lunedì 7 dicembre 2009

Lavorare in sicurezza, vivere in sicurezza

L'industria chimica ha sempre avuto una difficile convivenza con il territorio, gli esempi da manuale non mancano certo (Seveso e Bhopal per quanto riguarda gli incidenti disastrosi, l'Acna per quanto riguarda un inquinamento cronico e costante per decenni). Il confronto perenne tra lavoratori ed abitanti, e molto spesso c'è chi ricopre entrambi i ruoli, il perenne dilemma di scelta tra difesa del posto di lavoro ed ambiente, ma questo non dovrebbe essere una contrapposizione perché il lavoro fa parte del vivere quotidiano, e si vive nell'ambiente.
Pensare a difendere il proprio posto di lavoro è giusto ed ovvio, però questo non può significare che lavoratori e sindacalisti di categoria costituiscano un blocco con l'azienda.
Gli interessi dei lavoratori molto spesso non coincidono con le strategie aziendali. Se in un'occasione di confronto con ambientalisti ed abitanti della zona limitrofa all'azienda (prendiamo ad esempio la Solvay di Spinetta Marengo) le posizioni dei lavoratori sembrano coincidere con quelle aziendali, non bisogna pensare che questo possa essere un eterno idillio. I vertici aziendali sono sempre molto pronti a cogliere certe occasioni per far aggiungere qualche buco alle cinture, o peggio, ed il peggio è sempre per i lavoratori non certo per i colossi della chimica. Il lavorare in sicurezza è senza dubbio il primo solido gradino da cui partire. Il nostro gruppo consigliare al comune di Alessandria in data 18 settembre 2008 presentò un ordine del giorno con oggetto: “Proposta di istituzione di un osservatorio che monitori nel territorio comunale lo stato di sicurezza sul posto di lavoro,prioritariamente nei siti industriali a maggiore rischio ambientale.” l'ente pubblico, comune o provincia, deve essere al corrente di cosa si produce sul suo territorio, deve essere il collettore delle informazioni delle varie realtà, fornite da Vigili del fuoco, A.S.L., ARPA, Ispettorato del lavoro e naturalmente, la dichiarazione periodica ed aggiornata dalle aziende sui materiali e sui componenti chimici trattati. In tal modo da garantire che anche in caso di variazioni degli elementi trattati le condizioni di sicurezza siano adeguate. Naturalmente il nostro ordine del giorno sta ancora a far polvere da qualche parte. Quello che è avvenuto in passato nell'area della Solvay, ex Montedison, ex....ex...ex (le sigle delle aziende andando a ritroso sono molte possiamo arrivare sino all'Italgas e proseguire ancora), era ben noto ai più,ma naturalmente tollerato e ovattato per l'infinita storia della contropartita occupazionale.
Oggi la Solvay deve dimostrare che l'impianto della Fraschetta è in sicurezza, per i lavoratori e per gli abitanti della zona, come di norma deve essere. Considerando che nell'area di Marengo sta potenzialmente sorgendo un nuovo problema, cioè che con il decollo della politica filo-nucleare del governo per il problema scorie si devono individuare stazioni di stoccaggio,e queste sono individuabili in comuni non denuclearizzati, come Bosco Marengo ad esempio.
Inoltre il piano di protezione civile per l'area deve essere portato a conoscenza a tutti i livelli, non conosciuto da pochi e quindi di difficile rapida attuazione in caso di non augurato bisogno.
Gli stabilimenti chimici hanno sempre avuto un gran riguardo anche da parte degli alleati durante la seconda guerra mondiale, tranne pochi casi, gli Anglo-Americani non bombardarono gli stabilimenti (che sarebbero serviti a loro in seguito), per fermare la produzione bombardarono i quartieri operai. Il peggio è sempre toccato alla salute dei lavoratori e degli abitanti. Consigliamo una lettura, “Storia dell'Italgas”, molto interessante per la storia arcaica dell'impianto di Spinetta e di quello di Cengio per molto tempo legati a filo doppio.
Saluti a pugno chiuso.

Federazione della Sinistra di Alternativa Anti-capitalista
Partito della Rifondazione Comunista: Circolo di Alessandria
Partito dei Comunisti Italiani: Circolo di Alessandria

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