Le intenzioni erano diverse, evidentemente si voleva rispondere al grande impatto della manifestazione del 16 ottobre. Fatto sta che l'intervista dell'amministratore delegato della Fiat nella trasmissione di Fabio Fazio di domenica si è rivelata un boomerang. Sergio Marchionne, di fronte a un interlocutore sorridente e compiacente, si è sentito evidentemente autorizzato a dare il peggio di sè. Ne è uscita una sequela abbastanza sconclusionata di invettive e lamentele, che è servita unicamente a non fornire un solo dato, una sola notizia sui reali programmi della Fiat in Italia.
Conosciamo questo modello comunicativo, è quello di Silvio Berlusconi. Da un lato c'è il "fare" e dall'altro c'è il "sabotare". Sindacalisti, giudici, intellettuali non compiacenti sono i sabotatori, coloro che impediscono che sia apprezzato il fare di chi comanda. Sergio Marchionne ha parlato allo stesso modo. La Fiat non guadagna nulla in Italia, ma solo all'estero.
Naturalmente ha dimenticato di dire che fuori dal nostro paese la Fiat ha impianti solo ove i salari sono assai più bassi e i finanziamenti pubblici proporzionalmente più alti. Ha dimenticato di dire che in quell'Europa occidentale, ove ci sono quei salari più alti che lui ha promesso agli operai italiani, non c'è alcun stabilimento della Fiat.
Marchionne ha annunciato il taglio di dieci minuti delle pause per i lavoratori di Melfi e Pomigliano, presentandolo come piccola cosa, un piccolo sacrificio peraltro retribuito. Ha così dimenticato di dire che questo taglio corrisponde alla riduzione del 25% delle pause. Ci provi a ridurre del 25% i profitti dei suoi azionisti e vedrà dove lo cacciano. Marchionne ha lamentato l'anarchia degli stabilimenti ove però la Fiom ha solo il 12,5% degli iscritti, senza spiegare perchè l'azienda non riesca a governare l'87,5% del proprio personale. Marchionne ha annunciato che l'Italia sarebbe al 118° posto su 139 per efficienza del lavoro. Senza spiegare, d'altra parte nessuno gliel'ha chiesto, da dove venga questa classifica, su quali basi sia costruita, quali siano i fattori che la compongono.
Marchionne ha smentito ogni intenzione di entrare in politica, con la solita ipocrisia degli amministratori delegati che danno giudizi politici, fanno operazioni politiche, e però sostengono che questo è solo mercato.
Marchionne ha lamentato che tre operai a Melfi hanno fermato 1.200 lavoratori, dimenticando che questa sua affermazione è stata condannata come antisindacale da un tribunale che ha disposto il reintegro di quei lavoratori. Sentenza che la Fiat non ha ancora rispettato. Marchionne, come Berlusconi, più fallisce più diventa prepotente, meno è in grado di spiegare più offende. E, come Berlusconi, vede la propria arroganza smontata dal semplice commento di un comico, in questo caso Luciana Littizzetto che alla fine della trasmissione si è più o meno chiesta: "Ma se è così bravo, com'è che chiude Termini Imerese?".
Marchionne ha passato un quarto d'ora in televisione senza spiegare nulla, ma non certo per riservatezza o rispetto delle relazioni sindacali, perchè questo è esattamente quello che fa anche al tavolo delle trattative. In Marchionne, come in Berlusconi, è sempre più difficile distinguere l'immagine dalla realtà, la propaganda dai fatti. E poi, esattamente come fa il Presidente del Consiglio, Marchionne si è lamentato di una campagna mediatica avversa. Qui c'è un'assoluta irriconoscenza verso un mondo culturale e politico che invece ha sempre supportato le sue imprese. Al punto di non chiedere neppure conto di fatterelli come la distribuzione di lauti dividendi agli azionisti e poderosi aumenti al top management, mentre agli operai veniva cancellato il premio di risultato. In realtà con il regime informativo che c'è oggi in Italia, se raccoglie cattiva pubblicità Marchionne deve prendersela unicamente con se stesso.
Alla fine bisogna ringraziare questa trasmissione. Dopo di essa le ragioni della Fiom sono ancora più chiare e valide agli occhi di tutti.
Naturalmente ha dimenticato di dire che fuori dal nostro paese la Fiat ha impianti solo ove i salari sono assai più bassi e i finanziamenti pubblici proporzionalmente più alti. Ha dimenticato di dire che in quell'Europa occidentale, ove ci sono quei salari più alti che lui ha promesso agli operai italiani, non c'è alcun stabilimento della Fiat.
Marchionne ha annunciato il taglio di dieci minuti delle pause per i lavoratori di Melfi e Pomigliano, presentandolo come piccola cosa, un piccolo sacrificio peraltro retribuito. Ha così dimenticato di dire che questo taglio corrisponde alla riduzione del 25% delle pause. Ci provi a ridurre del 25% i profitti dei suoi azionisti e vedrà dove lo cacciano. Marchionne ha lamentato l'anarchia degli stabilimenti ove però la Fiom ha solo il 12,5% degli iscritti, senza spiegare perchè l'azienda non riesca a governare l'87,5% del proprio personale. Marchionne ha annunciato che l'Italia sarebbe al 118° posto su 139 per efficienza del lavoro. Senza spiegare, d'altra parte nessuno gliel'ha chiesto, da dove venga questa classifica, su quali basi sia costruita, quali siano i fattori che la compongono.
Marchionne ha smentito ogni intenzione di entrare in politica, con la solita ipocrisia degli amministratori delegati che danno giudizi politici, fanno operazioni politiche, e però sostengono che questo è solo mercato.
Marchionne ha lamentato che tre operai a Melfi hanno fermato 1.200 lavoratori, dimenticando che questa sua affermazione è stata condannata come antisindacale da un tribunale che ha disposto il reintegro di quei lavoratori. Sentenza che la Fiat non ha ancora rispettato. Marchionne, come Berlusconi, più fallisce più diventa prepotente, meno è in grado di spiegare più offende. E, come Berlusconi, vede la propria arroganza smontata dal semplice commento di un comico, in questo caso Luciana Littizzetto che alla fine della trasmissione si è più o meno chiesta: "Ma se è così bravo, com'è che chiude Termini Imerese?".
Marchionne ha passato un quarto d'ora in televisione senza spiegare nulla, ma non certo per riservatezza o rispetto delle relazioni sindacali, perchè questo è esattamente quello che fa anche al tavolo delle trattative. In Marchionne, come in Berlusconi, è sempre più difficile distinguere l'immagine dalla realtà, la propaganda dai fatti. E poi, esattamente come fa il Presidente del Consiglio, Marchionne si è lamentato di una campagna mediatica avversa. Qui c'è un'assoluta irriconoscenza verso un mondo culturale e politico che invece ha sempre supportato le sue imprese. Al punto di non chiedere neppure conto di fatterelli come la distribuzione di lauti dividendi agli azionisti e poderosi aumenti al top management, mentre agli operai veniva cancellato il premio di risultato. In realtà con il regime informativo che c'è oggi in Italia, se raccoglie cattiva pubblicità Marchionne deve prendersela unicamente con se stesso.
Alla fine bisogna ringraziare questa trasmissione. Dopo di essa le ragioni della Fiom sono ancora più chiare e valide agli occhi di tutti.
Giorgio Cremaschi
Tratto da Liberazione del 26/10/2010