sabato 2 gennaio 2010

In merito alle prossime elezioni regionali. Quando la politica da arte del possibile diventa arte dell’incredibile

Siamo davvero, in merito alle prossime elezioni regionali, ad un salto di qualità non delimitabile con la solita batteria di aggettivi: cinico, tatticista, opportunista. Quando la politica da arte del possibile diventa arte dell’incredibile, deve essersi rotto definitivamente qualcosa nei suoi meccanismi fondamentali (che oggi sembrano arcani insondabili).
Veniamo ai fatti. La Federazione della Sinistra annuncia mesi fa il suo pieno sostegno a Mercedes Bresso come candidata del centro sinistra per il 2010. Fa questo, lo ricordo di passaggio, mentre nel PD molti, a iniziare da Sergio Chiamparino, si agitavano per giubilarla in fretta e furia. Nelle ultime settimane la Federazione avanza un semplice schema di ragionamento alla coalizione di cui oggi fa parte: rilanciamo questa compagine sulla base della valorizzazione del lavoro collettivo svolto in cinque anni e sulla base di un nuovo programma da scrivere insieme al più presto. Chi ha creduto nell’autoevidente ragionevolezza di quest’impostazione ha sbagliato di grosso. Il PD, con al seguito l’intendenza del resto della coalizione, è intervenuto, dopo una lunga catalessi congressuale, a piedi pari nel percorso non solo per imporre un allargamento al centro della coalizione con l’UDC, ma anche per affermare che questa torsione si poteva ottenere sacrificando bellamente una discussione programmatica con tutta la compagine di centro sinistra, visto che con la Federazione della Sinistra esisteva una supposta totale inconciliabilità di vedute. Accanto a questo, come parte integrante della regia, l’UDC si dimostrava interessato ad aperture verso il centro sinistra dettando due limiti: fuori la sinistra e discontinuità programmatica con il recente passato.
Che significa discontinuità? Vietti e soci lo hanno spiegato chiaramente: sussidiarietà e libertà di scelta nei settori strategici di intervento della Regione, dalla sanità all’istruzione, dalla formazione all’assistenza. In più via libera al ritorno al nucleare. Un bel salto all’indietro nei fatti, con mano libera ai privati e scelte energetiche corrive al peggior berlusconismo d’accatto. Eppure il PD è disposto a tutto per un’alleanza che giudica strategica per il futuro e che si declina ai miei occhi come un’apertura al buio nel poker. In casa PD dalle trionfali mosse veltroniane in avanti dovrebbero saperne qualcosa.
Ci siamo pizzicati per tentare di capire in quale tipo di realtà parallela stavamo vivendo e abbiamo semplicemente deciso di non mollare, di rivendicare la primazia dei contenuti sulle diversioni di geometria politicista. L’abbiamo fatto concentrando la nostra proposta di discussione contenutistica su pochi punti: valorizzazione della sanità pubblica, no chiaro al nucleare, nella crisi sperimentazione di un reddito minimo di sopravvivenza e una legge contro le delocalizzazioni, investimenti sui trasporti collettivi e possibilità di mantenere un dissenso sulla realizzazione della TAV (in cinque anni l’abbiamo mantenuto e abbiamo però contribuito paritariamente al governo della Regione). In questo senso è andata anche un’intervista recente di Paolo Ferrero al quotidiano “la Stampa”.
Per tutta risposta il segretario regionale del PD Morgando ci manda a dire chiaro chiaro che queste semplici proposte, a mio avviso largamente capibili e sostenibili da un ampio spettro di persone collocabili nel centro sinistra, sono di volta in volta bizzarre, demagogiche, fuori dalla realtà.
Noi saremmo, ad esempio, degli inguaribili spendaccioni in sanità. Gente che non sa che cosa siano efficienza e risparmio. Serve, nel ricettario Vietti-Morgando, più sanità privata per ottenerli. A parte il palese conflitto d’interesse dell’on.Vietti, che dentro la sanità privata piemontese ha più di un piede, mi viene da chiedere a Morgando dove sia stato in questi anni. Certo non ha frequentato le aule del Consiglio Regionale, perché se lo avesse fatto, a proposito di efficienza e risparmio, avrebbe visto come esponenti del suo partito sono stati zelanti nel sostenere l’implementazione di strutture costate milioni di euro, volute dal centro destra fuori da ogni programmazione, come l’Hopital du Piemont e la Clinica della Memoria. Oppure avrebbe visto altri esponenti del suo partito e dell’attuale maggioranza strapparsi le vesti per l’aumento dei costi in sanità nelle sedi pubbliche e fare la fila per chiedere all’Assessore competente di aumentare questo o quel servizio, di non tagliare questa o quella superfetazione solo perché c’era un consenso da tenere in piedi.
In secondo luogo Morgando fa finta di non sapere (almeno me lo auguro) che i sistemi in cui la sanità privata è pilastro maggiore o importante fanno crescere la spesa e non certo diminuire. Produrre sanità non è come produrre scatole di fagioli. Eppure il privato che produce sanità ha comunque un obbligo: aumentare i volumi di prestazioni per tenere alti i profitti. Se questo si scontra con l’appropriatezza delle prestazioni chi se ne importa, tanto paga pantalone (la Regione)!
Cinque anni fa si chiedeva a gran voce di finirla con l’assenza di regole nel privato in sanità voluta da Ghigo e soci. Ora le regole ci sono e si è messo un tetto alla spesa. Consiglio ai molti elettori del PD, che in questi anni mi hanno cercato per “tirarmi la giacchetta” su questo tema e per dire che occorreva fare molto di più, di prepararsi a una stagione di riflusso totale e di ritorno al passato.
Il fatto infine che sanità privata porti corruzione è sotto gli occhi di tutti. Consiglio a Morgando di studiarsi, a titolo d’esempio, il caso della clinica S. Rita di Milano.
La discontinuità programmatica chiesta da Vietti e sostenuta in modo sgangherato da Morgando è un chiaro segnale, al di là dello specifico, di come lo spettacolo dell’eutanasia della politica stia, con modalità agghiaccianti, andando in scena sul teatro piemontese.
Conta qualcosa il fatto che più sondaggi (commissionati anche da Bresso), nonché studi persino governativi collochino la sanità Piemontese tra le migliori d’Italia e con un tasso alto di percezione tra le persone del cambiamento avvenuto, degli sforzi fatti nella direzione della salute come bene pubblico? La risposta che viene dal PD è chiara: no, non conta nulla. Persino una parola lisa e stiracchiata da tutte le parti come riformismo (quante volte viene usata a sproposito!) avrebbe potuto trovare un ubi consistam se una politica con tendenze meno suicide avesse deciso, foss’anche per ragioni elettoralistiche, di guardare in faccia al lavoro fatto per cinque anni insieme. Già, perché ora non siamo alla cancellazione della sinistra, dei comunisti, di questo o di quel consigliere, siamo all’evaporazione di un progetto e di una pratica politica venuti dopo dieci anni di governo incontrastato delle destre in Piemonte.
Tutto questo, ed è per me il cruccio maggiore, sta accadendo senza alcun riverbero sui terminali sociali. Come Federazione della Sinistra dobbiamo porci il tema di una rinnovata tensione alla costruzione di una politica più sociale e di una società più politica. Il recente testo appello di Eleonora Artesio a difesa dell’universalità e dell’equità della sanità pubblica ha raccolto centinaia di adesioni, moltissime trasversali alle collocazioni partitiche del centrosinistra. Questo dice che non tutti sono disponibili a mandare il proprio cervello all’ammasso e che, molto probabilmente, esiste un potenziale sociale in grado di mettersi in gioco nonostante tutto, se coinvolto con serietà e con argomentazioni credibili.
Nelle prossime ore conosceremo la fine di questa vicenda. Quello che so è che la Federazione della Sinistra ha ben chiaro il profilo razzista e xenofobo del candidato presidente leghista Roberto Cota. L’opposizione a questo candidato e alla sua coalizione è assicurata. Sapremo farlo nel modo migliore. Certo vorremmo dare un’occasione al valore della coalizione uscente, al lavoro svolto. Vorremmo contribuire con le nostre proposte a un suo rilancio, ma come si è visto questa è una strada assai impervia, o forse un vicolo ormai cieco. Io credo giusto, però, continuare nella discussione pubblica a riportare incessantemente l’attenzione ai contenuti, ai contenuti nostri, che tra l’altro affondano radici profonde negli ultimi cinque anni di centro sinistra piemontese. Quello è il nostro profilo. Noi siamo e saremo, ovunque collocati, i difensori della salute bene comune e della sanità pubblica, gli oppositori netti al nucleare e i fautori dello sviluppo delle energie alternative, i sostenitori di regole per gli imprenditori che godono del danaro pubblico e di un reddito minimo sperimentale garantito, i propositori di nuovi investimenti sul trasporto ferroviario pendolare.
Se qualcuno pensa che queste non siano ubbie comuniste, ma ragioni fondate, realistiche, riformatrici dia una mano non a noi, ma a queste ragioni. Lo faccia come crede, nelle modalità che desidera. Tra qualche giorno potremo tutte e tutti trovarci davanti a un nuovo film in cui veder rovesciata la rappresentanza in rappresentazione. Stare a guardare un viale del tramonto non è mai una cosa troppo allegra.

Lettera ai giornali di Alberto Deambrogio, Consigliere Regionale PRC-SE

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