In uno dei recenti Consigli comunali ad Alessandria è successo qualcosa di strano ed inquietante, che vi vorrei brevemente raccontare. Le circostanze impongono la massima precisione. Giovedì 20 maggio si parla di bilancio. La discussione è animata, il clima teso. Ci sono molti punti controversi, e i tre revisori dei conti (i quali - ricordiamolo - sono stati eletti da tutti i consiglieri) sono chiamati ad esprimere un parere sui documenti presentati dalla giunta. Dall'opposizione abbiamo avanzato diverse perplessità, non solo per i contenuti 'politici' della manovra, ma anche per alcune cifre in senso stretto che ci sono sembrate poco chiare.
Non tutti i consiglieri hanno competenze tecniche adeguate. Io per primo, con la mia formazione filosofica e la mia inclinazione a studiare (e a insegnare) la politica nella sua dimensione più specificamente teorica, fatico molto a dovermi confrontare con i numeri. Ma qualcosa sono ormai in grado di capire, e decido di conseguenza che è tempo di esprimere con forza le suddette perplessità, in primo luogo di ordine politico - solo dismissioni e nessuna strategia di valorizzazione (ma questo è un giudizio di valore, e come tale certamente discutibile) -, e in secondo luogo chiedendo ragione di alcune operazioni contabili di dubbia legittimità. Non sono il solo a pensarla così. Molti consiglieri della minoranza hanno le stesse posizioni, e forse anche qualcuno della maggioranza, che però preferisce non esporsi... Ora, la miglior conferma (sinceramente inaspettata) dei nostri dubbi arriva proprio dai Revisori. Uno fra loro esprime addirittura parere negativo, e gli altri due un parere positivo ma con riserva, ossia condizionato a modifiche sostanziali rilevanti.
Un fatto evidentemente nuovo. La politica si scatena. L'assessore, il ragioniere capo e infine il sindaco difendono con animosità il proprio operato - invero, però, eludendo i rilievi più puntuali. Si criticano apertamente i Revisori e lo sterile "disfattismo" della minoranza. Infine, a tarda notte, si vota. Bilancio approvato. Dieci i voti contrari (le opposizioni unite), astensione dell'Udc - ma chissà dove si colloca il partito di Casini? In Provincia presiede un Consiglio di centrosinistra, in Comune si astiene su un bilancio - molto contestato - presentato dal centrodestra...
A questo punto il Sindaco si alza e pronuncia un discorso vibrante contro quei "saltimbanchi" che si permettono di esprimere valutazioni politiche, senza avere il titolo per farlo. Chiaro, almeno così appare a tutte/i i presenti, il riferimento ai revisori. Molto criticato dal primo cittadino anche il taglio strettamente tecnico che ha assunto la discussione sul bilancio. Cosa importano i numeri, quando in ballo c'è l'interesse della comunità tutta? E chi sono questi revisori per mettere in discussione l'azione dei membri della giunta, che ci "mettono la faccia" e hanno soprattutto l'investitura dei cittadini? Tali, se ben interpreto, i ragionamenti proposti da Fabbio, che ascolto con crescente sgomento.
Non so quanti dei presenti abbiano colto il senso del discorso pronunciato dal sindaco. Io chiedo subito la parola, rilevando anzitutto che quelle che Fabbio chiama "strutture burocratiche" in realtà sono organi di garanzia, e che i revisori dei conti non sono i servitori degli assessori, ma garanti e tutori indipendenti dell'interesse collettivo. Il loro operato è utile alla politica per ponderare meglio le proprie scelte. E lo stesso ragionamento si applica a tutti quegli istituti di garanzia che sono alla base del funzionamento di ogni democrazia rappresentativa compiuta.
Oggi invece sta passando un'altra concezione della democrazia. Riduttiva, molto riduttiva. La maggioranza vince e detta (o interpreta) le regole a suo uso e consumo. Punto. Questo non è un regime democratico, che invece - come dovrebbe sapere già uno studente al primo anno di Scienze politiche - si fonda anzitutto sul rispetto delle minoranze e sulla condivisione delle regole fondamentali. Altrimenti salta tutto. Si rompe l'argine contro possibili derive plebiscitarie e contro un Potere sempre più autoreferenziale.
In Italia, purtroppo, ne sappiamo qualcosa. Si esigono governi forti; si ottengono solo Parlamenti deboli, asserviti, impotenti. Tentazioni cesaristiche si diffondono dal centro alle periferie. Il potere dà sempre alla testa. Si inneggia - almeno per un po’ - all'uomo forte, legittimato per giunta dall'investitura diretta del popolo! Ecco allora che ci possiamo trovare sindaci compositori, poeti o cantanti (sic!); sindaci sportivi che si interessano e discettano di calcio, che amano e organizzano tornei tennisti ed esibizioni equestri; sindaci che adorano la piazza, i balli, le feste, e via dicendo... Pazienza se nel frattempo i conti in rosso impongono drastici tagli e vendite di beni comuni acquisiti in decenni di battaglie per dare più spazio al pubblico. Lo stesso concetto di "bene comune" oggi non è più di immediata comprensione, bensì sfumato, ambiguo, e sicuramente di minor fascino rispetto alla mostra dei fiori (o dei gatti, o dei fuoristrada, o di chissà cos'altro ancora) nel monumento simbolo della nostra città.
Non so se esista un antidoto efficace a questa deriva. Io insisto sulla partecipazione diretta dei cittadini alla gestione della cosa pubblica. Ho letto con estremo favore la proposta rilanciata in una lettera di Delmo Maestri e Alfio Brina di sostituire le costose e spesso inutili "circoscrizioni" con i vecchi Consigli di quartiere (è stato del resto il primo emendamento al programma di mandato dell'attuale giunta che proposi in Consiglio comunale tre anni fa); Consigli basati sulla partecipazione volontaria, senza gettone e senza logiche di partito precostituite. Un modo, piccolo, per iniziare forse a invertire la rotta. Raccogliamo le idee e portiamole avanti. Altrimenti nulla ci salverà da chansonnier improvvisati e gare equestri nelle piazze cittadine.
Giorgio Barberis, Consigliere comunale PRC-SE
Non tutti i consiglieri hanno competenze tecniche adeguate. Io per primo, con la mia formazione filosofica e la mia inclinazione a studiare (e a insegnare) la politica nella sua dimensione più specificamente teorica, fatico molto a dovermi confrontare con i numeri. Ma qualcosa sono ormai in grado di capire, e decido di conseguenza che è tempo di esprimere con forza le suddette perplessità, in primo luogo di ordine politico - solo dismissioni e nessuna strategia di valorizzazione (ma questo è un giudizio di valore, e come tale certamente discutibile) -, e in secondo luogo chiedendo ragione di alcune operazioni contabili di dubbia legittimità. Non sono il solo a pensarla così. Molti consiglieri della minoranza hanno le stesse posizioni, e forse anche qualcuno della maggioranza, che però preferisce non esporsi... Ora, la miglior conferma (sinceramente inaspettata) dei nostri dubbi arriva proprio dai Revisori. Uno fra loro esprime addirittura parere negativo, e gli altri due un parere positivo ma con riserva, ossia condizionato a modifiche sostanziali rilevanti.
Un fatto evidentemente nuovo. La politica si scatena. L'assessore, il ragioniere capo e infine il sindaco difendono con animosità il proprio operato - invero, però, eludendo i rilievi più puntuali. Si criticano apertamente i Revisori e lo sterile "disfattismo" della minoranza. Infine, a tarda notte, si vota. Bilancio approvato. Dieci i voti contrari (le opposizioni unite), astensione dell'Udc - ma chissà dove si colloca il partito di Casini? In Provincia presiede un Consiglio di centrosinistra, in Comune si astiene su un bilancio - molto contestato - presentato dal centrodestra...
A questo punto il Sindaco si alza e pronuncia un discorso vibrante contro quei "saltimbanchi" che si permettono di esprimere valutazioni politiche, senza avere il titolo per farlo. Chiaro, almeno così appare a tutte/i i presenti, il riferimento ai revisori. Molto criticato dal primo cittadino anche il taglio strettamente tecnico che ha assunto la discussione sul bilancio. Cosa importano i numeri, quando in ballo c'è l'interesse della comunità tutta? E chi sono questi revisori per mettere in discussione l'azione dei membri della giunta, che ci "mettono la faccia" e hanno soprattutto l'investitura dei cittadini? Tali, se ben interpreto, i ragionamenti proposti da Fabbio, che ascolto con crescente sgomento.
Non so quanti dei presenti abbiano colto il senso del discorso pronunciato dal sindaco. Io chiedo subito la parola, rilevando anzitutto che quelle che Fabbio chiama "strutture burocratiche" in realtà sono organi di garanzia, e che i revisori dei conti non sono i servitori degli assessori, ma garanti e tutori indipendenti dell'interesse collettivo. Il loro operato è utile alla politica per ponderare meglio le proprie scelte. E lo stesso ragionamento si applica a tutti quegli istituti di garanzia che sono alla base del funzionamento di ogni democrazia rappresentativa compiuta.
Oggi invece sta passando un'altra concezione della democrazia. Riduttiva, molto riduttiva. La maggioranza vince e detta (o interpreta) le regole a suo uso e consumo. Punto. Questo non è un regime democratico, che invece - come dovrebbe sapere già uno studente al primo anno di Scienze politiche - si fonda anzitutto sul rispetto delle minoranze e sulla condivisione delle regole fondamentali. Altrimenti salta tutto. Si rompe l'argine contro possibili derive plebiscitarie e contro un Potere sempre più autoreferenziale.
In Italia, purtroppo, ne sappiamo qualcosa. Si esigono governi forti; si ottengono solo Parlamenti deboli, asserviti, impotenti. Tentazioni cesaristiche si diffondono dal centro alle periferie. Il potere dà sempre alla testa. Si inneggia - almeno per un po’ - all'uomo forte, legittimato per giunta dall'investitura diretta del popolo! Ecco allora che ci possiamo trovare sindaci compositori, poeti o cantanti (sic!); sindaci sportivi che si interessano e discettano di calcio, che amano e organizzano tornei tennisti ed esibizioni equestri; sindaci che adorano la piazza, i balli, le feste, e via dicendo... Pazienza se nel frattempo i conti in rosso impongono drastici tagli e vendite di beni comuni acquisiti in decenni di battaglie per dare più spazio al pubblico. Lo stesso concetto di "bene comune" oggi non è più di immediata comprensione, bensì sfumato, ambiguo, e sicuramente di minor fascino rispetto alla mostra dei fiori (o dei gatti, o dei fuoristrada, o di chissà cos'altro ancora) nel monumento simbolo della nostra città.
Non so se esista un antidoto efficace a questa deriva. Io insisto sulla partecipazione diretta dei cittadini alla gestione della cosa pubblica. Ho letto con estremo favore la proposta rilanciata in una lettera di Delmo Maestri e Alfio Brina di sostituire le costose e spesso inutili "circoscrizioni" con i vecchi Consigli di quartiere (è stato del resto il primo emendamento al programma di mandato dell'attuale giunta che proposi in Consiglio comunale tre anni fa); Consigli basati sulla partecipazione volontaria, senza gettone e senza logiche di partito precostituite. Un modo, piccolo, per iniziare forse a invertire la rotta. Raccogliamo le idee e portiamole avanti. Altrimenti nulla ci salverà da chansonnier improvvisati e gare equestri nelle piazze cittadine.
Giorgio Barberis, Consigliere comunale PRC-SE
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