Balduzzi, ha ribadito in più
di un'occasione in parlamento e in altre occasioni pubbliche".
La nota viene ripresa dallo stesso responsabile sanità, ed ex
sindaco di Pisa, Paolo Fontanelli, che non manca di puntualizzare
come "il servizio pubblico è stato oggetto di tagli molto
pesanti e la legge di stabilità è stata ancora una
volta l'occasione per ridurre i fondi per il 2012 e poi per gli anni
a venire. Di fronte a questa situazione, le parole di Monti fanno
immaginare come sempre più concreto il rischio di smantellare
il servizio sanitario pubblico". A questo proposito, conclude
Fontanelli, "i fondi per far funzionare il Ssn in maniera
corretta devono essere trovati". Il fermento adrenergico portato
dalle primarie ha forse dato una scossa benefica (o strategica?) alla
dirigenza targata PD, tanto che sulla questione non manca
d'intervenire con decisione anche la presidente Rosy Bindi, già
ministro della salute, affermando che "Dispiace che il
Presidente Monti sia caduto in un luogo comune - una sanità
finanziata con risorse pubbliche sarebbe meno sostenibile di una
finanziata con risorse private – che non è degno della sua
preparazione tecnica e della sua conoscenza del mondo. E’
dimostrato dai dati empirici e non da teoremi ideologici: i sistemi
sanitari più costosi sono quelli basati su finanziamenti
privati o misti, pubblico/privato". La Bindi non sbaglia
affatto, specialmente quando sottolinea l'inaccettabilità del
fatto che pur di non gravare sulle risorse pubbliche si arriva
persino a mettere a rischio il diritto alla salute! Resta il fatto
che da secoli, tutti i governi (compreso il suo, cara presidente
Bindi..) hanno affrontato la questione della "riforma sanitaria"
mantenendo alcuni punti fissi che invece andrebbero ridiscussi. Per
mettere mano ad una vera riforma sanitaria occorre prima di tutto
rendere inamovibile il diritto di tutti i cittadini alla tutela della
salute, evitando di gravarli con spese e ticket che negli ultimi anni
hanno subito un incremento rilevante che non sfugge ad una analisi
attenta; infatti se diamo uno sguardo alle tabelle si evince che la
spesa sanitaria negli ultimi 10 anni passa da 69,3 mld di euro del
2000 a 110,6 mld di euro del 2010 (+60%). Il ticket medio pro capite
passa da 14,3 euro del 2009 ai 21,8 euro del 2011 (+53%). I cittadini
ormai dal 2012 acquistano con i loro soldi il 50% dei farmaci (6,3
mld di euro) rispetto alla spesa sostenuta dal Ssn (12,3 mld di
euro), mentre la spesa sanitaria media pro capite nazionale resta
quasi invariata negli ultimi 3 anni, da 1.782 euro del 2008 a 1.883
euro del 2010. A questo si dovrebbe aggiungere quanto emerso dal
rapporto sulla spesa sociale appena pubblicato dalla Commissione
Europea, dal quale si evidenzia che per il welfare l'Italia spende
meno degli altri grandi paesi Europei! La domanda sorge spontanea:
quanto incidono elementi come il rapporto medicina/industria
farmaceutica, oppure gli sprechi e le rendite di posizione? E ancora,
siamo sicuri che, visto la tendenza che porta la medicina del futuro
ad essere sempre più orientata verso la cura geriatrica, a
causa del progressivo quanto inesorabile invecchiamento della
popolazione, non sia da ripensare lo stesso modello di cura che
suggerirebbe l'incremento dell'assistenza domiciliare o
delocalizzata, piuttosto che concentrata negli ospedali o nelle
cliniche con una spesa senza dubbio maggiore ed un risultato meno
efficiente? Il materiale è tanto, così come le varie
tipologie e direttrici d'intervento. Quello che rimane come punto
fermo è l'assoluta indisponibilità ad accettare modelli
d'importazione (peraltro vecchi, visto che lo stesso Obama cerca di
introdurre principi simili a quelli in uso nel welfare europeo
"d'importazione") che ci farebbero tornare indietro di
decenni. La stessa CGIL si unisce al coro di chi vuole alzare il
livello d'attenzione sui propositi di Monti, ammonendo il governo che
"non può permettersi certe preoccupazioni sulla
sostenibilità del sistema sanitario nazionale dopo averlo
ridotto all'osso. Se ha intenzione di privatizzare, come denunciamo
da mesi, lo dica. Noi lo combatteremo. Ma non può affamare la
bestia per poi svenderla". E così, anche l'ennesima
battaglia contro le politiche recessive frutto del liberismo
montiano, è dunque iniziata. Questa volta, probabilmente, con
minori possibilità di riuscita.
Franco Frediani
Tratto da http://web.rifondazione.it/
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